Incontrando la Rice a Washington D'Alema: "L'amicizia e l'alleanza con gli Usa resteranno un pilastro della nostra politica estera" Rice: Italia e Stati Uniti condividono una alleanza, valori e amicizia. Sono le basi per una relazione eccellente "Sono stata molto contenta di dare il benvenuto al mio collega Massimo, con il quale ho avuto una conversazione eccellente". "Voglio ringraziare il Segretario di Stato, anche perché mi ha autorizzato a chiamarla Condoleezza. Lo considero un onore e un piacere". È con questo scambio di stucchevoli salamelecchi che D'Alema e la Rice hanno concluso con reciproca soddisfazione l'incontro del 16 giugno a Washington per riannodare i rapporti tra la superpotenza Usa e il governo italiano dopo l'uscita di scena di Berlusconi e l'avvento di Prodi a Palazzo Chigi. La missione di D'Alema aveva l'obiettivo di rinsaldare l'alleanza e l'amicizia tra l'Italia e gli Stati Uniti, rassicurando la Casa Bianca che esse continueranno a rappresentare la stella polare della nostra politica estera anche per il nuovo governo di "centro-sinistra", e questo a prescindere da certe decisioni sgradite a Washington come l'annunciato ritiro del contingente italiano dall'Iraq entro l'anno. "Saremo amici degli Stati Uniti. In maniera diversa da come è stato amico Berlusconi ma amici", aveva detto infatti D'Alema alla vigilia dell'incontro, sintetizzando con ciò lo scopo principale del suo viaggio a Washinghton. E per meglio convincere il sospettoso partner d'oltreoceano, si era fatto precedere da un articolo da lui scritto per il Wall Street Journal, il cui testo era stato concordato con la mediazione dell'ambasciatore italiano Castellaneta, in cui egli sottolineava che "Un'Europa forte deve essere concepita come un partner per gli Stati Uniti, non essere un contrappeso". E, stando almeno alle dichiarazioni ufficiali e al clima cordiale e quasi confidenziale sfoggiato dai due ministri degli Esteri alla conferenza stampa finale, sembra che questo obiettivo sia stato sostanzialmente raggiunto. Dopo i "cordiali colloqui" con il consigliere alla Sicurezza nazionale Stephen Hadley e con il segretario di Stato Condoleezza Rice, D'Alema ha potuto infatti dichiarare con sussiego che "i governi cambiano com'è naturale, ma l'amicizia e l'alleanza fra due grandi Paesi restano", sottolineando poi che gli Stati Uniti rimarranno "un pilastro della nostra politica estera". Da parte sua la Rice è sembrata concordare pienamente con questa visione ottimistica sulla rinsaldata amicizia tra i due governi, dichiarando che "l'Italia e gli Stati Uniti condividono una alleanza, valori, amicizia e profondi legami", e sottolineando che "abbiamo avuto una relazione eccellente e continueremo ad averla, ed è su questa base che abbiamo avuto una panoramica su varie tematiche, l'Afghanistan, il Medio Oriente, l'Iraq e recentemente un ottimo incontro sulla Somalia". Come dire che la Casa Bianca si sente abbastanza rassicurata, dopo la visita di D'Alema, che il legame "speciale" costruito in questi anni con l'Italia di Berlusconi non sarà cambiato nei suoi tratti essenziali dal nuovo governo di "centro-sinistra" Prodi. Del resto il titolare della Farnesina ha fatto di tutto per smussare e minimizzare i possibili punti di frizione tra i due governi, a cominciare dalla questione del ritiro dall'Iraq, che non andrebbe neanche definito un ritiro: "È sbagliato dire che ce ne andiamo. Noi non ce ne andiamo dall'Iraq - ha chiarito infatti il capofila dei rinnegati - ma continuiamo a sostenere la democrazia e la stabilizzazione di quel Paese in maniera diversa, attraverso un impegno civile ed economico di cui abbiamo discusso e che mi sembra venga seriamente apprezzato". Che impegni avrà preso con la Rice per farle digerire il disimpegno militare in Iraq non è dato saperlo, ma di certo qualcosa bolle in pentola. Che senso avrebbero, altrimenti, le rassicurazioni di D'Alema sul fatto che, oltre alla riconfermata permanenza a Nassiriya dei 32 ufficiali "istruttori" italiani per addestrare le forze di sicurezza irachene, "abbiamo tre o quattro mesi per studiare anche altro", valutando anche "come evolve la situazione della sicurezza nei prossimi mesi", e che gli "aiuti" promessi al governo fantoccio iracheno a missione conclusa non sono ancora "un pacchetto chiuso"? Senza contare l'aumento dell'impegno militare italiano in Afghanistan, su cui D'Alema ha preferito glissare sostenendo, in contraddizione con le dichiarazioni della Rice, che non se ne è parlato perché è una questione da discutere in sede Nato. Sul carcere di Guantanamo e sul caso Calipari, gli altri due punti su cui i media avevano accreditato passi ufficiali da parte di D'Alema, tutto è finito in una bolla di sapone: si è capito che i due non ne hanno neanche parlato, e se non fosse stato per una precisa domanda di un giornalista sulla chiusura di Guantanamo, alla quale il ministro degli Esteri italiano si è limitato a rispondere con l'auspicio che il governo americano "possa procedere in questa direzione", l'argomento non sarebbe stato neanche sfiorato. Del resto sul caso Calipari, su cui in Italia aveva lamentato la "scarsa collaborazione" degli Usa, e sul rapimento dell'imam Abu Omar, il capofila dei rinnegati aveva già messo una pietra sopra preventivamente, dettando da Bruxelles una nota per l'"Associated press" in cui liquidava così le due scottanti questioni: "Voglio essere chiaro, con la Rice mi interessa di parlare di politica, di argomenti importanti come Iran e Medio Oriente. Certamente non voglio impegnarmi in questioni di natura giudiziaria". Piena sintonia di vedute, invece, su tutti gli argomenti di politica estera affrontati dai due ministri degli Esteri: come sull'Iran, con l'appoggio italiano alle condizioni poste dagli Usa per una soluzione diplomatica, e l'offerta di un ruolo di mediazione attiva della Farnesina nella vicenda, e come sul Medio Oriente, con Italia e Usa che concordano sull'appoggio al collaborazionista Abu Mazen e sull'isolamento di Hamas. Il nuovo Hitler della Casa Bianca, insomma, non avrà motivo di rimpiangere il suo amicone Berlusconi: questa la sostanza della missione del rinnegato D'Alema a Washington, conclusasi da questo punto di vista con un pieno successo. Da notare, tanto per aggiungere un elemento indiretto a conferma di questa interpretazione della visita, da una parte il giudizio sferzante, da cui traspare il dispetto, del "Giornale" di Berlusconi, che cerca di presentarla come un fallimento e un "gelido" dialogo tra sordi; e dall'altra il vergognoso silenzio con cui i giornali della "sinistra antagonista" al governo, come "Liberazione" e "il manifesto", hanno trattato, anzi non hanno trattato per niente, l'imbarazzante argomento della prosternazione di D'Alema agli "amici" amerikani. 5 luglio 2006 |