Al primo vertice sull'energia I paesi del Cono sud dell'America si accordano per competere con gli Usa e la Ue Dietro l'unanimità restano i forti contrasti tra Chavez e Lula sul nodo petrolio-gas contro biocombustibile-etanolo Il 16 e 17 aprile si è svolto nell'isola di Margarita, in Venezuela, il primo vertice sull'energia dei paesi del Cono sud dell'America al quale hanno partecipato dieci dei dodici capi di Stato dei paesi sudamericani. Assenti solo quelli di Perù e Uruguay; il socialdemocratico peruviano Alan Garcia per gli strascichi non ancora ricomposti dello scontro col venezuelano Chavez che alle presidenziali dello scorso anno aveva appoggiato un altro candidato e il collega di "sinistra" uruguaiano Tabaré Vazquez sotto accusa per gli accordi commerciali in discussione con gli Usa. Il primo atto del vertice è stato l'ufficializzazione dell'Unasur (Union de las Naciones del Sur), un'organizzazione che avrà una segreteria permanente a Quito, in Ecuador, e che lavorerà per l'integrazione politica delle nazioni del continente, in sostituzione di organismi considerati superati come la Can (Comunità delle nazioni andine) e ad integrazione di organizzazioni per la cooperazione economica come il Mercosur che già unisce il continente tra paesi membri (Brasile Argentina, Venezuela, Uruguay e Paraguay) e associati (Cile, Ecuador, Perù, Colombia e Bolivia). Il primo risultato dell'Unasur è l'integrazione tra i dodici paesi nel settore energetico (petrolio, gas e biocarburanti) decisa nel vertice di Margarita per lanciare il continente nella competizione con Usa e Ue. I rappresentanti al vertice dei paesi sudamericani hanno firmato il 17 aprile un Trattato energetico che li impegna a lavorare sulla gestione delle riserve delle varie fonti energetiche; tra gli altri progetti il vertice ha affrontato la realizzazione del "gasducto del sur", il grande gasdotto che dovrebbe attraversare e servire tutti i dodici paesi e allacciarsi al gasdotto atlantico che arriva fino a Cuba. Un mega progetto dal costo di 20 miliardi di dollari. Il vertice era stato preceduto da una serie di eventi che segnano la volontà di integrazione tra i paesi del Cono sud dell'America. Il 15 aprile il Brasile aveva annunciato l'intenzione di aderire alla costituzione del Banco del Sur, l'istituto bancario continentale promosso due mesi fa dai presidenti venezuelano Chavez e argentino Kirchner, cui hanno già aderito Bolivia e Ecuador, quale mossa verso l'indipendenza economica sudamericana dalla Banca mondiale e dal Fondo monetario internazionale, gli organismi finanziari imperialisti controllati dagli Usa. Dalle cui grinfie riescono a sottrarsi i paesi sudamericani. Proprio alla vigilia del vertice di Margarita il ministro delle Finanze venezuelano, Rodrigo Cabezas, annunciava che il suo paese aveva saldato tutti i debiti con Banca mondiale e Fondo e aveva "recuperato interamente la sua sovranità". La notizia era sottolineata anche dal presidente Chavez che si rallegrava di aver potuto aiutare anche "il fratello stato d'Argentina così che adesso anche loro non devono dare più un centesimo al Fmi e alla Banca Mondiale". Stessa dichiarazione dal presidente ecuadoregno Correa che annunciava come il suo paese avesse saldato i suoi debiti col Fondo e si apprestava a cacciare da Quito il rappresentante della Banca mondiale accusato di esercitare ricatti a beneficio delle compagnie petrolifere straniere. Le premesse del vertice di Margarita stavano nelle conclusioni del trentaduesimo vertice del Mercosur che si era svolto il 18 gennaio scorso a Rio de Janeiro. Il vertice aveva deciso la creazione del Focem (Fondo para la convergencia estructural del Mercosur), uno strumento finanziario destinato a sostenere progetti e programmi di interesse comune tra i paesi membri mentre Brasile, Argentina e Venezuela firmavano un accordo per la costruzione della prima metà del gasdotto continentale. Dal vertice Mercosur si trascinavano anche contraddizioni tra i vari paesi. Il vertice aveva infatti all'ordine del giorno la discussione sulle "asimmetrie", ossia sugli svantaggi negli scambi fra i paesi aderenti denunciate dai membri con peso economico inferiore quali Uruguay e Paraguay che lamentavano la mancata apertura ai loro prodotti dei mercati di Argentina e Brasile. Fra Uruguay e Argentina è in corso anche un contenzioso per la costruzione, permessa dal governo di Montevideo alle multinazionali della carta, di due grandi cartiere inquinanti sulle sponde del rio Uruguay, che segna la frontiera naturale fra i due paesi. Il brasiliano Lula si poneva come mediatore nella vertenza, per ricucire l'unità fra i paesi sudamericani, confermando che il Brasile intende muoversi come potenza regionale di riferimento anche verso gli altri paesi della regione; come una potenza che rivendica il posto nel Consiglio di sicurezza dell'Onu per conto del Sudamerica, che contende il ruolo di leader e "tiene a bada" anche il Venezuela di Chavez. Non a caso al vertice di Margarita dietro l'unanimità di facciata si sono celati forti contrasti tra Chavez e Lula in merito al nodo petrolio-gas contro biocombustibili-etanolo. Sullo sfondo della competizione fra i due paesi per la leadership del continente. Il tema dello sviluppo dei biocombustibili contro i tradizionali derivati dal petrolio ha avuto largo spazio nel continente sudamericano dopo l'accordo di San Paolo tra Lula e Bush sulla cooperazione tra i due maggiori produttori mondiali di etanolo del marzo scorso. Il Brasile ha già sostituito il 40 per cento della benzina tradizionale con il derivato della canna da zucchero ed è il secondo produttore mondiale dietro gli Usa che ricavano il carburante verde dal grano. La tecnologia meno costosa per ricavare etanolo è però quella usata in Brasile che lavora la canna da zucchero mentre la trasformazione del grano addirittura costa più energia di quanta ne aiuta a risparmiare. Gli Usa hanno definito forti dazi doganali per proteggersi dalle importazioni dell'etanolo brasiliano, dazi che sono stati mantenuti anche dopo l'accordo di San Paolo nonostante le pressioni di Lula, che intanto ha però incassato l'intesa per la cooperazione con gli Usa che ratifica il ruolo di "superpotenza" nel biocombustibile del Brasile. Al vertice di Margarita Chavez ha detto di non avere niente "contro i biocombustibili, anzi stiamo importando etanolo dal Brasile e vogliamo iniziare a produrlo" per arrivare fra 5 anni ad essere autosufficiente. A partire dalla canna da zucchero poiché, ha sottolineato, "è terribile togliere il grano dalla bocca della gente per darlo in pasto alle automobili". Lula ha risposto che l'espansione delle terre coltivate per produrre etanolo crea lavoro e non farà esplodere i prezzi delle materie prime. Gli ha indirettamente risposto con una recente intervista dom Tomás Balduino, vescovo-emerito di Goías e in passato sostenitore di Lula, che ha denunciato come "la riforma agraria oggi è scomparsa perfino dai discorsi del governo. Le stime dicono che nel 2006 siano state insediate non più di 40 mila famiglie. Nel 2007, con gli stessi irrisori finanziamenti del 2006, non ci si può aspettare nessun progresso significativo. È la pratica sfacciata dell'anti-riforma agraria. E gli agro-combustibili? Qui, al contrario, il denaro corre a fiumi. Ora con l'alleanza del grande capitale internazionale, specialmente quello Usa, in vista dell'agro-business dell'eneregia cosiddetta 'pulita', si vuole aprire nel paese un impianto per l'alcol al mese fino al 2010. È grande quindi la corsa alla terra da parte di imprese nazionali e straniere. Che resta allora della riforma agraria? Della sovranità territoriale e della sovranità alimentare? Si fa un gran parlare di nuovi posti di lavoro. C'è una corsa sfrenata verso le piantagioni di canna. Molte scuole del Nord-est si sono chiuse perché gli studenti sono emigrati per diventare tagliatori di canna. In conclusione: né lavoro, né terra, né riforma agraria. Resta solo l'anti-riforma agraria". A simbolo di uno Stato "impegnato soprattuto a favore dell'impresa capitalista" sotto la guida del presidente Lula. 24 aprile 2007 |