Come risolvere il problema della crescita della popolazione mondiale? Interessandomi ad alcuni argomenti di seguito esposti ho avuto l'occasione di giungere a certe conclusioni. L'Italia ha il minor numero di nascite pro capite al mondo. Ciò nonostante molte donne affermano di desiderare una prole numerosa, ma vi rinunciano per problemi economici e lavorativi. Molti partiti a riguardo invocano quindi politiche per la famiglia (peraltro mai seriamente attuate da nessun governo). Ma si dimentica che la popolazione mondiale è in vertiginosa crescita. A questo fattore contribuiscono in maniera robusta paesi del terzo mondo. Al contrario, paesi sviluppati come l'Italia hanno un basso tasso di natalità. Non sarebbe quindi più razionale, invece di esortare le donne italiane a fare più figli, far giungere in massa bambini dai paesi poveri, anche senza genitori, collocarli in apposite strutture, e contemporaneamente promuovere politiche come l'aborto e la sterilizzazione a livello planetario, paesi sviluppati compresi? Questo risolverebbe sia i problemi di sovraffollamento che quelli pensionistici e contributivi italiani. Voi cosa ne pensate? Pier - Biella Per noi marxisti-leninisti la vera questione non è quella demografica ma l'imperialismo. La classe dominante borghese e i suoi economisti e studiosi fanno credere che il problema principale nel mondo è quello dell'esplosione demografica in Africa, in Asia e America Latina che costituirebbe un pericolo per l'umanità e il pianeta stesso distruggendo definitivamente il suo equilibrio economico, ecologico e ambientale. Ma non è così. È una tesi falsa, antistorica, antimaterialistica e soprattutto tipicamente imperialista. All'origine del sottosviluppo, della disoccupazione, della fame e del degrado sociale e ambientale nel mondo non c'è la bomba demografica, bensì l'imperialismo che controlla l'economia dei paesi in via di sviluppo. L'imperialismo è in realtà preoccupato che lo sviluppo demografico del Sud del mondo e il contemporaneo calo demografico nei propri paesi, si ripercuota sul ricco e industrializzato Nord producendo nuove e più pesanti contraddizioni economiche e sociali all'interno degli stessi paesi imperialisti e nell'ordine internazionale imperialista. Al contrario, l'aumento della popolazione nei paesi del Sud del mondo non può che essere vista come una fonte di arricchimento e di nuove risorse umane per dei popoli che fino a qualche tempo fa sembravano destinati all'estinzione a causa dei massacri, delle guerre di occupazione, delle deportazioni e delle devastazioni arrecate dai paesi colonialisti e imperialisti. In verità queste teorie imperialiste non sono affatto nuove. Già nel lontano 1798 l'economista reazionario inglese Malthus nel suo "Saggio sul principio della popolazione" sosteneva la tesi che "la popolazione, se non incontra ostacoli, cresce secondo una progressione geometrica... (mentre) i mezzi di sussistenza... crescono soltanto secondo una progressione aritmetica", giungendo così alla conclusione che la povertà e tutti i mali della società umana erano fenomeni naturali, permanenti. A suo dire, il solo mezzo per risolvere il problema della povertà dei lavoratori era quello di accorciare la durata della loro vita, ridurre la popolazione o fermarne l'aumento. In questo quadro considerava la carestia, la peste e la guerra come mezzi adatti a ridurre la popolazione. In seguito altri "illustri" studiosi, economisti e politici borghesi hanno riproposto queste tesi. Così ribatteva Mao in un articolo del 1949 al Segretario di stato americano Acheson che le riproponeva in un "Libro bianco" sulle relazioni fra la Cina e gli Stati Uniti: "È veramente un bene che la Cina sia così popolata. Anche se la popolazione della Cina dovesse moltiplicarsi parecchie volte, la Cina sarebbe del tutto capace di trovare una soluzione; questa soluzione è la produzione. L'argomento assurdo degli economisti borghesi come Malthus, che l'aumento del cibo non può stare al passo con l'aumento della popolazione, non solo è stato confutato appieno sul piano teorico dai marxisti tanto tempo fa, ma è stato completamente smentito da quanto è avvenuto nell'Unione Sovietica e nelle zone liberate della Cina dopo le rivoluzioni. Basandosi su questa verità che la rivoluzione più la produzione possano risolvere il problema di nutrire la popolazione, il Comitato centrale del Partito comunista cinese ha dato alle organizzazioni del Partito e alle unità dell'Esercito popolare di Liberazione in tutto il paese l'ordine di non licenziare ma di mantenere in servizio tutto il personale che ha prestato la propria opera sotto il Kuomintang... Di tutte le cose che esistono al mondo, l'uomo è la più preziosa. Fino a quando ci saranno gli uomini, sotto la direzione del Partito comunista sarà possibile compiere qualsiasi miracolo" (Il fallimento della concezione idealistica della storia, 16 settembre 1949, opere scelte, Edizioni in lingue estere di Pechino, Vol. IV, pagg. 467-468). La questione dunque non si risolve attraverso la politica di sterilizzazione di massa, ma lottando contro l'imperialismo e il capitalismo. Non è la popolazione, piccola o grande che sia, che di per sé dilapida le risorse naturali, ma è il sistema economico capitalistico basato sulla proprietà privata, il libero mercato e lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo che saccheggia e distrugge le risorse umane, naturali e produttive incurante del soddisfacimento dei bisogni della popolazione ma finalizzato unicamente alla ricerca del massimo profitto capitalistico. Con ciò non vogliamo dire che non esista un problema demografico nei paesi del Sud del mondo. Ma solo che essi al pari di ogni altro Paese hanno il diritto di elaborare e stabilire la propria politica demografica sulla base delle proprie esigenze e al fine di assicurare un armonico equilibrio fra sviluppo economico e sociale e sviluppo della popolazione in piena sovranità senza alcuna imposizione e tanto meno ricatto da parte delle potenze imperialiste. 18 giugno 2008 |