Il Csm boccia il decreto blocca processi Napolitano copre Berlusconi Con ventuno voti a favore (fra cui quelli del vice presidente Nicola Mancino e del procuratore generale della Cassazione Mario Delli Priscoli), l'astensione di Ugo Bergamo e solo due contrari espressi dai laici del centrodestra Gianfranco Anedda e Michele Saponara, il 1° luglio il plenum del Consiglio superiore della magistratura (Csm) ha bocciato la norma blocca processi inserita dal governo tra le pieghe del decreto legge sulla sicurezza col chiaro intento di salvare ancora una volta dai guai giudiziari il neoduce Berlusconi. Nel confermare il proprio parere negativo su tutto il pacchetto sicurezza (già approvato dal Senato e ora in discussione alla Camera per la conversione in legge), il Csm esprime forti critiche di incostituzionalità soprattutto in riferimento alla norma ad personam che blocca per un anno tutti i processi con pene edittali inferiori ai 10 anni di reclusione per reati commessi fino al 30 giugno 2002 e fra cui vi rientrano a pieno titolo sia il processo Mills, in cui Berlusconi è accusato di concorso in corruzione in atti giudiziari, che quello inerente l'alleanza segreta fra Mediaset e la Rai di Agostino Saccà in cui Berlusconi è accusato di corruzione di incaricato di pubblico servizio per aver raccomandato all'ex direttore della tv pubblica l'assunzione di alcune soubrettes in cambio di lucrosi affari e favori personali. In particolare il Csm sottolinea che il decreto salva Berlusoni presenta "profili di grave irragionevolezza" sia in relazione allo "spartiacque temporale", sia per "la scelta dei reati". La sospensione, scrive il Csm, "riguarderà un numero ingente di dibattimenti (secondo alcune stime più della metà di quelli in corso) e provocherà, nel medio, ma anche nel breve termine, l'effetto opposto di una ulteriore dilatazione dei tempi della giustizia complessivamente intesa". Inoltre, "dal mancato rispetto del principio della ragionevole durata del processo (articolo 111 della Costituzione) - si legge nella delibera approvata - discenderanno prevedibilmente crescenti richieste risarcitorie ai sensi della legge Pinto". Mentre la prevista sospensione facoltativa dei procedimenti "è ancorata a parametri normativi comprensibili (prossimità della prescrizione o non eseguibilità della pena eventualmente irrogata per essere la stessa coperta da indulto) ma la sua struttura la fa apparire una sorta di amnistia occulta, applicata al di fuori della procedura prevista dall'articolo 79 della Carta costituzionale" ed è incompatibile con l'art. 3 (principio dell'uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge). La secca bocciatura del Csm è arrivata al termine di una lunga e convulsa giornata che ha segnato uno scontro istituzionale senza precedenti fra l'organo di autogoverno dei giudici e il parlamento, da un lato, e, dall'altro, il presidente dalla Repubblica (e del Csm) Napolitano che, pur di non mandare definitivamente in fumo il dialogo tra PdL e PD sulla controriforma costituzionale per completare il trapasso dalla seconda alla terza repubblica, ha cercato in tutti i modi di coprire il neoduce Berlusconi comportandosi esattamente come fece Vittorio Emanuele III con Mussolini. In una lettera inviata a Palazzo dei Marescialli e letta da Mancino all'apertura del plenum del Csm il rinnegato del Quirinale richiama all'ordine i giudici affermando che non può esservi "dubbio od equivoco sul fatto che al Csm non spetti in alcun modo quel vaglio di costituzionalità cui, com'è noto, nel nostro ordinamento sono legittimate altre Istituzioni". E avverte: "Confido che nell'odierno dibattito e nelle deliberazioni che lo concluderanno non si dia adito a confusioni e quindi a facili polemiche in proposito. La distinzione dei ruoli e il rispetto reciproco, il senso del limite e un costante sforzo di cooperazione sono condizioni essenziali ai fini della tutela e valorizzazione di ciascuna istituzione, delle sue prerogative e facoltà". Parole per cui Fini e Schifani esprimono "il loro vivo apprezzamento" mentre Veltroni addirittura le definisce di grande equilibrio in quanto "Il presidente della Repubblica cerca costantemente di restituire serenità al paese, di affermare una logica di rispetto delle regole e che ciascuno stia nel suo ambito costituzionale. Svolge una funzione di equilibrio preziosissima in questo momento e vorrei che tutti lo ascoltassero". Ma la conferma che la missiva di pressioni inviata da Napolitano al Csm affinché annacquasse alcuni rilievi critici sul decreto non è frutto di "un'iniziativa autonoma che non accoglie alcuna richiesta" ma fa parte di un preciso disegno politico per dare il via alla terza repubblica neofascista anche sul piano giudiziario, arriva poche ore dopo proprio per bocca di Berlusconi che da Napoli, durante la sua quarta visita in poco più di un mese al termine di una conferenza stampa convocata per fare il punto sul problema dei rifiuti, nel rispondere a una domanda di un giornalista conferma tutti i sospetti e ammette pubblicamente che Fini e Schifani nei giorni scorsi sono andati da Napolitano per protestare contro le invasioni di campo del Csm, e che il capo dello Stato "ha accolto largamente le loro interpretazioni e il loro avvertimento sugli effetti di una pronuncia di incostituzionalità da parte del Csm rispetto ad atti di Governo e Parlamento". Una rivelazione a dir poco arrogante che la dice lunga sul modo di intendere le tanto decantate "regole della democrazia borghese" da parte del nuovo Mussolini e che addirittura costringe il Quirinale a reintervenire sull'argomento per precisare che "Il presidente della Repubblica ha indirizzato la lettera, oggi resa nota, al vice presidente del Csm, di sua autonoma iniziativa e non in accoglimento di alcuna richiesta". Le parole di Berlusconi, che tra l'altro alza la posta minacciando un decreto legge per bloccare le scabrose intercettazioni che lo riguardano e un intervento televisivo (poi sostituito da una conferenza stampa a Palazzo Chigi) "per spiegare agli italiani cosa sta succedendo al Paese", rimbalzano come macigni su Palazzo dei Marescialli proprio durante il "plenum" e causano uno scatto di orgoglio dei magistrati di cui si fa interprete lo stesso vice-presidente Mancino che sbotta: "Non capisco perché tanta acredine nei confronti dell'intera magistratura. Sembra che il parere di un organismo autonomo dalla politica dia fastidio al potere costituito. Il presidente della repubblica ha fatto bene a mandarci quella lettera ma bisogna dire che una parte della politica se ne è immediatamente appropriata. La crisi della giustizia non si risolve con le dichiarazioni di qualche fanatico". Alla fine, il Csm approva a stragrande maggioranza un parere sostanzialmente identico a quello votato nei gironi scorsi dalla Sesta commissione, mentre Berlusconi fa sapere di non essere affatto soddisfatto del gesto del Colle. Conciliante, ma non abbastanza. E Gasparri che arriva a minacciare "gravi conseguenze" perché: "Di fronte alle sagge considerazioni del Presidente della Repubblica, una parte dei membri del Csm ha risposto con una scelta inaudita, fuori dalla Costituzione". 9 luglio 2008 |