Dell'Utri condannato a 7 anni per concorso esterno alla mafia La Corte d'appello respinge la richiesta di arresto Ha mediato tra la mafia e Berlusconi Il 25 marzo l'ex senatore del PDL Marcello Dell'Utri è stato condannato in appello dal tribunale di Palermo a sette anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa. Il procuratore generale (pg), Luigi Patronaggio, ha chiesto anche l'arresto immediato evidenziando il pericolo di fuga del condannato Dell'Utri ma la richiesta è stata respinta dalla Corte. La sentenza di condanna contro il braccio destro del neoduce Berlusconi e cofondatore di Forza Italia poi divenuta PDL, giunge ben 17 anni dopo l'avvio delle prime indagini avviate nel 1994 dalla Procura di Palermo e sfociate nell'ottobre del 1996 nel rinvio a giudizio. Il primo processo, apertosi il 5 novembre del 1997 davanti al Tribunale di Palermo presieduto da Leonardo Guarnotta, è durato sette anni e si è concluso l'11 dicembre del 2004 con la condanna dell'imputato a nove anni per concorso esterno in associazione mafiosa, più due anni di libertà vigilata, l'interdizione perpetua dai pubblici uffici e il risarcimento per le parti civili, il Comune e la Provincia di Palermo che ammontano rispettivamente all'"iperbolica" cifra di 7.800 e 3.500 euro. "Vi è la prova - si legge nelle motivazioni della sentenza del 2004 poi annullata - che Dell'Utri ha promesso alla mafia precisi vantaggi in campo politico e, di contro, vi è la prova che la mafia, in esecuzione di quella promessa, si è vieppiù orientata a votare per Forza Italia nella prima competizione elettorale utile e, ancora dopo, si è impegnata a sostenere elettoralmente l'imputato in occasione della sua candidatura al Parlamento europeo nelle file dello stesso partito, mentre aveva già grossi problemi da risolvere con la giustizia perché era in corso il dibattimento di questo processo penale". Una verità storica che però fu stravolta in secondo grado il 29 giugno 2010 dalla prima Corte di Appello, presieduta da Claudio Dall'Acqua. La pena fu ridotta a soli 7 anni, a fronte degli 11 anni richiesti dal procuratore generale Antonio Gatto, mentre i giudici ritennero provati solo i rapporti tra Dell'Utri e la mafia fino al 1992 e scandalosamente lo assolsero per tutti i fatti successivi. Tutto ciò in presenza di un impianto accusatorio inattaccabile e confermato dalla stessa Corte secondo cui Dell'Utri ha fatto da mediatore tra Cosa nostra e Silvio Berlusconi tanto da far assumere come "stalliere" ad Arcore il boss Vittorio Mangano, morto di cancro in carcere. Non solo. La prima sentenza d'Appello fu di fatto annullata con rinvio il 9 marzo 2012 dalla Cassazione che accolse il ricorso della difesa di Dell'Utri confermando l'assoluzione per tutte le accuse successive al 1992 che chiamavano in causa direttamente il neoduce Berlusconi e per le quali il giudizio è diventato ormai definitivo. La quinta sezione penale della Suprema Corte, presieduta da Aldo Grassi, nelle motivazioni depositate il 24 aprile successivo,aveva spiegato che risulta "probatoriamente dimostrato" il comportamento di Dell'Utri "di rafforzamento dell'associazione mafiosa fino a una certa data, favorendo i pagamenti a Cosa nostra di somme non dovute da parte di Fininvest. Tuttavia va dimostrata l'accusa di concorso esterno per il periodo in cui il senatore di Forza Italia lasciò Fininvest per andare a lavorare per Filippo Alberto Rapisarda, tra il 1977 e il 1982". Su questo aspetto, la Cassazione aveva disposto un nuovo giudizio davanti a una diversa sezione della Corte di Appello di Palermo presieduta da Raimondo Lo Forti. Il processo d'Appello bis si era aperto il 18 luglio del 2012, e il 18 gennaio scorso il pg Patronaggio aveva chiesto la conferma della pena di sette anni per Dell'Utri. Nella requisitoria che ha preceduto la sentenza, Patronaggio ha detto anche che "Marcello Dell'Utri, permettendo a Cosa nostra di 'agganciare' Silvio Berlusconi, ha consentito alla mafia di rafforzarsi economicamente, di ampliare i suoi interessi, il suo raggio d'azione, di tentare di condizionare scelte politiche governative in relazione al successivo ruolo politico assunto da Berlusconi... Questa condotta - ha ribadito il Pg - è stata perpetrata dall'imputato coscientemente, conoscendo e condividendo il metodo mafioso dell'organizzazione, perseguendo il fine personale del rafforzamento della sua posizione all'interno delle varie aziende e iniziative di Silvio Berlusconi". Ma non è finita. Perché su tutto ciò ora si allunga sempre più minacciosa l'ombra della prescrizione che potrebbe presto diventare un'amara realtà se la Cassazione non si pronuncia entro il 2014. Non a caso Dell'Utri ha ironizzato: "Se dovesse arrivare l'assoluzione per prescrizione direi come Andreotti: sempre meglio di niente. È una possibilità - ha detto - staremo a vedere. I calcoli li fanno gli avvocati e i giornalisti. Io attendo". 3 aprile 2013 |