Un esercito di cappellani militari che costa allo Stato oltre 10 milioni all'anno Crocifisso e moschetto cappellano perfetto Sono presenti in ogni caserma e accompagnano le navi da guerra e le missioni all'estero dell'imperialismo italiano Quello dei cappellani militari, sacerdoti cattolici inquadrati nelle forze armate italiane, è una storia che viene da lontano: tutti gli Stati italiani preunitari avevano cappellani militari inquadrati nelle rispettive forze armate sin dal XVII e XVIII secolo, tanto che nel 1865, dopo il compimento dell'unità d'Italia, il Regio esercito ne contava 189 che diminuirono drasticamente dopo l'occupazione di Roma del 1870 fino alla completa eliminazione nel 1878 da parte dello Stato italiano a causa del divieto papale nei confronti dei sacerdoti di portare assistenza all'esercito italiano considerato invasore dello Stato pontificio. I cappellani furono ripristinati, e questa volta in massa anche grazie ai mutati rapporti con il Vaticano e in vista dell'imminente entrata in guerra italiana nella I guerra mondiale, nell'aprile 1915 dal generale Raffaele Cadorna che arruolò diecimila preti di cui 2070 destinati ai corpi combattenti. Temporaneamente soppresso tra il 1922 ed il 1925, quando il servizio rinacque nell'ambito di trattative tenute tra il governo fascista e la Santa Sede che segnò l'inizio di quel cammino che avrebbe portato ai Patti Lateranensi del 1929: nel 1925 fu istituito dalla Chiesa e l'anno successivo riconosciuto dallo Stato con la legge n. 417 del 1926 l'Ordinariato militare per l'Italia (che è una vera e propria diocesi ecclesiastica e contemporaneamente un ufficio dello Stato, che ha giurisdizione su tutti i militari delle forze armate italiane, sui loro familiari conviventi e sul personale civile in servizio alle forze armate) con a capo un vescovo che è contemporaneamente generale ed un contingente di sacerdoti, religiosi e religiose inquadrati nelle forze armate con relativa divisa, gradi e stipendi. Questa impostazione non è sostanzialmente mutata dal 1925, quindi si può tranquillamente dire che l'attuale organizzazione dei cappellani è un residuo dell'epoca fascista, ed infatti sia il Concordato del 1929 sia altre leggi dello Stato riuscirono a immettere i cappellani cattolici persino in santuari fascisti come la Milizia Volontaria di Sicurezza Nazionale e l'Opera Nazionale Balilla fino a giungere alla repressione in Libia, alla guerra d'Etiopia, alla guerra di Spagna ed alla II guerra mondiale dove i cappellani assistettero, senza peraltro mai prendere una posizione di netta condanna, alle atrocità delle truppe italiane commesse in combutta con i nazisti in Jugoslavia (ottocentomila morti civili) e nell'URSS (oltre 15 milioni di morti civili): e tutto ciò fino ad arrivare all'8 settembre 1943 quando l'Ordinario militare Mons. Bartolomasi ordinò ai cappellani italiani di rimanere al fianco dei rispettivi eserciti contrapposti sia al sud sia al nord, ovvero a militare sia sotto la bandiera del Regno d'Italia sia sotto quella della Repubblica Sociale Italiana. Per servire quest'ultima venne istituita il 14 dicembre 1943 presso Verona la II Sezione dell'Ordinariato proprio per assicurare l'assistenza spirituale alle criminali bande fasciste che si resero responsabili dei peggiori eccidi in cui (ironia della sorte) persero la vita anche tanti eroici sacerdoti cattolici legati alla Resistenza come don Morosini e don Pappagallo. Questo da solo sarebbe dovuto bastare per sciogliere l'Ordinariato, che invece fu confermato dopo la proclamazione della Repubblica e riformato nel 1961, nel 1973, nel 1997 e nel 2000: attualmente il clero dell'ordinariato militare italiano è arruolato nelle forze armate comprese quelle di polizia smilitarizzate, i relativi sacerdoti sono equiparati agli ufficiali, l'Ordinario militare (che assume il grado militare di tenente generale) è assistito nella sua attività da un Vicario generale (che ha il grado di maggiore generale) e due Ispettori (che hanno il grado di brigadiere generale) che hanno i loro uffici in un palazzo storico vicino al Colosseo mentre dal 1997 opera una vera e propria Scuola allievi cappellani militari con sede sempre a Roma, alla Cecchignola: l'Ordinariato pubblica anche una rivista mensile, il Bonus Miles Christi. Attualmente fanno parte dell'Ordinariato e sono inquadrati nelle forze armate oltre 180 cappellani, di cui la maggioranza sono sacerdoti secolari ma non mancano i sacerdoti regolari (frati e monaci) presenti in tutte le caserme ed anche al seguito delle missioni estere dell'imperialismo italiano con un costo per lo Stato non indifferente, pari a 10 milioni di euro annui solo ed esclusivamente di retribuzioni: infatti lo stipendio dell'Ordinario è pari a quello di un generale di corpo d'armata, ossia 9.000 euro lordi al mese, quello del Vicario di 6.000 euro mensili, l'Ispettore, il Vicario episcopale, il Cancelliere e l'Economo hanno il grado di tenente colonnello e percepiscono 5.000 euro, il Primo cappellano capo è un maggiore con uno stipendio di quasi 4.000 euro, il Cappellano capo è capitano con 3.000 euro, infine il Cappellano semplice è un tenente che di euro mensili ne prende 2.500. Ma queste cifre non comprendono la spesa per le pensioni che è pari ad altri 7 milioni di euro, né quella per il mantenimento di palazzi, sedi ed uffici, anche essa cospicua, tanto che si può affermare tranquillamente che l'organizzazione dei cappellani militari costa ai contribuenti una cifra annuale di 20 milioni di euro. Contro questo spreco di denaro pubblico il governo Monti, zelante e pronto a tartassare le masse popolari e a imporre nuovi sacrifici e nuove misure di macelleria sociale, non ha alzato un dito e non ha alcuna intenzione di intervenire. 17 ottobre 2012 |