L'ex "comunista" pentito D'Alema invita il fascista ripulito Fini a governare assieme L'ex presidente del PD ritiene utile l'alleanza per fare le "grandi riforme" e difendere la legalità "Allearsi con Fini sarebbe utile al centrosinistra": lo ha dichiarato l'ex presidente del PD e presidente del Copasir (Comitato parlamentare di controllo sui servizi segreti), Massimo D'Alema, in un'intervista al Piccolo di Trieste del 12 maggio, in occasione di un suo viaggio elettorale in Friuli-Venezia Giulia. O per meglio dire lo ha ribadito, dal momento che quello di un'alleanza col presidente della Camera è un suo ricorrente cavallo di battaglia fin da quando il fascista ripulito ha rotto volente o nolente con Berlusconi. ''Siccome sono profondamente convinto che il Paese ha bisogno quasi di un governo costituente - ha precisato D'Alema - credo che questa ipotesi non sia campata in aria. Ci sono molti valori che ci uniscono come la legalità. E ci può essere un impegno comune per realizzare le grandi riforme. Poi ognuno va per la sua strada''. Dunque, anche se l'alleanza con Fini viene al solito giustificata con la "emergenza democratica" di mandare a casa Berlusconi e ripristinare la "legalità democratica", dalle parole di D'Alema si capisce che non c'è solo questo ma qualcosa di molto più strategico e di lunga portata nella sua testa, come appunto le "grandi riforme" istituzionali. Cioè si ritorna ancora una volta al chiodo fisso che lo ossessiona da anni: la Bicamerale golpista del 1997 che il capofila dei rinnegati guidò fino a un passo dalla riscrittura della Costituzione in chiave neofascista, presidenzialista e federalista, e che invece fallì solo perché il neoduce Berlusconi non si fidò di lui fino in fondo, e alla strada dell'accordo bipartisan per spartirsi con lui il potere della seconda repubblica preferì quella dell'assalto personale e diretto allo Stato e alla Carta del 1948 per garantirsi pieni poteri di tipo mussoliniano. Fin da allora, però, il feeling presidenzialista tra l'ex "comunista" pentito, a quel tempo leader del PDS, e il fascista ripulito, a quel tempo leader di AN, emerse in tutta evidenza ed ebbe un ruolo determinante nel portare al cosiddetto "patto della crostata" a casa di Letta, con cui fu trovato l'accordo su una bozza di controriforma della prima parte della Costituzione che disegnava una seconda repubblica presidenzialista e federalista, con poteri aumentati sia per il capo dello Stato che per il presidente del Consiglio, elevato a premier, che appariva ricalcata in tutto e per tutto dal "piano di rinascita democratica" e dallo "schema R " di Gelli. In quella bozza di accordo, poi saltato all'ultimo momento, c'era anzi l'intero piano della P2: presidenzialismo, assetto federalista dello Stato, separazione delle carriere di giudici e pm per l'assoggettamento della magistratura. É forse questo il filo nero che D'Alema vorrebbe riannodare con Fini? Quali sarebbero, sennò, le "grandi riforme" a cui l'ex presidente del PD allude? É un fatto che sul tavolo ci sono da sempre, da quando ce le mise per la prima volta Craxi, quelle "riforme" e non altre. Quindi, anche ammesso che l'alleanza tra i due riuscisse a far fuori il neoduce, si può star certi che non per questo cadrebbe il regime neofascista e si fermerebbe il disegno di controriforma neofascista, presidenzialista e federalista della Costituzione. Non si sfugge: non è con le illusioni elettorali e parlamentari, magari alimentate da un'alleanza tra la "sinistra" borghese e la destra borghese, più "pulita" o ripulita che sia, che si può abbattere il neoduce Berlusconi e fermare la fascistizzazione delle istituzioni. Per non cadere dalla padella nella brace ci vuole un nuovo 25 Aprile, per liberarsi del nuovo Mussolini con la lotta di piazza, in modo che le masse prendano direttamente nelle loro mani l'avvenire del Paese strappandolo agli intrighi dei politicanti borghesi. 18 maggio 2011 |