Conformemente al piano della P2 Il governo vara la controriforma della giustizia per limitare il potere dei magistrati e assoggettare i pubblici ministeri Carriere separate di giudici e PM, limiti all'obbligatorietà dell'azione penale, autonomia della polizia giudiziaria, responsabilità diretta dei magistrati, sdoppiato e depotenziato il CSM, istituzione di una corte disciplinare controllata per metà dal parlamento Per i magistrati è una controriforma devastante della costituzione. Il terzo polo disponibile a trattare. Il PD nicchia ma non chiude la porta Dopo averla illustrata a Napolitano, il quale ne ha ascoltato impassibile la lettura del testo che manomette, sopprime o sostituisce ben 11 articoli della Costituzione limitandosi solo a raccomandare che per la sua approvazione "si trovino larghe intese" in parlamento, il Guardasigilli Alfano ha portato la "riforma epocale" della giustizia voluta da Berlusconi in Consiglio dei ministri dove è stata velocemente approvata all'unanimità, per poi andarla subito a presentare alla stampa insieme al neoduce in persona. "Questo cambiamento, se fosse stato introdotto vent'anni fa - ha dichiarato trionfante il nuovo Mussolini nel sottolineare che questa 'riforma' era nel suo programma di governo fin dal 1994 - avrebbe evitato l'esondazione, l'invasione della magistratura nella politica e quelle situazioni che hanno portato nel corso della storia degli ultimi venti anni a cambiamenti di governo, a un annullamento della classe dirigente nel '92-93". In altre parole con questa "riforma epocale" non ci sarebbe stata "mani pulite", tangentopoli non sarebbe mai venuta alla luce e i ladroni di Stato, da Craxi in giù, sarebbero rimasti tutti al loro posto. E così sarà da ora in poi. Una promessa che per quanto sfacciata è tutt'altro che da sottovalutare come esagerata, dal momento che la sua controriforma della giustizia, come hanno subito denunciato con forza i magistrati, è assolutamente devastante per la Costituzione del 1948, che sovverte dalle fondamenta scardinando l'equilibrio tra i tre poteri fondamentali dello Stato borghese - legislativo, esecutivo e giudiziario, a grave detrimento di quest'ultimo che viene depotenziato e messo sotto il controllo degli altri due - e ponendo fine al principio cardine, sancito dall'articolo 3 della Carta, dell'uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge. Riscritto un intero Titolo della Costituzione Non può essere che questo, infatti, l'obiettivo di una revisione costituzionale che stravolge e riscrive l'intero Titolo IV della seconda parte della Costituzione, dall'articolo 101 fino all'articolo 113, per introdurre la separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri, la cancellazione dell'obbligatorietà dell'azione penale, che viene invece demandata alla discrezionalità del ministro della Giustizia e al parlamento, la sottrazione della polizia giudiziaria al controllo dei PM per affidarlo esclusivamente al ministro dell'Interno. Misure che mirano chiaramente a condizionare l'indipendenza e l'imparzialità dei Pubblici ministeri (PM) per assoggettarli direttamente alle dipendenze del governo, come avveniva durante il fascismo. A ciò si aggiungono le modifiche radicali all'organo di autogoverno dei magistrati, il Consiglio superiore della magistratura (CSM), presieduto dal capo dello Stato e attualmente formato per due terzi da magistrati eletti tra le loro file e un terzo da membri "laici" eletti dal parlamento, in cui il vicepresidente, eletto tra i membri togati, esercita di fatto la presidenza di questo parlamentino: con questa controriforma esso viene sdoppiato in un CSM per i giudici e uno per i PM, sempre presieduti dal capo dello Stato ma fortemente depotenziati in autorità e funzioni e in cui i magistrati sono ridotti alla metà dei membri, non più eletti ma sorteggiati, e per di più i cui vicepresidenti sono scelti tra i membri "laici", col che il potere politico assume la maggioranza di fatto nei due consigli. E come se questo controllo politico non fosse già abbastanza ferreo la funzione disciplinare viene sottratta ai CSM e demandata all'introduzione ex novo di una Corte di disciplina, con una sezione per i giudici e una per i PM, con la stessa composizione metà magistrati e metà parlamentari e le stesse modalità di elezione dei due CSM. Se a tutto ciò si aggiunge anche la responsabilità civile diretta dei magistrati, che espone i giudici al rischio di cause milionarie da parte di imputati ricchi e/o "eccellenti" in grado di far loro pagare cara e di tasca propria una sentenza ritenuta "ingiusta", il che avrà un inevitabile effetto intimidatorio preventivo su PM e giudici, nonché l'inappellabilità delle sentenze di assoluzione di primo grado (mentre restano sempre appellabili le condanne), non si fa fatica a capire come questa controriforma neofascista e mussoliniana realizzi pienamente l'obiettivo della totale sottomissione della magistratura al potere politico così come è stabilito nel "Piano di rinascita democratica" della P2. Non a caso, tra le "modifiche più urgenti" all'ordinamento giudiziario, il piano di Gelli poneva "la responsabilità civile (per colpa) dei magistrati e "la normativa per l'accesso in carriera (esami psicoattitudinali preliminari)". E tra i "provvedimenti istituzionali" a medio e lungo termine aggiungeva testualmente la "separazione delle carriere requirente e giudicante", la "responsabilità del Guardasigilli verso il parlamento sull'operato dei PM (modifica costituzionale)", la "riforma del Consiglio superiore della magistratura che deve essere responsabile verso il parlamento (modifica costituzionale)". E non per nulla il neoduce rivendica di aver sognato questa controriforma fino dalla sua discesa in politica. "Il mio piano di rinascita ha trionfato, non crede?", ebbe a dichiarare infatti Gelli a La Stampa del 15 dicembre 2008: "Berlusconi se n'è letteralmente abbeverato, la giustizia e le carriere separate dei giudici, le tv, i club rotariani in politica... già, proprio come Forza Italia...", aveva aggiunto compiaciuto il "venerabile" della P2. La sollevazione dei magistrati e l'opportunismo della "opposizione" Purtroppo gli intenti punitivi e sovversivi e la matrice neofascista e piduista di questa controriforma costituzionale sono apparsi chiari solo agli occhi dei magistrati, mentre non può dirsi altrettanto né per il nuovo Vittorio Emanuele III, Napolitano, né per i partiti dell'"opposizione" parlamentare, eccetto forse Di Pietro, che preferiscono nascondere la testa sotto la sabbia, spianando di fatto la strada all'attacco finale del nuovo Mussolini all'ordine giudiziario. Non si contano le dichiarazioni di unanime denuncia e protesta da parte di magistrati e PM tra i più autorevoli e i più esposti in prima linea, come Ingroia, Di Matteo, Caselli, Di Lello, Cascini, Borraccetti, Spataro, Maddalena, Gallo e tanti altri. Il presidente dell'Associazione nazionale magistrati (ANM), che riunisce tutte le sigle sindacali dei magistrati, Luca Palamara, ha bollato quella di Alfano come "una riforma punitiva, che mina l'autonomia e l'indipendenza della magistratura, che altera l'equilibrio tra i poteri dello Stato e riduce le garanzie per i cittadini", e ha annunciato che per contrastarla "nessuna forma di protesta può essere esclusa, neanche le più gravi". Infatti il 19 marzo il direttivo dell'associazione dovrà decidere se indire uno sciopero di protesta di tutta la categoria. Invece dal cosiddetto Terzo polo (UDC, FLI, API), arrivano cauti ma chiari segnali di disponibilità a trattare col governo: sia pure "con una giusta dose di diffidenza", come ha dichiarato il democristiano Casini, o perché "è senso di responsabilità definire le regole dello stare insieme non a colpi di maggioranza, ma cercando il confronto", come ha detto il fascista ripulito Fini. Quanto al vertice del PD esso appare spiazzato, confuso e diviso dall'offensiva del neoduce sulla giustizia. Si va dal no secco di Franceschini e Bindi ai tentennamenti di Bersani, Orlando e Finocchiaro, dai "vorremmo, ma non con Berlusconi" di D'Alema e "vorremmo ma non in questo clima" di Veltroni, ai "bisogna andare a vedere" di Giachetti, Morando, Violante, Chiaromonte e compagnia cantante. Bastone per i magistrati, carota per il PD Il neoduce conosce bene i suoi polli, e ha adottato una tattica sapiente che consiste nel riservarsi la più ampia libertà di sparare a zero contro i magistrati e tutti quelli che osano criticarlo, mentre al suo fedele gerarca Alfano ha affidato la parte della "colomba" con il compito di persuadere il Terzo polo e soprattutto il PD che sulla sua controriforma "epocale" c'è disponibilità a trattare, "purché non si stravolga l'impianto generale". Nel frattempo i pennivendoli al suo diretto servizio, come il rinnegato Ferrara sul Foglio, ma anche quelli sedicenti "indipendenti" come Battista del Corriere della Sera e perfino certi sedicenti di "centro sinistra" come quelli che scrivono sul Riformista, martellano ai fianchi il PD di editoriali e di appelli affinché "accetti il confronto sul merito della riforma", e non perdono occasione per ricordare ai suoi dirigenti rinnegati e liberali che in fondo avevano già aderito ad un progetto molto simile al tempo della Bicamerale golpista presieduta dal rinnegato D'Alema. "In linea di massima i titoli della riforma della giustizia sin qui annunciati non hanno alcunché di scandaloso", ha dichiarato infatti al Riformista l'ex "verde" Marco Boato, che fu l'allora relatore del progetto di controriforma della giustizia che non andò a buon fine solo perché Berlusconi decise di far fallire la Bicamerale: "E' diverso il punto di partenza, noi stavamo riformando l'intera seconda parte della Costituzione. In quel progetto cambiavano le funzioni di Camera e Senato, al quale era assegnata la competenza sugli organi di garanzia. Molti dei temi di questa riforma, però, sembrano ripresi proprio dal lavoro della Bicamerale". Un martellamento che sta dando i suoi frutti, a giudicare dai balbettii di Bersani, che non sa decidersi tra il liquidare la controriforma come "la solita bandiera populistica", un "diversivo" per sfuggire al confronto sui "problemi concreti", e l'offerta ad Alfano di cominciare lui per primo "a discutere dei progetti di legge che abbiamo presentato in parlamento per una giustizia per i cittadini". Comunque il PD, come ha dichiarato a l'Unità il suo responsabile Giustizia Orlando, sarebbe "pronto al confronto, a patto che si affronti la questione con legge ordinaria, non costituzionale". Un piano apparentemente temerario e invece ben congegnato Ma proprio qui sta la furbizia di Berlusconi e Alfano, che il PD non vede o finge di non vedere. Il disegno di legge infatti stabilisce solo la nuova cornice costituzionale, i nuovi principi neofascisti a cui ancorare la controriforma della giustizia. La sua articolazione e attuazione pratica è rimandata a tutta una serie di leggi ordinarie a cui le modifiche costituzionali fanno riferimento ma non sono state ancora rese note dal governo. Quindi è vero che le modifiche costituzionali richiederanno tempi lunghi, con almeno quattro letture parlamentari e probabilmente un referendum confermativo, ma intanto la vera partita si giocherà sulle leggi attuative che potranno essere approvate più rapidamente e a maggioranza semplice, e a questo riguardo l'offerta di Orlando è un vero autogol per il PD e un invito a nozze per il governo. Anche per quanto riguarda il referendum confermativo la "sinistra" borghese mostra di sottovalutare gravemente la furbizia del nuovo Mussolini, cullandosi nell'illusione, tutta da dimostrare, che esso verrebbe in ogni caso respinto dalla maggioranza dei votanti, grazie anche alla mancanza di quorum come accadde nel 2006 per quello sulla devolution. Ma il neoduce ha pensato anche a questo, e non a caso il suo pupillo Alfano ha dichiarato che l'obiettivo del governo è quello di farlo coincidere con le elezioni politiche. Non è detto che il piano riesca, ma se riuscisse verrebbe annullato il rischio del non raggiungimento del quorum e potrebbe sfruttare con buone probabilità di successo l'effetto di trascinamento delle elezioni politiche dominate ancora una volta dalla figura di Berlusconi. Insomma, che cosa ci vuole ancora per suonare la sveglia alla rimbambita "sinistra" parlamentare? Che altro deve fare il neoduce Berlusconi per essere additato come il nuovo Mussolini che ha rimesso la camicia nera all'Italia e affinché si prendano senza indugio le necessarie contromisure per abbatterlo? Cioè per chiamare tutti i democratici, gli antiberlusconiani e gli antifascisti ad un nuovo 25 Aprile scendendo in piazza per cacciarlo da Palazzo Chigi con la lotta di massa? Se si pensa che solo pochi mesi fa veniva dato per spacciato, abbandonato da tutti e sul punto di cadere, e adesso tutta l'"opposizione" parlamentare si arrovella per decidere se partecipare o no al tavolo della sua controriforma "epocale" della giustizia, una delle più radicali tra le modifiche neofasciste e piduiste che la costituzione borghese abbia subito dal 1948 ad oggi, c'è davvero di che trasecolare! 16 marzo 2011 |