Le decisioni dei 700 delegati all'Assemblea nazionale di "Rete 28 Aprile" a Milano No al sindacato unico, no alla "riforma" Cgil, Cisl, Uil sulla contrattazione Contro il salario-produttività. Lotta a flessibilità, precarietà, privatizzazioni. Centralità del pubblico. Appello a "Lavoro e Società" e Fiom per rafforzare l'opposizione in Cgil Al congresso Cgil con un documento alternativo L'annunciata Assemblea nazionale di "Rete 28 Aprile" si è svolta il 14 marzo presso la Camera del Lavoro di Milano con un successo di partecipazione ben al di là delle previsioni. Gli organizzatori parlano della presenza di 700 delegati provenienti un po' da tutte le categorie e da tutta Italia. Molti i temi posti in discussione: dalla moderazione salariale che ha prodotto una gigantesca redistribuzione a favore della rendita e dei profitti, alla richiesta di Confindustria di subordinare il salario alla produttività; dalle flessibilità alla precarietà che distrugge diritti e dignità dei lavoratori; dalla proposta dei confederali di "riforma" della contrattazione che porta allo smantellamento del contratto nazionale, alla lotta alle privatizzazioni per riproporre la centralità del pubblico. Ancora, dal bilancio negativo per i lavoratori e il sindacato dei due anni di governo del "centro-sinistra" all'accentuarsi della burocratizzazione e perdita di autonomia di Cisl e Uil ma anche di Cgil; dalla nascita del PD allo sviluppo di un processo di costituzione di un sindacato unico ad esso conforme. Infine le iniziative per rafforzare e radicare la Rete e l'impegno a presentare un documento alternativo nel prossimo congresso della Cgil. Temi che hanno trovato più spazio e sistematicità nella relazione introduttiva tenuta da Giorgio Cremaschi, della segreteria nazionale della Fiom e attuale leader della Rete, ma che sono stati ripresi e trattati secondo le rispettive esperienze, nei tanti interventi che hanno fatto seguito: Stefano Castigliego della Fincantieri di Porto Marghera, Dino Greco della Fiom di Brescia, i delegati della Terim e quello di Nokia, Felice De Feo della Natuzzi. Vi sono stati delegati che per mancanza di tempo hanno dovuto rinunciare a pronunciare il proprio intervento. Successo di partecipazione Cremaschi è partito dalla denuncia dei bassi salari e della ingiusta redistribuzione a favore dei profitti e delle rendite e ha detto basta alla moderazione salariale che da vent'anni caratterizza la politica di tutti i gruppi dirigenti sindacali. Contemporaneamente no al salario-produttività, flessibilità, merito, ecc., "cioè all'idea che per migliorare i salari i lavoratori debbano ancora peggiorare la loro condizione, fare più sacrifici, lavorare di più". Perciò rivendica un aumento delle retribuzioni "per tutte e tutti", del trasferimento di una quota dei profitti e delle rendite ai salari. No allo scambio tra condizioni di lavoro e salario, insiste il relatore, cioè la salute, la sicurezza, le flessibilità orarie. Siamo di fronte a "un nuovo autoritarismo" padronale che "nel nome del merito e dell'efficienza sta aggredendo diritti e libertà fondamentali". Stesso discorso per la precarietà "strumento per imporre a chi lavora di accettare condizioni, di subire sopraffazioni, che se fosse più garantito non accetterebbe". "L'aumento dei salari reali, il miglioramento delle condizioni di lavoro, la lotta alla precarietà e alla flessibilità, la riconquista di un sistema di servizi pubblici e di garanzie sociali adeguati, vengono prima di tutto, sono le nostre compatibilità e sono in totale conflitto con le scelte attuali delle imprese e con la politica economica dominante". È questa la posizione della Rete sulla contrattazione, sintetizza Cremaschi. Occorre "costruire una piattaforma complessiva sul terreno dello stato sociale, dei diritti di cittadinanza, delle garanzie di reddito e di lavoro, sulle pensioni, la sanità, la scuola". Una piattaforma che assuma la centralità del pubblico, contro le privatizzazioni di servizi e stato sociale che "hanno distrutto ricchezza del paese senza produrre alcunché". Cremaschi critica il candidato leader del PD Veltroni per il quale l'antagonismo tra le classi è un residuo anacronistico del passato mentre predica la "collaborazione tra imprese e lavoro" e un tipo di sindacato che la pratichi; critica l'ideologia "della pacificazione sociale" e la tendenza a far credere che "la lotta non paga". Questa premessa serve al relatore per respingere "tutto l'impianto del documento di Cgil, Cisl e Uil sulla contrattazione" perché "prosegue sulla via indicata dal protocollo sul welfare" ovvero la riduzione dei costi dello straordinario e il privilegio fiscale per il salario variabile; perché "porta al progressivo smantellamento del contratto nazionale e non rilancia affatto la contrattazione aziendale, ma propone solo più spazi e unilateralità del padrone"; perché non è stato discusso né approvato dai lavoratori. Consultazione che viene chiesta ma su due proposte alternative. "Da un lato la 'devolution' contrattuale, dall'altro la nostra proposta che punta al rafforzamento del contratto nazionale". Sulla "questione centrale della democrazia sindacale" ci sono tre richieste. Il diritto dei lavoratori a votare sulle piattaforme e gli accordi; il diritto dei lavoratori ad eleggere rappresentanze in tutti i luoghi di lavoro senza privilegi per nessuno, con l'abolizione della quota di 1/3 di delegati dati d'ufficio alle confederazioni sindacali; il diritto alla partecipazione dei lavoratori nelle scelte del sindacato. Si tratta di misure tanto più necessarie considerando la profonda burocratizzazione che ha caratterizzato l'attività sindacale, "compresa quella nella Cgil". Evidenziata nei due anni di governo di "centro-sinistra" assai "negativi per il sindacato e i lavoratori: le leggi del governo Berlusconi non sono state toccate; non c'è stata alcuna redistribuzione della ricchezza; è cresciuta la sfiducia sulle possibilità di cambiamento. Non solo la Cisl e la Uil, ma anche la Cgil si è mossa nella logica del "governo amico" teorizzando che le richieste sindacali dovevano tenere conto anche della "compatibilità politiche". Perdendo in autonomia. Di più, riesumando il collateralismo "che c'è di fatto tra la parte preponderante del gruppo dirigente della Cgil e il Partito Democratico". No al sindacato egemonizzato dal PD Nella relazione si avverte il pericolo di riproporre "a livello sindacale il processo che ha portato alla fusione tra DS e Margherita" e quindi "costruire la confederazione sindacale affine al Partito Democratico". La Rete è per l'indipendenza del sindacato dai padroni, dai governi e dai partiti, e ciò "oggi vuol dire lotta per l'indipendenza della Cgil dal Partito Democratico. Siamo contrari - continua - ad un processo costituente che porti a un sindacato unico, egemonizzato dalla cultura del Partito Democratico che qualcuno ha chiamato 'costruzione della grande Cisl'". La risposta a tutto questo è l'invito a "promuovere e partecipare alla costruzione dentro la Cgil di una forza di massa, che unisca tutte e tutti coloro che in questi anni si sono opposti alla concertazione alla moderazione sindacale". Da qui l'indicazione di organizzare un'opposizione che "sia in grado ovunque di essere visibile e riconoscibile, provincia per provincia categoria per categoria, costituendo a questo scopo l'Area programmatica Rete 28 Aprile". Di qui l'impegno a presentare "al prossimo congresso una mozione globalmente alternativa alle posizioni dell'attuale maggioranza confederale". C'è l'invito a "tutte le altre forze della sinistra sindacale" ad unirsi in questa battaglia. In particolare c'è la richiesta a "Lavoro e Società" a compiere questa scelta visto che "ha esaurito la sua funzione di corrente critica della maggioranza". Stessa richiesta è rivolta alla Fiom che "se scegliesse di schierarsi all'opposizione rispetto alla linea concertativa della Cgil, questo produrrebbe un fatto senza precedenti nella vita del nostro sindacato". Molte cose sopra riportate sono condivisibili. C'è perciò la conferma di quanto già detto e deciso in passato. E cioè che la "Rete 28 Aprile" rappresenta attualmente la componente sindacale in Cgil più adatta e più favorevole per svolgere il lavoro sindacale da parte dei militanti e simpatizzanti del nostro Partito verso gli operai e i lavoratori. Un lavoro leale e attivo di fronte unito per tutte le cose che condividiamo, che però abbia la seguente caratterizzazione: l'applicazione della linea sindacale del Partito; la costruzione della Corrente sindacale di classe; il perseguimento del nostro modello di sindacato, ossia il sindacato delle lavoratrici e dei lavoratori fondato sulla democrazia diretta e sul potere sindacale e contrattuale all'Assemblea generale dei lavoratori. 26 marzo 2008 |