Come voleva il presidente della Repubblica Napolitano In parlamento destra e "sinistra" votano per la guerra imperialista alla Libia Così la "sinistra" parlamentare rafforza il governo del neoduce Berlusconi, pur dicendo di volerlo cacciare Come chiesto ripetutamente e con forza dal presidente della Repubblica e capo delle forze armate interventiste, Napolitano, il parlamento nero del regime neofascista ha ratificato con "un'ampia maggioranza bipartisan" l'entrata in guerra dell'Italia contro la Libia. La votazione si è svolta prima al Senato il 23 marzo e il giorno dopo alla Camera, ma il parere favorevole del parlamento alla guerra imperialista era già stato espresso a tambur battente e quasi all'unanimità il 18 marzo dalle commissioni riunite Esteri e Difesa di Camera e Senato, subito dopo la riunione del Consiglio dei ministri che aveva fatto propria la risoluzione 1973 dell'ONU, mettendo a disposizione le basi e le forze armate italiane per l'attacco della coalizione imperialista che sarebbe stato scatenato il giorno successivo. In quella seduta delle due commissioni congiunte era stato approvata infatti una risoluzione, prima firmataria la sionista Fiamma Nirenstein per il PDL, ma sottoscritta anche dal gruppo dei "responsabili" mercenari che fanno da stampella al governo, nonché da PD, UDC, FLI e API per l'"opposizione". Tale documento, che accoglieva la risoluzione del Consiglio di sicurezza dell'ONU, impegnava il governo "ad adottare ogni iniziativa per assicurare la protezione delle popolazioni della regione" e ad "assicurare che l'Italia partecipi attivamente con gli altri paesi disponibili, ovvero nell'ambito delle organizzazioni internazionali di cui il Paese è parte" alle suddette iniziative, "ivi compresa la concessione in uso di basi sul territorio nazionale". In pratica dava il via libera all'intervento militare dell'Italia a fianco della "coalizione dei volenterosi" e/o della NATO per l'aggressione imperialista e neocolonialista alla Libia sotto l'ombrello "legale" fornito dalle Nazioni Unite con il pretesto della protezione delle popolazioni civili. A quella prima votazione "bipartisan" non aveva partecipato in segno di scontento la Lega, ma non certo perché contraria alla guerra in sé, bensì perché avrebbe voluto condizionare il suo appoggio all'intervento all'adozione di misure militari atte a fermare il flusso dei profughi verso l'Italia, come un blocco navale davanti alle coste del nord Africa e la compartecipazione degli altri paesi della coalizione ad assorbire quote di profughi, nonché alla difesa dei "nostri interessi nazionali" pretendendo di far valere il rispetto degli accordi economici sottoscritti con la Libia di Gheddafi prima dell'intervento. Si arrivava così al paradosso che mentre il secondo partito del governo Berlusconi si dissociava dalla maggioranza, il maggior partito di "opposizione", il PD, lo sostituiva nel tenere in piedi questo stesso governo neofascista in nome dell'unità della nazione in guerra! Un comportamento vergognoso che il suo segretario Bersani confermava dichiarando il sostegno ufficiale del suo partito all'intervento militare "nei limiti della risoluzione delle Nazioni Unite"; che in realtà non pone alcun limite alle azioni di guerra della coalizione in Libia ad eccezione dell'occupazione militare del Paese. Anzi, senza temere il ridicolo, il leader dei rinnegati calzava l'elmetto e montava in cattedra ammonendo il governo a "non pensare di essere davanti a una partita di calcio, in cui ognuno fa lo stratega", perché "questa è una cosa seria, la conduciamo seriamente da paese serio" (sic)! Un disgustoso balletto "bipartisan" Ciononostante la dissociazione della Lega, la confusione nel governo con dichiarazioni contraddittorie sull'effettiva partecipazione o meno dell'aviazione italiana ai bombardamenti, i "ripensamenti" di Berlusconi che confidava a Bossi di essere stato "trascinato" suo malgrado nell'intervento e si dichiarava "addolorato" per l'amico Gheddafi, ecc., rappresentavano un problema serio per il proseguimento dell'impegno italiano a cui mettere riparo, tanto da spingere Napolitano a sollecitare un più impegnativo passaggio parlamentare con un voto di Camera e Senato e possibilmente ad ampia maggioranza. È partita così una frenetica mediazione tra Berlusconi e Bossi da una parte e tra governo e "opposizione" dall'altra sotto l'egida del nuovo Vittorio Emanuele III, per riavvicinare al massimo le posizioni prima del voto in aula. Anche se poi l'operazione non è riuscita al cento per cento, quel che è avvenuto a Palazzo Madama il 23 marzo e a Montecitorio il 24 è quanto di più disgustoso le cronache parlamentari abbiano mai offerto in fatto di inciuci tra la destra e la "sinistra" del regime neofascista. Non si è arrivati a votare una risoluzione comune come avrebbe voluto il PD, che al Senato ha riproposto la stessa votata dalle commissioni riunite Esteri e Difesa, e alla Camera l'ha addirittura presentata insieme a UDC, FLI e API; non ci si è potuti arrivare perché alla Lega quella non poteva bastare, e infatti ha ottenuto di inserire nella risoluzione della maggioranza le sue condizioni per stoppare l'arrivo dei profughi, misure che a loro volta non potevano essere accettate così tout-court dall'"opposizione", stanti i "mal di pancia" e i mugugni che cominciavano ad affiorare anche in qualche parlamentare del PD. Ma l'inciucio c'è stato lo stesso in altre forme: al Senato attraverso la reciproca astensione, non partecipando al voto, sui documenti PDL-Lega e PD. E questo solo perché non è riuscito il tentativo di voto "bipartisan" offerto dalla capogruppo piddina Finocchiaro, che aveva proposto di votare una risoluzione comune di semplice approvazione della relazione del ministro degli Esteri Frattini; così come non era riuscito un tentativo analogo del governo, nonostante avesse addirittura assorbito la risoluzione del PD all'interno della propria. Scambio di favori tra guerrafondai Alla Camera, poi, si è fatto ancora di peggio, dato che da una parte l'"opposizione", grazie al giochino ormai ben collaudato delle provvidenziali assenze tra le sue file, ha consentito al governo di salvarsi nella votazione sulla sua risoluzione, che è passata per soli due voti; mentre dall'altra la maggioranza ha detto sì anche alla risoluzione congiunta presentata da PD e Terzo polo, che è stata approvata praticamente all'unanimità con 547 voti, a rappresentare simbolicamente l'unità del parlamento di guerra tanto accoratamente invocata da Napolitano. Non a caso il rinnegato del Quirinale ha subito espresso il suo compiacimento, dichiarando alla stampa dopo la cerimonia alle Fosse Ardeatine, che "nel parlamento si è espressa, pur nella diversità delle posizioni, una convergenza fondamentale", una convergenza "molto significativa e importante, pienamente dentro la Carta delle Nazioni Unite". C'è solo da aggiungere che Berlusconi non si è nemmeno presentato in parlamento, facendosi rappresentare da Frattini e La Russa, a sentir lui perché troppo impegnato in una faticosa ma importante opera di "mediazione" per risolvere il conflitto. Assenza per la quale si è beccato del "coniglio" da parte di Di Pietro. Sta di fatto, però, che alla fine dei conti il suo governo è uscito rafforzato e legittimato nella sua politica interventista e guerrafondaia. Ecco come la "sinistra" parlamentare con l'elmetto finisce nei fatti per tenere in piedi e rafforzare il governo del nuovo Mussolini invece di farlo cadere come vagheggia a parole. Pagando con ciò il debito che il rinnegato D'Alema contrasse col neoduce quando a sua volta costui lo appoggiò nell'intervento militare imperialista contro la Serbia. Evidentemente, quando si tratta di rappresentare gli interessi dell'imperialismo nostrano, non c'è divisione tra destra e "sinistra" borghese che tenga! 30 marzo 2011 |