40 consiglieri lombardi PDL e Lega usavano i soldi pubblici anche per il caffè Tra gli indagati per peculato Nicole Minetti e il figlio di Bossi, Renzo Dal nostro corrispondente della Lombardia Quando il 10 ottobre scorso il procuratore aggiunto di Milano Alfredo Robledo ha spedito la Finanza in Regione ad acquisire i rendiconti 2008-2010 relativi ai rimborsi garantiti ai gruppi consiliari del PdL e della Lega Nord, probabilmente non pensava di scoprire così tante anomalie. Nel mirino sono finiti quasi tutti i consiglieri della maggioranza della giunta uscente guidata dal dittatore ciellino Roberto Formigoni, un totale di 40 indagati per peculato. Per loro l'accusa è di aver pescato a man bassa milioni di euro di denaro pubblico - elargito per "le spese di funzionamento, aggiornamento, studio e documentazione, nonché per azioni di informazione e comunicazione" (legge 34 del 27 ottobre 1972) - per l'acquisto di beni e servizi a scopo strettamente personale a fronte dei vari benefit e dei 9mila euro mensili che già vergognosamente garantisce loro legalmente lo Stato-Regione borghese. A dare il via al nuovo scandalo sono state le verifiche partite, quasi per caso, sul fascioleghista Davide Boni (ex presidente del Consiglio regionale, travolto da un'indagine per corruzione) e sull'ex assessore del PdL, Franco Nicoli Cristiani, arrestato un anno fa con in casa una mazzetta da 100 mila euro. Nelle inchieste che li hanno coinvolti, decifrando alcune intercettazioni ambientali, Robledo e i suoi sostituti Paolo Filippini e Antonio D'Alessio hanno trovato tracce di cene che sarebbero state giustificate dagli assessori come impegni istituzionali, ma che di "politico" avevano bel niente. Così è partito il mandato assegnato al Nucleo regionale di polizia tributaria di verificare il libro mastro delle spese e il tipo di giustificazioni presentate poi realmente. All'ufficio di presidenza regionale sono state fotocopiate tutte le uscite e i relativi scontrini che PdL e Lega Nord hanno presentato con allegata l'autocertificazione in un biennio. Oltre ai capigruppo Paolo Valentini del PdL e Stefano Galli della Lega Nord, spunta tra gli indagati anche la PdL Nicole Minetti, già imputata nel processo sul "caso Ruby", con scontrini per 27mila euro. Fra le altre cose, l'ex igienista dentale e maitresse del "Bunga bunga" del neoduce Berlusconi ha ottenuto il rimborso di "Mignottocrazia", il libro dell'ex camerata di partito Paolo Guzzanti che include un capitolo dedicato a lei. Ma c'è dell'altro. Nella lista, oltre ad un cellulare iPhone5 da 899 euro, compare anche un tablet iPad. Forse lo usava in Consiglio regionale? Niente affatto, perché il Pirellone aveva già regalato a ciascun consigliere il tablet da centinaia di euro. Poi ci sono ristoranti alla moda, 400 euro per una cena al ristorante "Da Giannino" e consumazioni per 832 euro al "Principe di Savoia". Numerosi scontrini per cene in ristoranti giapponesi, 27 euro per acquistare "barattoli di sabbia in vetro giallo". Complessivamente, le spese della consigliera ammontano a oltre 6 mila euro per il 2010, 15 mila euro per il 2011 e oltre 6 mila euro per il 2012. Quindi la bellezza di oltre 27 mila euro in tre anni. Tra gli indagati finisce anche il "Trota", al secolo Renzo Bossi, il figlio prediletto del caporione fascioleghista Umberto. Secondo il legale del "Trota" Alessandro Diddi: "Tutte le spese di Renzo Bossi sono documentalmente riferibili all'attività politica e non ve ne è alcuna che possa essere ricondotta ad esigenze personali". Dagli scontrini rimborsati risultano infatti, 22mila euro spesi in sigarette, bevande alcoliche e bibite energizzanti, salviette rinfrescanti, e poi un frigorifero da 159 euro, 120 euro per "5 menù" in ristorante di lusso, 22,90 euro spesi in pasticceria, 1.740 euro spesi in videogames, e tanta altra roba tra cui un localizzatore di autovelox e due spazzolini con su scritto il suo nome. Poi c'è il fascioleghista Cesare Bossetti, che nel 2011 ha scialacquato denaro pubblico per quasi 15mila euro per comprare dolci in pasticceria oltre che per fare colazioni con brioche e caffè. Ad Angelo Giammario (PdL), già indagato per corruzione, viene contestato invece di aver usato per fini personali oltre 27mila euro, anche per noleggi auto e taxi, mentre il fascioleghista Pierluigi Toscanidella ha comprato, tra le altre cose, lecca lecca e gratta e vinci, gelati, lemonsoda, pizzette, cannoli, ciambelle, torta sbrisolona, zucchero semolato, farina, salsicce, cracker e biscotti, frutta e ortaggi, e anche, per la somma di 127 euro, ostriche. Oltre a mangiare a sbafo delle tartassate masse popolari lombarde, il consigliere della Lega ladrona non mancava di scroccare persino le munizioni per il suo fucile da caccia comprate presso l'azienda "padana" Muninord per 752 euro. Il magna-magna della Lega Nord continua col consigliere Alessandro Marelli e le sue onerose spese in ristoranti chic come "Da Berti" e "A Riccione" oltre che birra, grappe e panini al bar e carne in macelleria, ed anche un ovetto Kinder sorpresa; e poi sei computer e moltissimi articoli di elettronica, tra cui stampanti, iPad e web-cam, giocattoli come un Pinocchio di legno, una clessidra e due libri per bambini. E a dispetto delle più becere campagne condotte dalla Lega Nord contro "terroni" e "cinesi" ci sono rimborsi per l'acquisto di fuochi d'artificio da un rivenditore cinese e per cene (ancora!) in pizzerie napoletane. Anche se al momento i gruppi consiliari del "centro-sinistra" non sono ancora finiti sotto la lente della procura di Milano, gli inquirenti hanno già mandato i finanzieri ad acquisire la "lista della spesa" rimborsata anche a PD, SEL e UDC con i soldi pubblici. Questo scandalo è l'ennesima dimostrazione di quanto siano marce le istituzioni borghesi dell'imperante regime neofascista e federalista, un sistema che già di per se corrompe legalmente i politicanti borghesi con stipendi e pensioni d'oro aggiunti a privilegi vari, una corruzione economica e morale che ha come scopo il consolidare il distacco tra "eletti" ed "elettori" spingendo ancor di più i primi ad identificare i propri interessi con quelli della classe dominante borghese regionale e nazionale a scapito delle masse lavoratrici e popolari che sborsano più soldi in tasse dirette ed indirette per vederseli riversare nelle tasche di questa pletora di parassiti di "rappresentanti del popolo". Un sistema che garantisce inoltre ulteriori escamotage per chi non si accontenta dei 9mila euro mensili + benefit vari che vuole ulteriormente arricchirsi estorcendo ancora denaro pubblico ai bisogni delle masse lombarde bisognose degli ormai quasi completamente negati servizi pubblici e sociali. Anche per questo alle ormai prossime elezioni regionali occorre delegittimare queste marce istituzioni borghesi federate negando il voto a tutti partiti borghesi della destra e della "sinistra" del regime neofascista e federalista per darlo al PMLI e al socialismo disertando le urne, annullando la scheda o lasciandola in bianco! 16 gennaio 2013 |