Contro il Nafta Una marea di campesinos manifestano a Città del Messico In poco più di un mese i contadini messicani hanno ripetutamente manifestato a Città del Messico contro il Nafta, il trattato economico che lega Messico, Usa e Canada. Il 31 gennaio una marea di campesinos è sfilata per le strade della capitale per protestare contro l'invasione dei prodotti agricoli americani, facilitata dalle regole del trattato di libero commercio, che strangolano l'agricoltura messicana, già in forte difficoltà. In centinaia di migliaia fra contadini e allevatori organizzati dalle associazioni di categoria sono arrivati a Città del Messico provenienti da tutto il paese e a loro si sono uniti in solidarietà molti abitanti della capitale. Un gruppo di dimostranti era partito dalla città di Chihuahua, alla frontiera con gli Stati Uniti, e aveva impiegato più di una settimana per arrivare nella capitale. Altri sfilavano con i trattori mentre un gruppo di allevatori di bestiame aveva portato una piccola mandria di vacche e offriva il latte appena munto ai manifestanti. I manifestanti hanno sfilato in corteo fino alla grande piazza centrale di Città del Messico, lo Zocalo, reclamando il diritto a sopravvivere, a coltivare la propria terra, a ottenere il giusto prezzo per i loro prodotti. Dall'1 gennaio è entrato in vigore il capitolo del Nafta che consente l'ingresso nel paese, senza restrizioni, di mais, fagioli, zucchero di canna e latte in polvere dagli Usa; questi prodotti inonderanno il mercato messicano soffocando la produzione nazionale. Eliminando le misure di protezione delle merci nazionali, il trattato di libero commercio favorisce l'invasione dei prodotti delle multinazionali agroalimentari americane che già godono del vantaggio delle produzioni su larga scala, dei sussidi del governo di Washington e della possibilità di poter imporre i loro prezzi. Tra l'altro proprio un anno fa le grandi compagnie del settore aumentarono i prezzi del mais e di conseguenza aumentò del 40% il prezzo della tortilla in seguito all'accresciuta domanda di mais per la produzione di bio-combustibile. Lo slogan principale della manifestazione era "Sin maíz no hay país", senza mais non c'è paese, perché questo cereale non è solo la base dell'alimentazione popolare ma anche la radice profonda della cultura meso-americana, simbolo identitario per eccellenza. Nella cosmogonia maya del Popol Vuh, l'uomo non è creato dall'argilla ma dal granturco, la graminacea scoperta a partire da una specie silvestre nel paese più di 7.000 anni fa. I portavoce del movimento di protesta che raduna più di 300 organizzazioni contadine hanno tra l'altro denunciato l'enorme differenza fra i sussidi concessi dal governo messicano, fino a un massimo di 50 dollari al mese, e i 2mila dollari mensili di cui beneficia in media un agricoltore statunitense. Altra denuncia degli organizzatori della protesta riguarda il fatto che il mais prodotto negli Stati Uniti è in buona parte transgenico e usato soprattutto come alimento animale mentre in Messico è venduto per fare le tortillas, la base dell'alimentazione popolare. Il Nafta è entrato in vigore l'1 gennaio del 1994 e ha già provocato i prevedibili disastri nella più debole economia agricola messicana. Molti contadini messicani sono andati in rovina e costretti sempre più spesso a diventare emigranti illegali negli Usa dove i salari minimi sono circa dieci volte superiori. Secondo stime ufficiali gli emigrati sono 600 mila all'anno, un vero e proprio esodo che ha portato tra l'altro all'abbandono delle terre coltivabili e alla minaccia dello smantellamento di un'agricoltura tradizionale per fare posto alle grandi monocolture imposte dalle multinazionali del settore. In Messico gran parte del mais è ancora prodotto da contadini che dispongono di meno di 5 ettari di terra e che usano metodi tradizionali e sementi proprie. Le grandi multinazionali, dalla Cargill alla Monsanto, insieme ai grandi produttori messicani premono per introdurre la coltivazione di mais ogm direttamente in Messico. Le organizzazioni contadine hanno più volte chiesto al governo messicano quantomeno di rivedere il trattato ma finora hanno trovato la porta chiusa. Compresa quella del governo del presidente Felipe Calderón, succube come i predecessori agli interessi del vicino Usa. Il ministro dell'Agricoltura, Alberto Cárdenas, l'1 febbraio si è rifiutato di ricevere una delegazione dei dimostranti e ha liquidato la questione affermando che "non ci conviene rinegoziare il trattato, è meglio non provarci". Le organizzazioni contadine nel giugno scorso avevano lanciato una campagna nazionale in difesa della sovranità alimentare e la riattivazione delle campagne con un appello che ha raccolto un milione di firme. Già lo scorso 31 dicembre un gran numero di manifestazioni contro il Nafta si era svolto in tutto il paese. A Ciudad Juarez centinaia di manifestanti avevano bloccato il ponte che porta a El Paso in Texas, impedendo la circolazione verso gli Usa e successivamente fermato tutti i camion in entrata in Messico per assicurarsi che non contenessero fagioli o mais. Il 2 gennaio una manifestazione a Città del Messico era sfilata sotto l'ambasciata Usa e le organizzazioni contadine avevano portato in parlamento un documento nel quale si denunciava che "durante i 14 anni di esistenza del Nafta sono cresciute in maniera allarmante in Messico la disoccupazione, l'emigrazione, la distruzione delle attività agricole, la concentrazione e l'accumulazione della ricchezza, la caduta del potere d'acquisto dei salari e la povertà estrema". Il governo messicano difende gli accordi sul libero commercio stipulati con gli Usa e i campesinos sono tornati di nuovo in piazza l'1 febbaraio per continuare la lotta contro il Nafta. 13 febbraio 2008 |