Dichiarazione del ministro degli Esteri D'Alema: "l'Ue deve diventare un attore globale" "Occorre mettere a disposizione dell'ONU una vera forza di reazione rapida" Per "esistere" l'Europa deve "proiettarsi all'esterno", come ha iniziato a fare con la missione in Libano, e a questo scopo occorre che si doti di una vera forza di reazione rapida. È questo il concetto su cui il ministro degli Esteri Massimo D'Alema va insistendo da qualche tempo in tutte le occasioni, per cercare di capitalizzare il "successo" del governo di cui fa parte, della Ue e suo personale nell'aver saputo sfruttare la crisi libanese per far mettere all'Italia e all'Europa un piede armato in quella regione strategica del Medio Oriente. Lo ha ribadito di recente anche in un suo intervento all'Istituto universitario europeo di Fiesole (Firenze), il 25 ottobre scorso, con un lungo discorso che ha ripetuto in forma più sintetica anche in una lettera al quotidiano portavoce dell'Unione, "La Repubblica", pubblicata nell'edizione del 27 ottobre. Partendo dal cinquantenario del progetto dell' Unione europea che si compirà nel marzo prossimo, e dai segnali di crisi che rischiano di minarne il futuro, tra cui le divisioni sull'intervento in Iraq e la bocciatura del trattato costituzionale nei referendum in Francia e Olanda, D'Alema afferma che occorre dare "una seconda occasione all'Europa", cioè far ripartire questo progetto. Come? "Una prima condizione - scrive il titolare della Farnesina - è che venga colto il cambiamento strategico in atto. Nel mondo anarchico ma interdipendente di oggi, l'Europa riuscirà a rispondere alle preoccupazioni di fondo dei suoi cittadini - occupazione e sicurezza - solo diventando un attore globale". In altre parole, secondo questo rinnegato, il rimedio alle discordie interne tra i governi, che poi sono il riflesso delle contraddizioni intercapitalistiche ed interimperialistiche tra i rispettivi Stati, e la crisi di credibilità delle istituzioni europee evidenziata dai referendum, sarebbe quello di puntare ancor di più sul rafforzamento dell'imperialismo Ue e sulla sua capacità di espansione globale, sfruttando per questo i conflitti nelle aree di instabilità che non mancano di certo nel mondo. "Nel mezzo secolo scorso - prosegue infatti D'Alema - l'Europa è stata costruita sull'integrazione interna, dal mercato unico alla moneta; nel prossimo mezzo secolo, l'Europa esisterà solo se saprà proiettarsi all'esterno. Da questo punto di vista, la missione in Libano ha costituito un segno di risveglio positivo. Ma in quanto tale insufficiente se gli Stati nazionali europei non prenderanno fino in fondo coscienza della realtà: restando divisi nel mondo rischiano tutti l'irrilevanza, piccoli o grandi che siano". Quindi il futuro dell'Europa sta nell'espansionismo di superpotenza e nella partecipazione agli interventi militari nei vari teatri di guerra nel mondo, a fianco e in concorrenza, a seconda dei casi, con l'imperialismo egemone per antonomasia, quello a stelle e strisce. E il capofila dei rinnegati lo teorizza ormai tranquillamente e senza nemmeno più bisogno di ricorrere a perifrasi e sottintesi come fino a qualche tempo fa. Da questo punto di vista la crisi libanese è stata una vera manna, per sdoganare anche a livello ideologico la vocazione imperialista sia dell'Italia che della Ue, al punto che anche la "sinistra radicale" (leggi i falsi partiti comunisti PRC e PdCI), i Verdi e certe organizzazioni pseudo-pacifiste, hanno ormai accettato in pieno e con entusiasmo la politica interventista ed espansionista propugnata da D'Alema, tanto da considerarlo una sorta di "Cavour rosso" che ha ridato "dignità" alla politica estera italiana ed europea e rilanciato "prospettive di pace" in Medio Oriente. D'Alema non esita a proporre, tra le misure atte a rafforzare il peso politico ed economico dell'imperialismo europeo a livello globale, quali una politica di sicurezza energetica e una politica concertata e unitaria dell'Europa in seno al Consiglio di sicurezza dell'Onu e nel Fondo monetario internazionale e nella Banca mondiale, anche la messa a disposizione, nel quadro della forza militare permanente dell'Onu, di una Forza di reazione rapida europea. In questo modo, secondo il disegno del ministro degli Esteri italiano, l'Europa potrebbe affiancare, se non cominciare a sostituire gradualmente, gli Stati Uniti nel ruolo di gendarme internazionale, e ritagliarsi con ciò il suo spazio egemonico sul mappamondo. E l'Italia? Ovviamente nel disegno espansionista europeo del "nuovo Cavour" dovrebbe avere un ruolo di primo piano, grazie anche alle credenziali che nella sua visione si sarebbe guadagnata ospitando la conferenza di Roma sulla crisi libanese, assumendo il comando delle truppe dislocate nel sud del Libano e svolgendo di fatto il ruolo di ricucitura dell'alleanza strategica tra gli Usa e l'Europa. "L'Europa andrà a più velocità; il punto - sottolinea D'Alema - è che vada sulla stessa strada. Lo scenario ideale, per lo sviluppo dell'Unione, è che un nucleo trainante di paesi - fra cui il nostro - faccia parte di tutte le forme di cooperazione o integrazione ulteriori: nelle politiche di sicurezza interna, ad esempio, nella politica estera e di difesa". Dove sta, allora, la differenza con la politica estera espansionista, militarista e guerrafondaia di Berlusconi? L'unica differenza è che quest'ultimo la portava avanti poggiando più sull'alleanza stretta con gli Usa che sull'Europa, mentre, come emerge dalla strategia di D'Alema, il governo dell'Unione la vuol porta avanti nell'ambito della superpotenza europea, pur lavorando per smussare i contrasti Europa-Usa e rinsaldare i legami transatlantici. 8 novembre 2006 |