Dal Molin: un avamposto Usa per le offensive militari in Medio Oriente Il 17 gennaio scorso, a proposito dell'allargamento della base Usa di Vicenza, Romano Prodi nega spudoratamente l'evidenza: "Non ne sapevamo nulla, il vecchio governo non ci ha informato". Niente di più falso. Vediamo di ricostruire il tutto. Il progetto è quello di ampliare la caserma già esistente a Vicenza, la Ederle, dalla quale già nel marzo 2003 partirono i primi parà per l'aggressione imperialista all'Iraq e prevede la costruzione di una nuova base utilizzando l'area civile dell'ex aeroporto Dal Molin a nord del comune di Vicenza. Ciò permetterebbe la riunificazione a Vicenza della 173ª brigata aerotrasportata Airborne (la 173rd Brigade Combat Team) con l'arrivo di altri 1.600 militari più i civili, ora dislocati in parte ad Aviano (Pordenone) e in parte in Germania (Bamberga e Schweinfurt), con le relative famiglie. Nei piani Usa la 173ª Brigata sarà un'unità d'assalto, con caratteristiche esclusivamente offensive e sarà la più potente unità americana fuori dai confini degli Stati Uniti. In sostanza, essa sarà l'unica unità di intervento rapido americano in Medio Oriente, Iran incluso. Sarà un'unità non inquadrata in una divisione perché dovrà essere dotata di grande flessibilità e a seconda delle missioni gli dovrà essere affiancata in tempi rapidi la massima forza disponibile per raggiungere gli obiettivi. Insomma, la nuova base di Vicenza riveste per gli Usa un ruolo strategico importantissimo per i futuri assetti militari mondiali. Se ne comincia a parlare un paio di anni fa. È il marzo 2005 quando il comandante delle forze armate Usa in Europa, generale James L. Jones, parla dinanzi al Senato americano per farsi approvare i finanziamenti. E annuncia: "Abbiamo piani per espandere impianti e infrastrutture nell'area di Vicenza". Il progetto dunque c'è già e pure la disponibilità dell'Italia attraverso un accordo segreto tra il precedente governo Berlusconi e il sindaco forzista di Vicenza, Enrico Hullweck. In Italia diventa pubblico solo nel maggio 2006 e sono gli stessi statunitensi a illustrarlo al consiglio comunale vicentino il 26 maggio. Costo circa 800 milioni di euro, le planimetrie mostrano le "suite residenziali" per militari e famiglie, i centri commerciali e le palestre, le linee telefoniche ed elettriche, le scuole e una mensa per 1.300 persone. Un "progetto devastante" lo giudicano gli abitanti di Vicenza e dei comuni vicini, sia da un punto di vista ambientale, che da quello sociale ed economico. Il governo Prodi nel frattempo si è già insediato. Partono le prime interrogazioni parlamentari a cui rispondono il vicepremier Francesco Rutelli, il 31 maggio, e il ministro per i Rapporti con il parlamento Vannino Chiti, il 6 luglio, e persino lo stesso Prodi il 26 luglio. Secondo la versione governativa la "disponibilità", non meglio precisata, del vecchio governo Berlusconi "ha certamente alimentato e dato fondamento ad aspettative nella controparte statunitense in relazione alla fattibilità dell'operazione" come precisa il ministro della Difesa Arturo Parisi in una lettera inviata a dieci parlamentari PRC e Verdi lo scorso 26 luglio. Fatto sta che nessuno ha pensato di freddare le aspettative statunitensi. Tant'è vero che non solo già a maggio avevano pronto un dettagliato progetto ma nel mese di luglio, dopo una riunione al ministero della Difesa, confermata dallo stesso Parisi, hanno dato il via sull'intera area ai "carotaggi", preliminari all'inizio dei lavori. E ciò nonostante che Prodi il 26 luglio a Montecitorio abbia rassicurato i parlamentari che il sì al progetto era subordinato "a uno specifico piano di transizione (al momento in elaborazione)". Dopo un continuo rimpallo di responsabilità tra governo e comune di Vicenza, il 26 ottobre 2006 il consiglio comunale vicentino, nonostante la montante protesta della popolazione e la richiesta di indire un referendum comunale consultivo, si esprime a maggioranza risicata (21 a 17) a favore della nuova base. La patata bollente ripassa al governo Prodi che alla fine esce allo scoperto e approva il progetto senza alcun voto parlamentare e smentendo clamorosamente lo stesso programma elettorale dell'Unione secondo cui "ogni azione di grande impatto sul territorio sarà sempre presa nel rispetto dell'opinione delle popolazioni locali". In realtà il governo Prodi ha dato il suo assenso convinto al progetto guerrafondaio Usa fregandosene della piazza e della montante protesta delle masse vicentine e italiane. Proprio come aveva fatto prima di lui Berlusconi. 25 gennaio 2007 |