Gli "aiuti" dell'Eurogruppo alla Grecia li pagano le masse popolari Il debito va azzerato Nella notte tra lunedì e martedì 27 novembre, dopo oltre tredici ore di riunione, l'Eurogruppo (ossia i ministri dell'Economia e delle Finanze della zona euro) ha raggiunto l'accordo con la troika (Commissione europea, Banca centrale europea e Fondo monetario internazionale) sulle misure di politica economica e sulle riforme da adottare nei prossimi anni per rendere "sostenibile" il debito greco. L'accordo rappresentava la precondizione necessaria richiesta dalla troika per dare il via libera formale all'erogazione dei 44 miliardi di euro necessari per salvare il paese dalla bancarotta. Per avere il via libera alla terza tranche di aiuti, la Grecia ha però dovuto aspettare il terzo vertice dell'Eurogruppo che ha sbloccato le trattative saltate due volte in meno di due settimane, a causa delle divergenze sorte tra Fmi ed Eurozona. Le autorità europee erano divise sulle misure da prendere per colmare il fabbisogno di finanziamento in Grecia e sull'effettiva sostenibilità del debito ellenico, dinnanzi al dato del Pil (-7.2%) e un'economia crollata del 22% in cinque anni, nonostante i tagli selvaggi e la macelleria sociale imposte alla Grecia dalla troika. Se l'Eurogruppo si diceva disposto a concedere due anni in più di tempo per riportare il rapporto deficil-Pil al 120%, il Fondo monetario internazionale si opponeva, pretendendo che fosse rispettata la scadenza del 2020. Le differenze di vedute fra Germania, Bce e Fmi riguardavano un'eventuale ristrutturazione del debito greco, opzione respinta dalla Merkel che chiedeva un accordo circoscritto ai prossimi due anni. Solo quando la Grecia avesse cioè raggiunto l'avanzo primario (ossia la somma disponibile per pagare gli interessi sul debito pubblico), il che le avrebbe furbescamente consentito di dare il via a ulteriori misure di assistenza solo dopo le prossime elezioni tedesche. Il premier Samaras, leader del partito di destra ND, davanti all'impasse delle autorità europee, ricordava loro che il Parlamento greco aveva dato il via libera alle nuove misure di rigore, condizione richiesta dalla troika in cambio degli aiuti. "La Grecia" ribadiva "ha fatto quello che doveva e ora i nostri partner, tra cui il Fondo monetario internazionale, continuino con ciò che hanno iniziato". È stata proprio l'obbedienza del governo greco che si è letteralmente calato le braghe di fronte alle pretese della troika, che ha permesso di sbloccare le trattative. Come conferma Olli Rehn, Commissiario Ue per gli affari economici: "È chiaro che l'accordo di oggi è stato reso possibile perché la Grecia ha dimostrato serietà sulla riforma" e "ha mantenuto i suoi impegni". Il faticoso accordo L'accordo faticosamente raggiunto il 27 novembre a Bruxelles e salutato dal primo ministro greco come "l'alba di un nuovo giorno" per la Grecia, ha prodotto un corposo pacchetto di misure e condizionalità. In primis, come voluto dall'Fmi, non vi saranno dilazioni nella ristrutturazione del debito greco. Ridotto di quattro punti percentuali (dal 120% al 124%) il livello del debito che la Grecia dovrà raggiungere entro il 2020 attraverso una serie di misure che comprendono: riduzione di cento punti base (ossia un punto percentuale) dei tassi di interesse sui prestiti bilaterali, estensione di 15 anni alla scadenza dei prestiti da altri Paesi e una moratoria di dieci anni sui tassi di interesse dei prestiti del Fondo salva stati (Fesf). Il 13 dicembre, sarà versata la prima tranche di aiuti, pari a 34,4 miliardi di euro, di cui 24 miliardi destinati alle banche greche che li useranno per ripagare gli istituti di credito stranieri mentre oltre 10 miliardi saranno erogati per finanziarie l'Erario. La somma restante verrà consegnata in altre tranche nel primo trimestre 2013, a patto che le autorità greche obbediscano agli impegni previsti dall'accordo con la troika. L'Eurogruppo ha deciso inoltre di intervenire sui profitti realizzati dalle banche centrali nazionali e dalla Bce. Gli stati creditori verseranno in un conto bloccato le plusvalenze che questi avevano realizzato con l'acquisto massiccio di titoli governativi greci a prezzi stracciati che, in un grande circolo vizioso, saranno usati dalla Grecia per rimborsare i suoi creditori. L'Fmi ha invece precisato che non erogherà la prossima tranche di salvataggio alla Grecia fino a quanto il Paese non avrà effettuato l'operazione del buy-back, ossia il riacquisto delle sue obbligazioni che dovrebbe beneficiare le banche greche grazie allo scambio del debito ellenico sul mercato a un prezzo inferiore al valore nominale. Ma cosa ha promesso il governo greco in cambio degli "aiuti"? Come evidenzia il comunicato conclusivo dell'Eurogruppo, gli "aiuti" saranno erogati solo se la Grecia avanzerà con le "riforme" strutturali, a partire dalla "riforma" del sistema fiscale a gennaio. Ovvero se il governo di Samaras garantirà che l'antipopolare terzo Memorandum, il nuovo pacchetto di austerità e liberalizzazioni approvato dal parlamento greco lo scorso 7 novembre per incassare gli aiuti della Ue, verrà effettivamente implementato. A pagare saranno i lavoratori e le masse Il governo Samaras è così riuscito a evitare la bancarotta, caricando interamente il peso del debito pubblico sulle spalle dei lavoratori e delle masse popolari, costrette a subire tagli pesantissimi fra i quali la totale abolizione della tredicesima e quattordicesima per i lavoratori greci, nuovi tagli al salario minimo (ridotto a 586 euro mensili), riduzione della buonuscita per i lavoratori licenziati senza preavviso, innalzamento dell'età pensionabile, riduzione delle pensioni, azzeramento di bonus per le festività e cassa integrazione per almeno 25 mila dipendenti pubblici entro un anno. Misure di lacrime e sangue alle quali i lavoratori greci si sono combattivamente opposti occupando gli uffici comunali e regionali del Paese per impedire la compilazione delle liste degli impiegati destinati alla mobilità e scioperando contro uno Stato che non riesce più a garantire nemmeno i medicinali. È evidente come gli "aiuti" concessi alla Grecia dall'Eurogruppo non serviranno affatto a "salvare il Paese" come afferma Samaras, quanto piuttosto a salvare gli usurai. I dati parlano chiaro, la creazione di liquidità servirà unicamente a salvare le banche e metterle in condizione di continuare la speculazione mentre non un centesimo andrà alle masse popolari greche ridotte ormai alla miseria. Come sembra improbabile l'obiettivo di raggiungere l'incredibile cifra di un avanzo primario del 4,5% del Pil nel 2016. Il governo greco dovrebbe recuperare 13 punti di Pil di cassa e costringere le masse popolari a pesantissimi sacrifici da sostenere per i prossimi undici anni. Perfino l'agenzia di rating statunitense Moody's ritiene che "non sia realistico prevedere che gli obiettivi che sono stati accettati dalla Grecia possano essere raggiunti senza derive". Se da un lato l'accordo risulta insufficiente per risolvere il problema del debito greco dall'altro graverà sulle spalle delle masse popolari dei paesi in crisi come l'Italia che per "aiutare" la Grecia dovrà sborsare tra i 31 e i 47 miliardi di euro che andranno a gravare ulteriormente sul nostro debito pubblico. L'unica soluzione è quella di azzerare il debito che costringe le masse popolari greche e quelle dei paesi più poveri e in difficoltá a sopportare misure di lacrime e sangue e a farsi carico di un debito pubblico creato dagli stessi meccanismi che regolano il sistema monetario capitalistico, dai privilegi delle istituzioni borghesi e da operazioni finanziarie azzardate, con la complicità dei lobbisti dei grandi monopoli privati e del rating. 5 dicembre 2012 |