5 punti in meno, al di sotto del 1997 Crollano i consumi. Si risparmia anche sul cibo e sulla salute Si allarga la forbice tra ricchi e poveri La planetaria crisi economica e finanziaria del capitalismo che da oltre un lustro scarica i suoi devastanti effetti prevalentemente sulle spalle dei lavoratori e delle masse popolari, continua a segnare primati negativi e a gettare sul lastrico strati sempre più vasti della popolazione. A certificarlo è lo stesso Istituto nazionale di statistica (Istat) che il 5 luglio ha pubblicato una serie di dati inerenti l'ulteriore forte riduzione della capacità di spesa impiegata mensilmente dalle famiglie italiane. Un crollo verticale dei consumi che riguarda in particolar modo i beni di prima necessità a cominciare dal cibo la cui spesa media tra il 2011 e il 2012 si è ridotta da 477 a 468 euro al mese; il 5% in meno rispetto a un anno fa e ben al di sotto del precedente record del 1997. Per riuscire a sbarcare il lunario le famiglie operaie sono costrette a risparmiare su tutto, non solo sugli alimenti ma anche sulla salute, medicine, casa, abbigliamento e rinunciare perfino alla scuola e università per i figli; anche perché si spende di più in combustibili ed energia, con i prezzi dei carburanti tornati a galoppare. Mentre i ricchi diventano sempre più ricchi come testimonia la differenza della capacità di spesa tra padroni e operai che si è ulteriormente allargata fino ad oltre 1.100 euro al mese: 3.489 euro contro i 2.329 euro di una famiglia operaia. Nel 2012 queste ultime hanno speso il 4,2% in meno rispetto al 2011. Una diminuzione identica viene riscontrata nelle famiglie con disoccupati che si attesta su 1.827 euro. Alle differenze di classe si aggiungono anche quelle territoriali. Tra Sicilia e Trentino il divario di spesa è di 1.300 euro dovuto in massima parte all'aumento della disoccupazione che ha colpito il lavoro dipendente e gli operai in particolare. Per l'Inps le domande per la disoccupazione sono aumentate tra il 2012 e il 2013 del 26,5% raggiungendo il totale di 119.868. Ma non è tutto. Perché secondo l'Istat insieme al crollo dei consumi di pane e cereali, carne, latte, formaggi e uova c'è anche un impoverimento della qualità e della quantità del cibo acquistato che coinvolge circa il 62,3% delle famiglie, con picchi del 73% al Sud. Nel Mezzogiorno la percentuale di famiglie che acquista almeno un genere alimentare negli hard discount raggiunge il 14,6 per cento (era il 13 nel 2011), ma nel Nord si osserva l'incremento più consistente (dall'8,5 al 10,9). Nel corso dell'ultimo anno le famiglie che hanno abbandonato il supermarket per i "super sconti" dei discount sono passate dal 10 al 12,3 per cento. Una crisi dei consumi che galoppa a dorso dell'inflazione ben oltre il 3% e che comincia a intaccare anche le famiglie con maggiori capacità di spesa che a loro volta hanno ridotto gli acquisti del 5,7 per cento (3.280 euro al mese a fronte dei 3.477 del 2011- mentre la media nazionale è di 2.419). Senza un salario sicuro si riducono le spese per i consumi domestici (arredamenti, elettrodomestici, servizi per la casa: -4,8% del 2012, -5,4% del 2010); per l'acquisto di abbigliamento e calzature (dal 5,4% si scende al 5%, nel Sud dal 6,6% al 5,7%). In compenso aumentano le spese per combustibili ed energia del 3,9% e le tariffe per treni e trasporti. A soffrire di più sono le famiglie con uno o più figli (-4% e -6,3%), mentre spendono il 5% in più le coppie di anziani, che hanno uno stile di vita consolidato ma devono affrontare l'aumento delle spese sanitarie e dei ticket in particolare. Numeri che fanno scattare l'allarme delle associazioni dei consumatori fra cui la Confesercenti che mette in guardia da un possibile ulteriore crollo dei consumi da 17 miliardi nel 2013 dal momento che la macelleria sociale di Monti proseguirà anche col governo delle "larghe intese" Letta-Berlusconi al servizio del capitalismo, della classe dominante borghese e dell'Unione europea imperialista. Mentre per la Confederazione italiana agricoltori il crollo della spesa per i consumi avvenuto nel 2012 è stato il più catastrofico dal 1997 e avverte che anche "nel 2013 lo spread tra ricchi e poveri continuerà a regnare sovrano". Del resto, con il prezzo dei carburanti che ha ripreso a salire e il numero dei senza lavoro che vivono con indennità Inps aumentato del 19% in soli 5 mesi, il futuro non appare certo incoraggiante. Fame, miseria e disoccupazione sono in costante aumento. Almeno 8 milioni e 173 mila persone versano in condizioni di povertà relativa, disponendo solo di 506 euro al mese. In povertà assoluta sono 3 milioni e 500 mila persone. Altri 8,6 milioni vivono in famiglie che presentano segnali di forte deprivazione. In un anno è triplicata al 16,6% la quota di popolazione che dichiara di non potersi permettere un pasto adeguato almeno ogni due giorni. Più disoccupati e licenziati, più cassaintegrazione, più poveri, più senza casa, più tagli alla sanità, ai servizi sociali, ai servizi pubblici e all'istruzione, più caro vita, più tasse e imposte, più evasione fiscale, più precarietà, più alta l'età pensionabile, più disuguaglianze sociali, di reddito, territoriali e di sesso, più divario tra Nord e Sud, più omofobia e femminicidio, più accordi sindacali separati, più tagli alla democrazia sindacale, ai diritti sindacali e alla contrattazione nazionale, più potere padronale e discriminazioni sindacali nelle fabbriche e nei luoghi di lavoro, più suicidi per difficoltà economiche: queste sono le "delizie" che il capitalismo riserva al proletariato. Altro che "democrazia, benessere e progresso per tutti". Tutti i mali che affliggono il proletariato, le masse popolari, femminili e giovanili, a cominciare dallo sfruttamento dell'uomo sull'uomo, dai bassi salari, dalla disoccupazione, dai tagli alla scuola e alla sanità pubblica, dipendono dal capitalismo sostenuto e servito dai partiti di destra, di centro e di "sinistra" borghesi riuniti sotto il grande inciucio del governo Letta-Berlusconi. Lo conferma il cosiddetto "decreto del fare" varato il 15 giugno scorso che è a totale ed esclusivo beneficio delle imprese, delle banche e dei padroni mentre ai lavoratori e alle masse popolari lascia solo le briciole. Il capitalismo è un mostro che si nutre del massacro dei popoli che sfuggono al suo controllo e che gli impediscono di depredare le risorse dei loro paesi e della macelleria sociale del proprio paese. Come ci insegna Stalin: "L'ordinamento attuale è capitalistico. Ciò significa che il mondo è diviso in due campi contrapposti: il campo di un piccolo pugno di capitalisti e il campo della maggioranza, dei proletari. I proletari lavorano giorno e notte, ma restano ciononostante poveri come prima. I capitalisti non lavorano, ma ciononostante sono ricchi. E questo non avviene perché ai proletari manchi l'intelligenza, e i capitalisti siano geniali, ma perché i capitalisti raccolgono i frutti del lavoro dei proletari, perché i capitalisti sfruttano i proletari. Perché i frutti del lavoro dei proletari sono raccolti proprio dai capitalisti e non dai proletari medesimi? Perché i capitalisti sfruttano i proletari e non i proletari i capitalisti? Perché l'ordinamento capitalistico è fondato sulla produzione mercantile: in esso tutto assume l'aspetto di merce, ovunque domina il principio della compravendita. In esso potete comprare non soltanto gli oggetti di consumo, non solo i prodotti alimentari, ma anche la forza-lavoro degli uomini, il loro sangue, la loro coscienza. I capitalisti sanno tutto questo e comprano la forza-lavoro dei proletari, li assumono. Ma questo significa che i capitalisti diventano i padroni della forza-lavoro da loro acquistata. I proletari perdono ogni diritto su questa forza-lavoro venduta. Cioè quel che viene prodotto da questa forza-lavoro non appartiene più ai proletari, ma appartiene solo ai capitalisti e va nelle loro tasche. Può darsi che la forza-lavoro da voi venduta produca giornalmente merci per cento rubli, ma ciò non vi riguarda e non vi appartiene; ciò riguarda solo i capitalisti e appartiene loro; voi dovete ricevere soltanto il vostro salario giornaliero, che sarà forse sufficiente per soddisfare i vostri bisogni inderogabili, sempreché, certo, viviate facendo economia. In breve: i capitalisti comprano la forza-lavoro dei proletari, assumono i proletari e appunto per questo raccolgono i frutti del lavoro dei proletari, appunto per questo i capitalisti sfruttano i proletari, e non i proletari i capitalisti. Perché la base principale dell'ordinamento capitalistico è la proprietà privata degli strumenti e dei mezzi di produzione. Perché le fabbriche, le officine, la terra e il sottosuolo, i boschi, le ferrovie, le macchine e gli altri mezzi di produzione, sono trasformati in proprietà privata di un piccolo pugno di capitalisti. Perché i proletari sono privati di tutto questo. Ecco perché i capitalisti assumono i proletari per mettere in movimento le fabbriche e le officine; altrimenti i loro strumenti e mezzi di produzione non darebbero nessun profitto. Ecco perché i proletari vendono la loro forza-lavoro ai capitalisti; altrimenti morirebbero di fame. Tutto ciò getta un fascio di luce sul carattere generale della produzione capitalistica. In primo luogo, è evidente che la produzione capitalistica non può essere qualcosa di unico e di organizzato: essa è tutta spezzettata nelle imprese private dei vari capitalisti. In secondo luogo, è anche evidente che il fine immediato di questa produzione spezzettata non è il soddisfacimento dei bisogni della popolazione, ma la produzione di merci per la vendita, al fine di aumentare i profitti dei capitalisti. Ma poiché ogni capitalista tende ad aumentare il suo profitto, ognuno di essi si sforza di produrre la maggior quantità possibile di merci; quindi il mercato si sovraccarica rapidamente, i prezzi delle merci cadono e sopravviene una crisi generale. Così le crisi, la disoccupazione, le interruzioni nella produzione, l'anarchia della produzione, e così via, sono il risultato diretto della disorganizzazione della produzione capitalistica moderna. E se questo ordinamento sociale disorganizzato non è stato ancora distrutto, se ancora tiene testa fortemente agli attacchi del proletariato, ciò si spiega innanzitutto col fatto che esso è difeso dallo Stato capitalistico, dal governo capitalistico. Tale è la base della società capitalistica moderna". (Brani tratti da Stalin, "Anarchia o socialismo?", dicembre 1906-aprile1907, Opere complete, Vol. 1, pagg. 374-376, Edizioni Rinascita) 17 luglio 2013 |