Vicenda Unipol Il parlamento europeo assicura l'impunità a D'Alema Con una motivazione a dir poco sconcertante, il 18 novembre il parlamento europeo ha deciso di non revocare l'immunità parlamentare a Massimo D'Alema e di non autorizzare l'uso delle intercettazioni telefoniche nell'ambito del processo Unipol come richiesto dalla procura di Milano. A stragrande maggioranza l'aula di Strasburgo ha approvato con 543 sì, 43 no e 90 astenuti la relazione del popolare tedesco Klaus Heiner Lehne e, confermando la decisione assunta nelle settimane scorse della commissione giuridica dell'europarlamento, ha fatto scudo intorno al rinnegato del PD. Nella relazione tra l'altro si argomenta che il procedimento giudiziario nei confronti dei "terzi intercettati" è comunque "già in fase avanzata", e quindi la richiesta della procura di Milano è "senza oggetto". E che, in base all'ordinanza del Gip le fonti di prova utilizzate sono già "sufficienti a suffragare l'ipotesi accusatoria" nei confronti dei terzi intercettati che "sono già stati rinviati a giudizio e il loro procedimento giudiziario è già in fase avanzata". In buona sostanza, il parlamento europeo, invece di prendere atto delle inoppugnabili prove e della inconfutabile fondatezza delle accuse, ha deciso di ribaltare completamente l'interpretazione dell'impianto accusatorio considerando "le sufficienti fonti prova" che stanno alla base della richiesta di "rinvio a giudizio" non come un'aggravante per concedere subito l'autorizzazione a procedere in giudizio, ma, come una fase del processo orami superata e quindi inutile ai fini della revoca dell'immunità all'imputato D'Alema (sic!). Per la cronaca ricordiamo che nel luglio 2007 il giudice per le indagini preliminari Clementina Forleo ha chiesto alla Camera l'autorizzazione all'uso delle intercettazioni indirette che riguardavano D'Alema nell'ambito del procedimento sulla tentata scalata alla Bnl del 2005. Dopo che la Camera si è dichiarata non competente perché al momento delle intercettazioni D'Alema era europarlamentare, la procura di Milano ha chiesto l'autorizzazione all'europarlamento. Sia D'Alema che Fassino avevano presentato un memoriale alla Giunta per le autorizzazioni in cui definivano "abnorme" l'atto con cui la Forleo aveva motivato la sua richiesta alla Camera inerente la complicità dei due leader diessini con gli indagati nella fallita scalata bancaria. Il 3 giugno scorso, la procura milanese ha chiesto il rinvio a giudizio per 45 indagati, tra persone fisiche e società, con ipotesi di reato, a vario titolo, che vanno dall'aggiotaggio, all'insider trading e ostacolo all'attività degli organi di vigilanza. Fra di essi figurano, oltre a Consorte e all'ex vice presidente Unipol Ivano Sacchetti, anche l'ex governatore della Banca d'Italia Antonio Fazio, l'ex capo della vigilanza di Bankitalia Francesco Frasca, il finanziere bresciano Emilio Gnutti, gli immobiliaristi romani Danilo Coppola e Stefano Ricucci, l'ex ad dell'allora Banca Popolare Italiana Gianpiero Fiorani, il presidente di Carige spa Giovanni Berneschi, il palazzinaro romano Francesco Gaetano Caltagirone suocero del boss dell'Udc Casini, l'europarlamentare del Pdl Vito Bonsignore, Gianni Zonin e Divo Ronchi, all'epoca dei fatti manager di Banca Popolare Vicenza. Fra gli indagati ci sono anche 14 società tra cui Unipol, Banca Popolare Vicenza, Banca Carige, Banca Popolare Emilia Romagna, Hopa, Nomura, Deutsche Bank, Credit Suisse International. 14 gennaio 2009 |