Il fondatore delle "Brigate Rosse", ora editore, è passato dal terrorismo al codismo borghese Curcio: "la nostra violenza veniva dalla storia del novecento. Oggi viviamo in una società completamente diversa" Al riparo della coperta sicura di editore, lontano ormai il suo passato di "terrorista rosso", il novello Renato Curcio sposa senza alcun pudore le tesi riformiste borghesi. È ciò che emerge da una conversazione avuta con un giornalista di Repubblica, Paolo Griseri, a margine del Salone del Libro di Torino lo scorso 11 maggio e poco dopo l'attentato ad Adinolfi. Al giornalista che gli chiede di fornire la giusta chiave interpretativa all'attentato di Genova, il fondatore delle "Brigate Rosse" risponde laconicamente: "La nostra violenza veniva dalla storia del Novecento. Aveva alle spalle gli anni Sessanta ma anche le vicende della Resistenza e della guerra. Da ragazzini andavamo a sentire le storie che raccontavano i partigiani. Noi siamo cresciuti così. Quell'Italia non c'è più". Ma che c'entra la violenza "brigatista" con quella storia? Incalza Curcio: "La realtà è quella della crisi che coinvolge tante persone e le mette di fronte a situazioni insostenibili. Quella è la realtà, molto concreta e molto poco simbolica". Non dice però una sola parola contro il capitalismo che ha generato la crisi e sulle responsabilità della macelleria sociale attuata dal governo del tecnocrate liberista borghese Monti. Ormai l'ex "brigatista rosso" ha calzato le pantofole e non si vergogna di dichiarare il fallimento del suo "progetto rivoluzionario". "Io sono stato arrestato nel 1974 e sono uscito dal carcere nel 1993. Alla fine degli anni Ottanta io e i miei compagni in carcere - egli dice - abbiamo deciso di sciogliere il patto che ci legava. Già allora lo avevamo fatto perché ritenevamo che le nostre scelte precedenti fossero ormai superate dall'evoluzione che c'era stata nella società italiana. Si immagini se adesso, a quarant'anni di distanza, posso sentirmi coinvolto da fatti che sono ormai lontanissimi dal contesto e dalle scelte che avevamo compiuto noi. Io oggi sono un editore. Mi occupo di quei fatti lontani solo perché pubblichiamo dei testi di indagine su quegli anni, indagini scientifiche, condotti da primarie università. I nostri libri vengono acquistati, soprattutto all'estero". In sostanza secondo Curcio non sarebbero più necesarie né la lotta contro il capitalismo né la rivoluzione proletaria, ritenendo superati gli insegnamenti del Novecento, ossia del marxismo-leninismo-pensiero di Mao e dell'allora movimento comunista internazionale. A differenza di Curcio noi marxisti-leninisti riteniamo invece che la lotta di classe vada sviluppata fino in fondo per rovesciare il vecchio mondo ed edificare il mondo nuovo socialista. Intanto abbattendo la dittatura della "grande finanza e dell'Ue" targata Monti. Per questo motivo bisogna muoversi nel solco tracciato dall'editoriale del compagno Scuderi per il 35° Anniversario della nascita del PMLI e unirsi contro il capitalismo, per il socialismo. 23 maggio 2012 |