Reggio Emilia Contestate le bugie di Pansa sulla Resistenza Napolitano solidarizza col calunniatore dei partigiani Aveva scelto Reggio Emilia, il calunniatore dei partigiani Giampaolo Pansa, per iniziare il tour promozionale del suo nuovo libercolo dedicato alla demolizione del "mito resistenziale", intitolato "La grande bugia - le sinistre italiane e il sangue dei vinti". Reggio Emilia in quanto - aveva detto provocatoriamente - "città di misteri, terra del triangolo della morte": epicentro cioè degli "eccidi" di fascisti che secondo il suo precedente pamphlet, "Il sangue dei vinti", i "partigiani rossi" avrebbero compiuto a decine di migliaia in tutta Italia all'indomani della Liberazione. Ma è in questa città, medaglia d'oro della Resistenza e teatro delle lotte di piazza del luglio 1960 contro il governo Tambroni, costate la vita a cinque giovani antifascisti uccisi dalla polizia di Scelba, che Pansa ha subìto anche una sonora contestazione da parte di alcuni giovani; contestazione che ci auguriamo si ripeta, in forma di massa e non di piccolo gruppo, in altre città dove questo rinnegato andrà a spargere le sue falsità e calunnie, e che ridesti l'allarme di tutti i sinceri democratici e antifascisti contro l'ormai dilagante revisionismo storico che mira a riabilitare il fascismo e criminalizzare la Resistenza. Il nuovo libercolo anticomunista di Pansa, infatti, si inserisce appieno in questa nera corrente revisionista, e col pretesto di polemizzare con le critiche ricevute dal "Sangue dei vinti", anche da parte di storici e studiosi autorevoli, prende a bersaglio questa volta la Resistenza nella sua interezza, attaccandola come "un mito" privo di fondamento reale ("La grande bugia", appunto), negando il contributo decisivo della guerra partigiana alla Liberazione - che per lui sarebbe avvenuta essenzialmente ad opera delle truppe alleate, mentre i partigiani si sarebbero dedicati più che altro ad atti di banditismo - e negando perfino la veridicità dell'insurrezione del 25 Aprile 1945 nelle città del Nord; e molte altre falsità e calunnie del genere. Non per nulla ad ascoltare ed applaudire le sporche bugie di Pansa, introdotto dal giornalista del "Corriere della Sera" Aldo Cazzullo, la sera del 16 ottobre all'hotel Astoria di Reggio Emilia, c'era un pubblico formato soprattutto da elementi di destra, nostalgici e fascisti dichiarati: oltre, stando alla stampa borghese, a qualche sedicente ex "partigiano" (ma anche il rinnegato Otello Montanari, che diede il via alla campagna calunniatoria sul "triangolo della morte", se è per questo, lo era), che avrebbe "solidarizzato" con Pansa contro i suoi contestatori. Sta di fatto che agli slogan antifascisti e al canto di "Bella ciao" lanciati dai contestatori, gran parte della platea ha risposto con saluti romani, inni al duce e cori fascisti, segno evidente che ormai è questo e solo questo il genere di pubblico in sintonia con il pensiero e l'opera di Pansa. Solidarietà della destra e della "sinistra" borghese a Pansa La contestazione era scoppiata all'improvviso, subito dopo l'introduzione di Cazzullo e appena il protagonista della serata aveva cominciato a parlare. Una quindicina di giovani antifascisti dei centri sociali romani, si sono alzati in piedi appena uno di loro ha iniziato a contestare vivacemente Pansa, e inneggiando ai partigiani e alla Resistenza hanno srotolato, davanti al palco degli oratori, uno striscione rosso con la scritta: "Triangolo rosso? Nessun rimorso", firmato "Antifascismo militant". A questo è seguita, come già detto, la rabbiosa reazione della platea nettamente orientata a destra, tra cui alcuni fascisti di AN che hanno tentato invano di strappare lo striscione ai contestatori e cacciarli a forza dalla sala, lanciando anche inni e slogan fascisti. Alla fine la contestazione è stata fatta cessare grazie all'intervento di poliziotti e carabinieri, che hanno identificato (e si presume denunciato) tutti i partecipanti, poi ripartiti per Roma. Nonostante che la contestazione del gruppo di giovani romani si fosse svolta in modo sostanzialmente dimostrativo e mantenuta sul piano verbale, Pansa ha cercato subito e in maniera subdola di dipingerla come un atto di "squadrismo rosso", ad opera di "skinheads rossi", dei "grotteschi nipotini di Stalin, dei tragici eredi degli squadroni della morte" e così via, insinuando anche un parallelo con le sedicenti "Brigate rosse". E su questo egli è stato pienamente assecondato da tutta la stampa di regime, da quella fiancheggiatrice del "centro-sinistra", come il "Corriere della Sera" e "la Repubblica", che gli hanno espresso solidarietà con articoli rispettivamente di Cazzullo e del sessantottino pentito Michele Serra, a quella facente capo alla Casa del fascio, come il "Giornale" della famiglia del neoduce Berlusconi, che ormai è diventato il principale sponsor di Pansa, e che ha dedicato intere pagine alla vicenda, con titoli volutamente drammatici e interviste al suddetto. Immediata è stata anche la solidarietà che gli è arrivata dai leader politici del regime neofascista, tanto della destra come della "sinistra" borghesi. Primo fra tutti Giorgio Napolitano, che con una nota ufficiale in veste di presidente della Repubblica ha espresso a Giampaolo Pansa la sua "profonda deplorazione per gli atti di violenza di cui è stato oggetto ieri a Reggio Emilia, in occasione della presentazione del suo ultimo libro". Evidentemente, dopo la recente abiura sui fatti d'Ungheria, per l'"ex comunista" del Quirinale l'occasione era troppo ghiotta per lasciarsela scappare: l'occasione cioè di dare un'altra dimostrazione pubblica di anticomunismo alla classe dominante borghese che ha premiato il suo servilismo al capitalismo e all'imperialismo con la carica più alta dello Stato. Tra le attestazioni di solidarietà al provocatore Pansa, versante Casa del fascio, spiccano quelle del democristiano e leader dell'UDC, Casini, del portavoce di Berlusconi, Bonaiuti, del forzafascisti Garagnani (quello che voleva mandare al rogo i libri di scuola "marxisti"), e della vicepresidente della Camera, la fascista di AN Giorgia Meloni, organizzatrice del faccia a faccia Bertinotti-Fini alla festa di Azione giovani. Sul versante "sinistra" borghese spiccano le dichiarazioni del democristiano della Margherita, Lusetti, che ha definito "atti vandalici" la contestazione puramente verbale a Pansa, dell'immancabile Veltroni, del rinnegato diessino Violante, uno dei primi a sdoganare i fascisti di Salò, e del trotzkista storico Vittorio Foa, che ha dichiarato anche di aver imparato da Pansa "tante cose che non sapevo e che ora so". E se la solidarietà della "sinistra" borghese a Pansa non è stata ancor più vasta e pompata è solo per opportunismo politico, per non rischiare di destare l'antifascismo della base. E difatti, invocando "più coraggio" da parte dei rinnegati DS, Pansa si è così lagnato: "Molti di loro fanno grande revisionismo politico, ma poi faticano a fare i conti con la loro identità. In privato magari ti dicono 'siamo d'accordo con te'! Ma in pubblico, poi, hanno paura di essere bacchettati". Pansa e la campagna revisionistica contro la Resistenza Ormai questo pennivendolo, come la sua anima gemella Oriana Fallaci per quanto riguarda il razzismo anti islamico, si è votato anima e corpo a questa sua opera revisionistica di demolizione e denigrazione della Resistenza e di riabilitazione dei fascisti repubblichini. Un'opera d'altronde economicamente assai redditizia, viste le centinaia di migliaia di copie vendute ai lettori di destra, fascisti, nostalgici, anticomunisti, leghisti, benpensanti in genere, e chi più ne ha più ne metta. Come ha scritto lo storico Angelo D'Orsi, con l'ultimo libro di Pansa "siamo oltre il revisionismo: siamo in pieno 'rovescismo'. Che può essere definito la fase suprema del revisionismo stesso". E quello dei "partigiani assassini" - aggiunge lo studioso - "è il cavallo di battaglia di Pansa, la sua gallina dalle uova d'oro. Senza alcun rispetto per i più elementari principi del lavoro storiografico, egli sta ormai perseguendo da anni un sistematico rovesciamento di giudizio sul '43-45". Giudizio, quello di D'Orsi, molto simile a quello di Giorgio Bocca, ex partigiano, che in passato è stato collega di Pansa a "L'Espresso": "L'unica discussione seria - ha osservato - sarebbe chiedersi come mai questo Paese abbia un tale rigurgito di filo-fascismo. Per il resto non c'è niente da discutere. Non c'è stata una Vandea e non c'è stata nessuna Grande Bugia". E in effetti quello di Pansa non è un caso isolato, ma è parte integrante di un'infame campagna politica revisionistica che imperversa ormai da anni per cancellare quella che il neofascista Marcello Pera, presentando il "Sangue dei vinti" a Palazzo Madama, insieme all'autore e ad altri rinnegati come Paolo Mieli, Mario Pirani e l'ex direttore dell'"Unità" Giuseppe Caldarola, ebbe a definire perfidamente la "vulgata tolemaica resistenziale". Il fatto che a farlo sia un giornalista, un intellettuale con un passato "di sinistra", e che ancora ha la faccia tosta di definirsi tale, aggiunge credibilità alle sue accuse gratuite, farneticanti e del tutto prefabbricate sul cosiddetto "bagno di sangue" a cui i partigiani comunisti si sarebbero dati dopo la Liberazione. Accuse fino a ieri sostenute solo dai fascisti stessi e dalla retorica anticomunista della destra democristiana, liberale, socialdemocratica, ecc., ma che oggi sono state fatte completamente proprie dai rinnegati come Pansa. Ma più in generale è tutta la "sinistra" borghese che, a partire dalle "rivelazioni" sul cosiddetto "triangolo della morte" del traditore Montanari, ispirate dal rinnegato Occhetto per accelerare la liquidazione del PCI revisionista e la svolta verso il capitalismo e il liberalismo, ha preso in questi anni l'iniziativa di riscrivere da destra la storia della Resistenza, criminalizzando i partigiani e assolvendo i fascisti repubblichini: come è stato fatto per esempio - anche da parte del cacasotto trotzkista Bertinotti - sposando l'infame montatura della destra neofascista sulle "foibe". 25 ottobre 2006 |