XIV Congresso nazionale Arcigay dal titolo: "Diritti oltre la crisi"
(Il saluto del CC del PMLI al Congresso) Lgbt divisi sui rapporti con i partiti parlamentari e sulla partecipazione alle elezioni Il presidente uscente Patanè sottolinea: l'uguaglianza passa per il riconoscimento dei diritti Lgbt e non per le elezioni. Il nuovo presidente Romani mette l'accento sulla pressione sui partiti affinché prendano in considerazione le rivendicazioni di Lgbt Accolto da un'ovazione il saluto di Picerni a nome del Cc del PMLI Dal nostro inviato "Diritti oltre la crisi": questa la parola d'ordine che ha animato il XIV Congresso nazionale di Arcigay, Associazione gay e lesbica italiana, svoltosi a Ferrara dal 23 al 25 novembre. Un congresso che si è tenuto in una fase assai difficile della vita di Arcigay, dopo mesi di scontri interni, arrivati ad estremi come il mancato pagamento delle quote da parte di associazioni affiliate e la polemica fra la dirigenza nazionale e istanze locali (fra cui lo storico circolo bolognese Cassero), culminati con la presentazione di due candidature alla presidenza nazionale: il presidente uscente Paolo Patanè sostenuto dalla mozione "Liberiamo l'uguaglianza" e il presidente provinciale ferrarese Flavio Romani con la mozione "Uguaglianza e libertà". Dopo un minuto di silenzio in memoria del giovanissimo gay romano suicidatosi a seguito di discriminazioni omofobiche e transfobiche, seguito dalla lettura di un passo del libro Gli occhiali d'oro di Giorgio Bassani avente per protagonista un omosessuale, Romani ha aperto i lavori assicurando che "Arcigay non si fermerà finché donne e uomini non potranno accedere al matrimonio civile". Hanno poi portato il loro saluto la presidente della provincia Marcella Zappaterra e il vicesindaco di Ferrara Massimo Maisto (PD) ed è stata data lettura dei messaggi di Napolitano, Schifani, Cancellieri e Fornero, questi ultimi fischiati e contestati. Ha fatto seguito la relazione di Patanè, il quale a più riprese ha denunciato il disimpegno pressoché totale delle istituzioni e dei partiti borghesi sui temi lgbt. I messaggi di Napolitano e compagnia, ha detto, "ci ricordano quello che sappiamo già" e andrebbero perciò indirizzati alle Camere affinché facciano quello che non hanno ancora fatto, sempre pronte ad obbedire alle gerarchie vaticane. La crisi economica, ha aggiunto, non può essere un pretesto per mettere in soffitta la questione dei diritti civili, ma anche precisato che "il sistema che ci ha trascinato nella crisi non è quello che ce ne può fare uscire". Una posizione importante, riflesso dell'anticapitalismo sempre più radicato fra le masse. Uno dei punti salienti della relazione è sicuramente quello che riguarda la futura strategia di Arcigay, che riflette un'importante contraddizione interna sui rapporti con i partiti parlamentari e la partecipazione alle elezioni. Patanè ha messo in guardia dall'elezione di rappresentanti istituzionali lgbt che può essere distruttiva se si trasforma in uno specchietto a favore dei partiti parlamentari. Non le elezioni, ha detto, ma il riconoscimento dei diritti lgbt può portare all'uguaglianza sul piano dei diritti civili. Con le elezioni alle porte occorre puntare non tanto sul dialogo con i partiti (che "ha sepolto speranze") ma sul "conflitto civile". I saluti degli invitati Alla relazione hanno fatto seguito i saluti delle associazioni e dei partiti presenti, fra i quali Paolo Beni (presidente dell'ARCI), Paola Brandolini (presidente Arcilesbica), Aurelio Mancuso (ex presidente Arcigay e attuale presidente di Equality Italia) e Gigliola Toniollo (responsabile nuovi diritti della CGIL). Fra questi figurava anche il PMLI, invitato ufficialmente a presenziare ai lavori congressuali (un fatto storico per il nostro Partito) e rappresentato dai compagni Denis Branzanti, membro del CC e dell'Ufficio politico del PMLI e Responsabile del Partito per l'Emilia-Romagna, e Federico Picerni, Responsabile per il lavoro giovanile del CC del PMLI. Picerni ha presentato un saluto a nome del CC del PMLI (che pubblichiamo a parte), salutato da una vera e propria ovazione. I congressisti non hanno risparmiato contestazioni per l'intervento di Ettore Martinelli (responsabile nazionale diritti del PD, presente) e il messaggio di Bersani, spudoratamente elettoralistici nel loro tentativo di spacciarsi come paladini senza macchia e senza paura dei diritti civili, quando invece col governo Prodi sono stati complici dell'affossamento delle unioni civili e di fatto. Contestati anche i messaggi di Casini e Fini. Va denunciato che il coordinatore nazionale dei Giovani comunisti Simone Oggionni, nel suo intervento, ha detto che "noi comunisti abbiamo pensato la società come un Moloch sul quale sacrificare la bellezza delle diversità". Sarebbe meglio che parlasse per la storia neorevisionista e trotzkista da cui viene il suo PRC, anziché dare credito alle falsità anticomuniste sull'"omofobia" dei marxisti-leninisti. Ha anche detto, solidarizzando con Gaza, che "Israele ha diritto di esistere". I lavori e le decisioni Le giornate successive sono state dedicate al lavoro delle commissioni ed al dibattito. Il 24 il Congresso ha salutato gli studenti che "stanno portando in piazza il dissenso nei confronti dei tagli alla scuola e il disagio delle giovani generazioni per l'incertezza di diritto e di diritti". Si è poi deciso di modificare la dicitura di Arcigay in "Associazione LGBT italiana" e, particolarmente importante, di inserire l'antifascismo nello statuto come valore fondante dell'associazione. È stata anche ampliata la separazione fra circoli politici e ricreativi. La battaglia, come hanno assicurato gli stessi candidati, verteva non tanto sui principi quanto sull'organizzazione interna. Leggendo le mozioni e la relazione di Patanè, salta all'occhio però un contrasto circa l'atteggiamento da tenere nei confronti dei partiti e delle elezioni. La mozione Patanè avanzava infatti il concetto del "doppio passo": "fine del collateralismo con i partiti", da una parte, e "recuperare e rilanciare il rapporto con le piazze e alcune dinamiche conflittuali". Nella mozione Romani si legge invece: "dialogo con tutti i soggetti, al fine di rafforzare la presenza delle nostre tematiche in un'ottica trasversale al di là degli schieramenti politici, anche sollecitando la presenza e l'elezione di candidati LGBT, o almeno di candidati chiaramente in sintonia con le istanze del movimento LGBT, come impegno verso la comunità e le sue richieste". Tuttavia non ci risulta che questa contraddizione sia stata presa in considerazione dai media che hanno parlato del congresso né da siti lgbt, ma è echeggiata nel dibattito congressuale e precongressuale. E che però, nonostante la sua grande importanza è stata oscurata dalla battaglia per ridefinire la struttura interna e conquistare la dirigenza. Con 140 voti contro 21, ha vinto la mozione Romani. Il nuovo presidente all'insediamento ha garantito che "in questo momento in Arcigay non ci sono né vincitori né vinti: c'è una grande associazione che lotterà unita". Circa le prossime iniziative, ha sottolineato: "Tra i primi obiettivi, con l'approssimarsi delle elezioni, la sollecitazione diretta dei candidati perché le nostre rivendicazioni, prime fra tutte l'estensione della legge Mancino ai reati di omofobia e transfobia e una legge per il matrimonio civile tra persone dello stesso sesso, entrino nell'agenda politica della nuova classe dirigente senza giri di parole o ambiguità. Ne abbiamo già subite abbastanza". Una vittoria apparentemente schiacciante, quella di Romani, che viene però contestata da Patanè, il quale puntualizza: "oltre 100 delegati della mia mozione non hanno partecipato al voto disconoscendo il valore politico di un congresso che è stato falsificato (...) Dunque il rapporto di forze è stato più o meno 140 a 120". E aggiunge: "Il ricatto economico da parte di molti circoli affiliati è entrato nelle dinamiche politiche dell'associazione, alterando gravemente la partecipazione democratica con l'impoverimento dell'associazione, ed impedendo ad almeno l'80% dei delegati del Sud, ad esempio, di partecipare al congresso". L'ex presidente punta anche il dito contro "il ruolo improprio e ingerente di molti esponenti di partito LGBT". Infatti, all'apertura dei lavori, numerosi comitati provinciali dell'associazione avevano accusato il Congresso di essere "fortemente condizionato e falsato" principalmente per via dell'assenza di molti delegati che non hanno ricevuto l'appoggio economico per poter presenziare alla tre giorni, con un'alterazione dei "principi di controllo democratico, di tutela del dibattito e della minoranza, di partecipazione democratica e, dunque, di rappresentanza". Questi comitati non nascondevano nemmeno perplessità per la scelta di Ferrara, città di uno dei due candidati, come sede del Congresso. 28 novembre 2012 |