Lo dicono i suoi massimi vertici Confindustria vuole il sindacato collaborativo, la contrattazione subordinata alla produttività e la fine del conflitto tra capitale e lavoro Per Bonanni (Cisl) e Angeletti (Uil) va bene. E per Epifani (Cgil)? Chiuso il contratto dei metalmeccanici i vertici di Federmeccanica e di Confindustria si sono lanciati in un'offensiva mediatica tendente ad affermare la loro visione padronale sui problemi sindacali sul tappeto, pensando alle trattative in corso per la "riforma" del modello contrattuale e della "politica de redditi", in sostituzione dell'accordo del 23 luglio '93 ormai logoro e superato. Ecco alcune perle del presidente di Federmeccanica, Massimo Calearo, estratte da una intervista rilasciata al Sole 24-Ore: "Bisogna eliminare l'opposizione (...) tra capitale e lavoro, cogliendo insieme la sfida di rendere il Paese più moderno. Tutti: sindacati, imprese e governo. È fondamentale - ha aggiunto - ciò che ha detto il governatore della Banca d'Italia: è necessario un aumento della produttività, è la via maestra per aumentare il potere d'acquisto dei lavoratori". Con riferimento alla questione salariale e al modello contrattuale, il leader dei padroni meccanici è stato molto chiaro: "il contratto nazionale deve essere solo una salvaguardia minima. Va modificata la cadenza, rendendola triennale, mentre è a livello aziendale che si può realizzare in modo efficace uno scambio tra salario e produttività". Per portare avanti una politica sindacale di tipo cogestionario ci vuole un sindacato collaborativo. "Il sindacato non deve più essere considerato come antagonista - infatti precisa Calearo - ma come partecipe di un progetto di sviluppo delle imprese". Le piccole imprese devono superare l'avversione verso il sindacato dovuto "certamente all'atteggiamento prevalentemente conflittuale tenuto finora dalle confederazioni. Il cambiamento culturale - è la sua conclusione - deve andare di pari passo in tutti e due i protagonisti". Non dissimile e forse ancora più dura e pesante la dichiarazione di Emma Mercegaglia, da tutti indicata come il prossimo presidente della Confindustria, quando lascerà Montezemolo, nel corso di un seminario svoltosi a Bologna il 21 gennaio scorso. "In un paese civile - dice salendo in cattedra - non si può arrivare a blocchi stradali che penalizzano le imprese e gli altri cittadini. In secondo luogo non possiamo andare avanti on assetti contrattuali che risalgono a 35 anni fa. Noi spingiamo fortemente perché ci sia un legame molto stretto tra contratti e produttività, quindi bisogna fare un salto verso un assetto contrattuale aziendale. Il contratto nazionale deve rimanere come un paracadute ma i veri aumenti sono quelli che bisogna dare a livello aziendale". Su questi stessi temi si era già espresso con veemenza, appena siglata l'ipotesi contrattuale dei metalmeccanici, Cordero di Montezemolo, ancora capo della Confindustria, nonché presidente della Fiat e della Ferrari. Aveva criticato "l'atteggiamento ostinato e conservatore del sindacato", definito il contratto nazionale uno strumento "arcaico" e inveito contro le "degenerazioni delle forme di conflitto e di convivenza civile come i ripetuti blocchi stradali". Più nello specifico aveva affermato che "non si può più ragionare con un rigido contratto nazionale che non tiene conto delle diversità geografiche in cui operano le imprese, non si può continuare a essere prigionieri di rituali". La Cisl, il sindacato già in mano alla DC che da sempre sostiene la cogestione ha immediatamente risposto. "Sono d'accordo con Montezemolo - ha affermato il segretario generale Bonanni - Il modello di contrattazione è arcaico. Il contratto nazionale è stato troppo sopravvalutato", esso "deve servire esclusivamente a coprire i buchi determinati dall'inflazione. Questo e solo questo, non può essere usato per altri scopi perché altrimenti snerva". Analoghe le parole della Uil, il sindacato di origine socialdemocratica. "Concordo con Montezemolo - ha detto il segretario generale Angeletti - che il sistema contrattuale è arcaico ma lui ha molte responsabilità ... nel non aver operato a sufficienza per cambiarlo". E la Cgil, un tempo legata al PCI revisionista e al PSI, oggi scesa sul terreno del riformismo liberale borghese? A dispetto delle posizioni assunte nell'ultimo congresso nazionale, Epifani, segretario generale, ha spostato a destra la Cgil, avvicinandosi molto a Cisl e Uil. Come dimostra l'adesione data al Protocollo del 23 luglio 2007 di Prodi su previdenza, "mercato del lavoro" e competitività. Quello del "siamo tutti nella stessa barca" è un film vecchio, già visto e rivisto; anche nel ventennio mussoliniano con le corporazioni. Checché ne dicano, gli interessi tra i capitalisti sfruttatori e gli operai sfruttati sono diametralmente opposti. Ciò che va bene per i primi non può andare bene ai secondi. Il sindacato cogestionario neocorporativo, l'indebolimento del contratto nazionale, la contrattazione legata all'aumento della produttività e il salario subordinato al profitto va bene ai primi ma non ai secondi i quali, hanno tutto l'interesse ad opporvisi con forza. Per gli operai è fondamentale la lotta di classe e il suo sviluppo, senza la quale non può sperare di ottenere nessuna conquista. 30 gennaio 2008 |