Speculazione e parassitismo dominano la finanza imperialista La crisi dei mutui "Subprime" si abbatte sulla finanza e sulle Borse Ne pagano le conseguenze i piccoli e medi risparmiatori e i lavoratori che hanno aderito ai fondi pensione Lo spettro della crisi del 1929 è tornato di nuovo a materializzarsi con la crisi dei mutui "subprime" esplosa ad agosto negli Stati Uniti, che dura tutt'ora e minaccia di estendersi all'Europa e a tutta l'economia capitalista globalizzata. Come la grande paura del "lunedì nero" di Wall Street dell'ottobre 1987, che registrò un crollo del 20% in un solo giorno, come la crisi delle "tigri asiatiche" del 1997, seguita da una lunga recessione, e come lo scoppio della bolla speculativa della "new economy" nel 2000, a cui fece seguito la bancarotta finanziaria dell'Argentina, tanto per citare alcune delle crisi più vicine in cui è stato evocato il fantasma che periodicamente e inesorabilmente ritorna a popolare di incubi i sonni dei capitalisti di tutto il mondo. La nuova scossa tellurica ha avuto il suo epicentro negli USA, ma grazie all'interdipendenza della finanza globale si sta irraggiando progressivamente in tutte le direzioni ed è già sbarcata in Europa, in particolare nel Regno Unito, dove sono già scoppiate crisi di panico con scene di migliaia di persone agli sportelli bancari per ritirare i risparmi che ricordano gli anni della grande depressione degli anni '30 in America. La nuova crisi ha avuto incubazione nel mercato immobiliare americano e nello sgonfiamento repentino della bolla speculativa che si era creata in questi ultimi anni con la sua crescita selvaggia e incontrollata. Una crescita sostenuta da una politica di credito facile, praticata da società finanziarie che erogavano mutui fino al 100% del valore dell'immobile, in quel momento alto, e praticamente senza garanzie. Gli USA, la più grande potenza imperialista mondiale, vivono ormai sopra una voragine spaventosa di debiti, sia a livello statale nei confronti del resto del mondo (Asia in particolare), sia a livello delle famiglie, che vivono ormai da anni al di sopra di quanto producono e si indebitano sempre di più per mantenere i loro elevati livelli di consumo: un circolo vizioso incoraggiato dall'alto perché l'economia capitalistica americana si basa e si sostiene sugli alti consumi, oltre che sull'industria bellica. Al credito facile gli americani attingevano non soltanto per comprare o cambiare casa, ma anche per finanziare altri consumi, come la macchina, le vacanze, il college per i figli ecc., dando in pegno la proprie abitazioni approfittando della crescita del loro valore sul mercato immobiliare gonfiato. Si calcola che la metà dei mutui erogati negli ultimi 2-3 anni sia stata concessa senza reale copertura. Questi mutui senza adeguate garanzie, denominati "subprime", hanno avuto una crescita esponenziale, tanto che da 138 miliardi di dollari che erano nel 2000 sono arrivati a 640 nel 2006, con una punta di 665 nel 2005. Lo sgonfiamento della bolla immobiliare con il crollo dei prezzi degli immobili e il contemporaneo aumento dei tassi variabili sui mutui hanno messo in ginocchio centinaia di migliaia di famiglie diventate da un giorno all'altro insolventi. Ciò ha innescato un circolo vizioso dalle conseguenze disastrose, perché la grande quantità di case pignorate messe all'asta o entrate invendibili a gonfiare i portafogli delle finanziarie ha depresso ulteriormente i valori degli immobili con ripercussioni negative anche sui consumi, e così via. Come è stato diffuso il contagio Ma questo è solo il prologo del dramma che è andato in scena questa estate. Se tutto si fosse limitato a questo la crisi, per quanto seria, sarebbe rimasta circoscritta agli USA, forse con ripercussioni indirette sull'economia mondiale per effetto di una possibile frenata della crescita americana. Ma non è così. Il peggio è che nel frattempo i mutui "subprime" sono stati immessi e triturati nella grande macchina speculativa finanziaria, che li ha miscelati con altri crediti e "impacchettati" in cosiddetti "titoli salsiccia", per poi venderli in tutto il mercato. Col risultato di diffonderli tra banche, assicurazioni, fondi pensione di tutto il mondo. Il tutto con la complicità delle grandi agenzie internazionali di rating (certificazioni di affidabilità), come Moody's e Standard & Poor's, che non lesinavano addirittura la tripla A per garantire la sicurezza e l'alta redditività di questi titoli, inducendo anche grandi operatori finanziari a metterli in portafoglio e a consigliarli ai risparmiatori. Mentre le autorità monetarie centrali, che dovrebbero vigiliare, evidentemente dormivano o chiudevano un occhio. Sta di fatto che dopo l'esplosione della crisi, evidenziata da ripetute e drammatiche ondate di panico nelle Borse di tutto il mondo, come nei venerdì neri del 10 agosto e del 7 settembre, che hanno visto bruciare in poche ore centinaia di miliardi di euro, le autorità monetarie e i governi sembrano essere stati colti di sorpresa e sono dovuti correre ai ripari immettendo massicce dosi di liquidità nei mercati per arginare una possibile ondata di vendite e scongiurare crolli ben più consistenti e imprevedibili. La stessa Federal Reserve, la banca centrale americana, ha dovuto intervenire con un robusto taglio di mezzo punto del tasso di sconto, senza curarsi delle spinte inflattive che inevitabilmente esso produrrà, per scongiurare il panico e la chiusura dei rubinetti del credito che rischia di produrre una gelata generale dell'economia USA. L'Europa e l'Italia non sono immuni Il fatto è che nessuno sa quanti sono questi titoli spazzatura e come sono distribuiti nel mercato mondiale. In altre parole non si sa quanto virulenta ed estesa possa essere l'infezione, né si sa dove e quando possa riesplodere con violenza. Quel che è certo è che a farne le spese, come nel caso dei Bond argentini e dei crac Cirio e Parmalat, saranno come sempre i piccoli e medi risparmiatori. Il fallimento della Northern Rock in Gran Bretagna, la quinta banca del paese presa d'assalto da migliaia di clienti in preda al panico e in coda per giorni per ritirare i risparmi, dimostra che il cancro si sta estendendo anche all'Europa, probabilmente attraverso il cavallo di troia inglese, la cui finanza capitalista è più simile e ha più legami diretti con quella d'oltreoceano. Lì c'è voluto addirittura un intervento straordinario della Banca d'Inghilterra e di Gordon Brown, che hanno dovuto garantire la copertura totale dei conti correnti ritirati, per evitare uno scoppio generalizzato di panico con estensione a tutte le Borse europee, che difatti hanno subito pesanti perdite, anche se per il momento tamponate. E in Italia? La Banca d'Italia e il governo Prodi cercano di tranquillizzare. Il governatore Draghi assicura che "siamo relativamente al riparo", in quanto le banche italiane sono meno esposte con i titoli a rischio e concedono mutui con più prudenza. In altre parole la loro avarizia (in Italia i mutui sono i più alti d'Europa, e i tassi superano già il 5,5%) le mette meglio al riparo. Però ha aggiunto che a tutt'oggi "non sappiamo se il peggio è passato". E il ministro dell'Economia Padoa Schioppa ha rincarato aggiungendo che i fondi pensione sono esposti "agli stessi rischi cui sono esposti gli altri segmenti del sistema finanziario privato". Parole che suonano sinistre per quei lavoratori che, o volenti perché sono stati convinti dai sindacati collaborazionisti, o nolenti perché vittime della clausola truffaldina del silenzio-assenso, hanno versato la liquidazione nei fondi pensione, esposti in pieno adesso ai venti imprevedibili della crisi finanziaria mondiale in atto. Suonano poi ridicole e false, rispetto a questa crisi, le posizioni di chi cerca di separare le responsabilità del capitalismo finanziario, che sarebbe prevalentemente parassitario e speculativo, da quelle del capitalismo industriale, che rappresenterebbe invece la parte "sana" e produttiva. In realtà, come ha dimostrato definitivamente Lenin, nell'epoca dell'imperialismo non esiste più questa distinzione, e tutto il capitalismo è capitalismo finanziario. E lo si vede chiaramente anche dalle conseguenze immediate e dirette che queste crisi finanziarie hanno sull'economia generale, producendo strette dei consumi e produttive che a loro volta amplificano e diffondono il terremoto finanziario in cerchi sempre più ampi e parossistici. Con la velocità e la potenza di tanti tsunami che la globalizzazione capitalistica rende sempre più incontrollabili e devastanti. 26 settembre 2007 |