Niente salvataggi, i manager in galera I contribuenti Usa in rivolta contro il tentativo di far pagare loro la crisi Il 3 ottobre la Camera Usa ha approvato a larga maggioranza il piano del ministro del Tesoro Henry Paulson, lo stanziamento di 700 miliardi di dollari per acquistare i titoli-spazzatura dalle banche, più altri 150 miliardi destinati a sgravi fiscali decennali, per un totale di 850 milioni di dollari pari al 5% del Pil americano. Il progetto era stato bocciato dalla Camera il 29 settembre e solo una sua riscrittura e le pressioni di Bush e dei candidati a succedergli Obama e McCain ha permesso che venisse approvato al Senato l'1 di ottobre e in seconda lettura alla Camera. Bush ha sottolineato che il piano "fornisce gli strumenti necessari per affrontare i problemi che sono alla base del nostro sistema finanziario". L'efficacia del piano si è invece dimostrata quasi nulla nel fermare il tracollo delle Borse del 6 ottobre, un piano che scarica sui contribuenti americani l'onere del salvataggio delle società in crisi. Le settimane durante la quale il progetto di legge è passato da Camera a Senato è stata costellata da una miriade di manifestazioni di protesta in tutti gli angoli del paese al grido di "No al bailout", no al piano, "niente salvataggi, manager in galera". Il piano è un regalo ai pescecani di Wall Street e non interviene per permettere ai proprietari di case di pagare le rate dei loro mutui o rinegoziare il debito e non affronta nemmeno il problema del rinvio dei pignoramenti denunciavano i dimostranti. La protesta era partita a Denver in Colorado, promossa da varie organizzazioni e dalle unioni sindacali con lo slogan "Aiuti a Main Street non a Wall Street", aiuti ai proprietari di case in difficoltà non ai banchieri e operatori finanziari che si sono arricchiti con i titoli spazzatura. "Niente salvagente, per questi ci vuole la galera" era scritto su cartelli e striscioni dei manifestanti. Tra l'altro i dimostranti denunciavano che il ministro del Tesoro Paulson è stato dirigente della Goldman Sachs, come Mario Draghi attuale governatore della Banca d'Italia, fino a qualche giorno fa la regina delle banche di investimento Usa, la prima del mondo, ovvero una capofila della speculazione e che ha rischiato di essere trascinata nel gorgo dalla crisi della compagnia di assicurazione AIG, la compagnia ripresa per i capelli dall'intervento del governo americano. Manifestazioni si sono svolte a Washington, davanti la sede del ministero del Tesoro, e a New York, a Wall Street e a Times Square, di fronte al tabellone eletronico del Nasdaq. La rivolta contro il salvataggio pubblico degli istituti in crisi si è allargata a macchia d'olio con cortei e picchetti in tutte le grandi città da San Francisco a Austin da Portland a Newark e financo in molti piccoli centri. A Orlando in Florida la protesta si è fatta sentire fin dentro il palazzetto dello sport durante la partita di pallacanestro dei Magic. Ha avuto un peso nello spingere diversi parlamentari a bocciare il piano alla prima votazione della Camera. Una protesta giustificata dato che con la firma del provvedimento da parte di Bush l'amministrazione Usa ha scaricato sul bilancio statale e quindi su ogni americano un debito di 2.300 dollari. Al momento il valore delle aziende quotate nelle Borse americane è tornato al livello della fine 1999, e i 75 milioni di americani che hanno risparmi, investimenti o fondi pensione a Wall Street hanno perso in media il 30% dei loro soldi soltanto nei primi dieci mesi del 2008. Una perdita alla quale si deve aggiungere quella di circa il 20% del valore della propria casa. Secondo alcune stime il piano non avrà alcuna utilità per le famiglie strozzate dai mutui e nei prossimi mesi è probabile che circa il 40%, quasi 20 milioni di famiglie, si troverà a fare i conti con un mutuo spropositato rispetto al valore dell'immobile acquistato. E Paulson mentre chiama i contribuenti a pagare il costo della crisi finanziaria assume dalla sua ex banca d'affari alcuni "esperti" che dovranno spendere i 700 miliardi di dollari per comprare dagli istituti di credito i titoli-spazzatura. Con una manovra che favorirà i colossi bancari come Bank of America, Citigroup, JP Morgan Chase che sono alla caccia di banche decotte da acquistare mentre Citigroup e Wells Fargo sono in guerra giudiziaria per definire chi si prenderà le spoglie della banca Wachovia; più titoli-spazzatura riusciranno a rastrellare maggiore sarà il conto che presenteranno al fondo Paulson e maggiore la speculazione sui cadaveri della crisi finanziaria. 8 ottobre 2008 |