A proposito della fiction "Il cuore nel pozzo", trasmessa dalla Rai con un'operazione degna dell'Istituto Luce di Mussolini Un'opera del regime neofascista Preceduta da un martellante tam-tam presente da settimane sui vari organi d'"informazio-ne", domenica 6 e lunedì 7 febbraio è andata in onda su Raiuno la fiction in due puntate "Il cuore nel pozzo", del regista Alberto Negrin, autore, non a caso, di altri due film, "Perlasca, un eroe italiano" e "Io e il Duce", entrambi di riabilitazione del fascismo. Questa terza fiction è incentrata sull'argomento delle foibe, ossia i presunti massacri compiuti dai partigiani jugoslavi che avrebbero trucidato migliaia di italiani precipitandoli poi nelle voragini carsiche e che sarebbero avvenuti in Istria nel 1945. Questo argomento è stato recentemente tirato in ballo dalla destra, con l'avallo condiscendente della "sinistra", in questi tempi di revisionismo storico, allo scopo di cancellare, anche con la più bieca menzogna, ogni verità e memoria storica della gloriosa Resistenza, nello scenario della spartizione del potere tra destra e "sinistra" di regime nell'attuale seconda repubblica. Questa fiction è stata fortemente sponsorizzata da AN, che da tempo sollecitava la Rai, l'ex servizio pubblico ora imbavagliato e berlusconizzato, a occuparsi di questo tema, fatto che fa capire come ormai la "cultura" oltre che l'informazione, ricevano le dritte direttamente dal governo. Tanto è vero che, fatto inaudito, il ministro delle Telecomunicazioni Gasparri e tutto lo stato maggiore di AN hanno apposto il loro "marchio" sul film presentandolo orgogliosamente in anteprima ufficiale al palazzo dei congressi dell'Eur. Per scendere più nel dettaglio del film, nonostante che l'autore dica di essere "indipendente", esso sembra, al contrario, un'opera totalmente confezionata per sostenere in pieno le tesi dell'attuale regime: Berlusconi dice che il comunismo è stato "terrore, miseria e morte"? Ecco pronto per l'uso "Il cuore nel pozzo", in cui i partigiani comunisti jugoslavi (i "titini") vengono dipinti né più né meno come dei nazisti. In una intervista al settimanale "Il Venerdì" di Repubblica del 28 gennaio il regista si mantiene volutamente nell'ambiguità, sostenendo di essere estraneo alla polemica politica sulle foibe: "Il mio - ha detto - non è un film sulle foibe. Io sono stato colpito da una storia di bambini, ambientata in Istria subito dopo la fine della guerra... quella che racconto non è una storia ideologica, è una storia personale di vendetta, non una ricostruzione storica." Ed è appunto questa strumentalizzazione dei bambini, che suscita spontaneamente nello spettatore l'odio verso i comunisti e solidarietà con i soldati italiani occupanti, a risultare particolarmente spregevole e ripugnante. Si parla genericamente di italiani mentre i nemici dei partigiani jugoslavi furono i fascisti e le truppe di occupazione nazifasciste. Non a caso i due eroi dello sceneggiato risultano essere il soldato italiano occupante e il prete, cioè proprio i rappresentanti delle due istituzioni chiave, esercito e chiesa, usate dal regime mussoliniano per schiacciare, annientare e sottomettere le popolazioni slave. Questo è chiaramente un tentativo del regista per cautelarsi da eventuali polemiche, poiché in una fiction uno è libero di infilarci ciò che vuole, senza per esempio dover ricorrere ad un minimo di rigore storico. In realtà, la storia privata di vendetta raccontata dal film e incentrata sul racconto "straziante" di un gruppo di bambini in fuga inseguiti e perseguitati dai "titini", è il pretesto evidente per attribuire crimini e nefandezze di ogni genere ai partigiani jugoslavi, tra cui il rastrellamento, l'uccisione e l'infoibamento della popolazione di un intero paese, che viene trucidata solo per il fatto di essere italiana. Il regista dice di non aver voluto fare un'opera ideologica, poiché le ideologie sia di destra che di sinistra sono sempre foriere di morte e distruzione. In realtà l'"assenza" di ideologia si sostanzia nel film nella rappresentazione, da un lato dei nazisti che escono di scena tranquillamente senza colpo ferire, mentre i fascisti sembrano non esistere e non vengono neppure nominati; dall'altro, invece, l'esercito dei partigiani "titini" viene rappresentato come una banda di assassini, ubriaconi, ladri di terre, stupratori e via dicendo, mossi unicamente dalla gratuita vendetta piuttosto che dalla nobile causa di liberare il proprio Paese dalle criminali e sanguinarie truppe di occupazione naziste e fasciste. Quello che mostra questo film e che cerca di accreditare ha dell'incredibile! Non solo hanno riscritto la storia, ma l'hanno rovesciata, attribuendo ai comunisti i crimini orrendi di sterminio, deportazioni, stragi, stupri che sono invece stati commessi dai nazifascisti contro le popolazioni jugoslave. Questa non è assenza di ideologia, è piuttosto ideologia fascista cucita addosso ad una storia strappalacrime, inverosimile e pietistica, che è solo il pretesto per imbastire una gigantesca macchinazione anticomunista e antiResistenza. Tanto per fare un esempio, si dice nel film per bocca di un non meglio precisato inviato del CLN italiano, che (i titini) "vogliono prendere le terre degli italiani". In realtà furono il colonialismo e il fascismo italiani ad annettere i territori jugoslavi commettendo crimini di ogni tipo; si parla di migliaia di infoibati, mentre in realtà i casi veramente accertati furono poche centinaia, perlopiù vendette dovute al comprensibile odio e risentimento delle popolazioni slave che tanti crimini e atrocità avevano subito ad opera dei fascisti italiani. Questo dice la storia e la memoria di questi eventi non può essere "condivisa" come vorrebbero la destra e la "sinistra" del regime neofascista, nel senso che i morti dalla parte dei fascisti e i morti dalla parte degli antifascisti e dei partigiani non si potranno mai mettere sullo stesso piano! 9 febbraio 2005 |