Perché dite che la trasmissione unidirezionale dell'informazione Dna-Rna-Proteine è una gigantesca fesseria? Cari amici, sono un ricercatore dell'università di Crotone e da sempre seguo il vostro sito in quanto simpatizzo per voi. Tuttavia nel vostro articolo circa la creazione della vita artificiale avete scritto "che il dogma centrale della biologia, ossia la trasmissione unidirezionale dell'informazione Dna-Rna-Proteine, è una gigantesca fesseria che ha ostacolato il progresso scientifico per mezzo secolo ed oltre". Perché dite questo? Qual è la vostra posizione scientifica in merito? Fraterni saluti. Un ricercatore di Crotone Caro amico, il marxismo lo ha già ampiamente chiarito: la scienza, al pari delle altre sovrastrutture, segue la base economica, e ciò vale anche per la biologia molecolare, un campo che ai più potrebbe apparire libero e neutrale. Il dogma centrale della genetica La teoria dominante, sintetizzata dal principio "un gene - una proteina", afferma due cose. Primo. Il flusso dell'informazione genetica è monodirezionale, parte cioè dagli acidi nucleici per arrivare alle proteine. Secondo. Il meccanismo di base dell'espressione dei geni e la direzione fondamentale del flusso di informazione genetica si articola in due tappe irreversibili: l'informazione genetica, conservata nella doppia elica del DNA, viene trascritta sotto forma di RNA, il quale viene successivamente tradotto in sequenze di aminoacidi, le proteine. Secondo questa visione i geni sono fissi, codificano ciascuno una specifica funzione attraverso le proteine, le quali costituiscono l'unica forma operativa dell'informazione contenuta nel genoma, che è inteso quindi come la somma dei geni codificanti. La catena del DNA viene concepita più o meno come una rigida collanina di perle, in cui ogni perla (gene) ha una funzione specifica, ben determinabile, e nella quale esistono chiari confini tra una perla ed una altra (ossia tra un gene e l'altro). Il meccanicismo genico e il capitale Questa teoria, pur viziata di gretto meccanicismo, adattandosi molto bene al sistema capitalistico, è stata trasformata in un dogma indiscutibile. Il gene che può essere definito, rintracciato, il cui prodotto può essere amplificato e di cui si può provare che ha effetti uniformi, può essere infatti brevettato e venduto, sfruttato per ottenere il massimo profitto. In tal modo i genomi delle specie viventi stanno diventando una merce come le altre, tanto che l'ingegneria genetica è già diventata un'industria capitalistica da 74 miliardi di dollari, che solo negli Usa ha brevettato ben 4 mila geni umani (e decine di migliaia di geni di piante, animali, batteri). Nella caccia ai geni le aziende biotecnologiche competono tra loro senza esclusione di colpi: di recente la Decode Genetics ha acquisito i diritti di sequenziamento del Dna di tutti i 300mila abitanti dell'Islanda mentre la Synthetic Genomics di Creig Venter ha ottenuto il monopolio sul copyright dei cloni batterici modificati costruiti nei suoi laboratori. Lungi dall'aver creato la vita artificiale, anche del più piccolo dei batteri, i genetisti di punta del grande capitale hanno un bisogno vitale, per mantenere la propria posizione di potere o per dare pubblicità alle proprie scoperte, di salvaguardare il "dogma centrale della biologia", presentando le evidenze scientifiche in contraddizione con esso come "paradossi". Senza rendersi conto che di paradosso in paradosso la genetica dominante ha dichiarato il suo fallimento di fronte all'umanità, quando è arrivata ad affermare che la stragrande maggioranza del codice genetico umano sarebbe inutile: "silente", "imbottitura", "spazzatura", "residuo di errori evolutivi". I paradossi Ma quali sono le principali scoperte che hanno messo in crisi definitivamente questa visione anti-dialettica della vita? Vediamone alcune. 1) Il progetto "Genoma" ha dimostrato che il numero di geni umani è simile a quello del pesce palla e del moscerino della frutta e che solo il 2,7% del DNA umano si "esprime" (codifica proteine) mentre ben il 97,3% del codice genetico non produce nessuna proteina. 2) Numerosi studi hanno dimostrato che il DNA non codificante proteine è tutt'altro che spazzatura ed ha delle funzioni importanti per tutti gli esseri viventi: a) interagisce attivamente con i geni che sono nelle sue vicinanze; b) conferisce in ogni fase del ciclo cellulare la possibilità di mutare l'architettura tridimensionale del genoma all'interno del nucleo per facilitare l'espressione dei geni (quando e dove questi si accendono o spengono, si esprimono o vengono messi in silenzio); c) negli organismi pluricellulari mantiene la coesione dei cromosomi durante l'appaiamento mitotico e meiotico, facilitando e rendendo possibile la duplicazione del DNA 3) Una gran parte del DNA non codificante è costituito da trasposoni: elementi genetici, costituiti da sequenze di basi altamente ripetute, "sparsi" casualmente o disposte in tandem. Ciascuno di essi è capace di spostarsi da una posizione all'altra del genoma, anche da un cromosoma all'altro, da una cellula all'altra, e persino da un organismo ad un altro, utilizzando un intermedio ad RNA. Il DNA si replica in un filamento di RNA (trascrizione) e questo filamento viene poi copiato a sua volta in un filamento a DNA (trascrizione inversa), che si integra in una nuova posizione nel genoma. Scoperti da Barbara McClintock nel 1940, e a lungo ignorati, questi elementi mobili capaci di creare DNA da RNA sono presenti in quantità variabili nel genoma di tutti gli esseri viventi: dalle piante all'uomo e persino nei batteri. 4) La possibilità del passaggio inverso di informazioni dall'RNA al DNA è una prerogativa anche dei virus ad RNA. È quanto avviene in una cellula "infettata" da un "retrovirus" (un altra definizione errata), il cui nucleocapside contiene molecole dell'enzima trascrittasi inversa, che è in grado di "retrotrascrivere" il genoma del virus da RNA a DNA. Il DNA neosintetizzato viene integrato nel genoma della cellula ospitante (provirus), dove può rimanere silente per periodi di tempo molto variabili (molto lunghi nei Lentivirus). Ciò, per inciso, spiega, i danni mortali causati dal farmaco Azt che blocca la trascrittasi inversa. 5) Nelle cellule umane a fronte di "un pugno" di geni codificanti proteine, "appena" 22.000 (il promotore del progetto genoma umano Renato Dulbecco ne prevedeva almeno 150.000) vengono prodotte circa 90mila proteine. Ciò significa che ad ogni singolo gene corrisponde più di una proteina. In tutte le cellule eucariote (ossia dotate di nucleo), infatti, i trascritti genici sono ricombinati nello "spliceoma", sia nel nucleo che nel citoplasma, così che un singolo "gene" trascritto può dare luogo a molte proteine diverse, e queste a loro volta possono subire ulteriori modificazioni post-trascrizionali e conformazionali nell'apparato di Golgi, sulla membrana, all'esterno o all'interno di cellule diverse da quelle in cui sono prodotte. Un buon esempio è la pro-opio-melanocortina, una proteina, che dà luogo alle endorfine ubiquitarie e ad ormoni con funzioni molto diverse a seconda del tipo di cellula in cui si trova. 6) Queste evidenze hanno risvegliato l'interesse per gli introni (dalla parola errata di "intrusi"): le regioni non codificanti di un gene (eucariotico o di archeobatteri) che, insieme agli esoni, vengono trascritti dalle RNA polimerasi, ma che a differenza di questi ultimi, in seguito al processo di splicing del trascritto primario, non si ritrovano negli "mRNA maturi" che danno luogo a proteine. Gli introni costituiscono circa il 27% del DNA umano. Se ne stanno chiarendo le funzioni: 1) regolano essi stessi lo splicing alternativo, fondamentale per la costruzione di numerose proteine differenti da un unico gene; 2) contengono pezzi di geni, nel caso di geni sovrapposti o geni dentro altri geni; 3) contengono sequenze complementari ad alcuni tratti di DNA sui quali agiscono come regolatori d'espressione genica; 4) all'interno degli introni possono essere presenti SINEs e Alu (vedi punto 8) 7) Per quanto riguarda gli RNA non solo possono retro trascriversi in DNA, operando il trasferimento genico orizzontale, e sono in grado di realizzare la traduzione differenziale delle proteine, ma hanno anche funzioni enzimatiche e strutturali che si ritenevano prerogativa esclusiva di queste ultime. Un buon esempio sono proprio quelle universali macchine per la traduzione del codice che sono i ribosomi. Sono strutture in cui un gran numero di RNA e proteine sono intrecciati in una specie di "coacervato" che da luogo a strutture tridimensionalmente complesse. Esse sono capaci di determinare sia la vita sia la morte delle proteine, essendo anche la scomparsa un processo fondamentale della differenziazione delle cellule staminali, insieme alla metilazione delle citosine che inattivano il DNA. 8) Le sequenze ALU (100-300 bpe) sono gli elementi mobili più abbondanti nel genoma umano (sono più di un milione e rappresentano il 10.7% del genoma umano totale). Codificano per un ribonucleotide (la particella Srp), che entra a far parte della struttura dei ribosomi (Rna 7s) ed è implicato nel trasporto cellulare delle proteine. La sequenza che codifica per questo sRNA nel corso dell'evoluzione è stato duplicato moltissime volte all'interno del nostro genoma. ALU rappresentano la stragrande maggioranza delle sequenze SINEs e sono riscontrabili quasi esclusivamente nei primati, nonostante il ribosoma 7s sia praticamente presente in ogni forma vivente. (microsatelliti e rimescolamento di esoni). Formano nei primati un registro fossile relativamente semplice da decifrare in quanto gli eventi di inserzione di queste sequenze sono fedelmente trasmessi di generazione in generazione e sono facilmente identificabili. Lo studio può rivelare quindi relazioni di discendenza in quanto due individui condivideranno una particolare inserzione se hanno un antenato comune. La maggior parte delle sequenze Alu nel genoma umano possono essere riscontrate anche nelle corrispondenti posizioni dei genomi di altri primati, tuttavia circa 7.000 inserzioni Alu sono tipiche degli uomini! 9) La clonazione è una riproduzione asessuata di un organismo pluricellulare, che prevede il prelevamento e trasferimento del nucleo di un somatocita (cioè di una cellula somatica) dell'organismo da clonare in una nuova cellula uovo della stessa specie dell'organismo da replicare. Ha dimostrato inequivocabilmente che tutta l'informazione per l'avvio di una nuova vita risiede tanto nel nucleo quanto nel citoplasma e nei mitocondri del gamete femminile, mentre il gamete maschile, che è una cellula differenziata per operare il rapido trasferimento del corredo aploide maschile, può essere sostituito da uno qualsiasi dei nuclei prelevati dalle cellule differenziate dello stesso organismo. Decisivo per la riuscita del trasferimento è che l'ovocita e il nucleo donatore siano in sincronia. La vigilia di una rivoluzione che supera i confini della biologia Quel che emerge da questa breve carrellata di dati e osservazioni è che il genoma non è "fisso", non è "una nitida collezione di geni isolati ed indipendenti", né "ogni sequenza genica è collegata ad una singola funzione", tantomeno "il flusso di informazione è unidirezionale". Il controllo del processo cellulare, anche il più elementare ciclo di riproduzione di un procariote, coinvolge livelli di movimento della materia che vanno ben al di là dell'oggetto della genetica riduzionistica. Più in generale queste scoperte dimostrano che i geni, da soli, non spiegano la vita né tanto meno la diversità delle specie viventi. In realtà gran parte della vita animale e vegetale sul nostro pianeta impiega in differenti modi una simile collezione base di geni per produrre organismi molto diversi. Questo significa che ciò che fa di una rana una rana e di una mosca una mosca ha poco a che vedere con la presenza di geni specifici dell'uno o dell'altro organismo, quanto piuttosto è determinato dal modo in cui è regolata l'espressione dei geni nelle diverse cellule, a seconda del grado e del tipo di differenziazione, in quel determinato organismo, in quel determinato momento, in quello specifico ambiente. Quel che sta emergendo è che i geni operano in rete, e le reti si influenzano a vicenda e spesso sovrappongono le loro funzioni, con le reti degli RNA e delle proteine presenti nel nucleo, che ne permettono e regolano le attività cicliche, ma anche con i processi ribosomiali, post-ribosomiali, mitocondriali e di membrana (interna ed esterna). I check point scandiscono i bioritmi e le direzioni di sviluppo e dipendono da ciò che le cellule acquisiscono dall'esterno. Anche le reti di materia in movimento programmate per formare tessuti, organi ed apparati sono sempre, in ogni momento, modellate sulle base delle necessità dettate dall'assetto dinamico delle rispettive "nicchie", così come dai "macrocicli" degli ecosistemi biologici. Se d'altra parte la scoperta che i geni codificanti sono sotto l'influenza funzionale e regolativa del nucleoplasma e del citoplasma apre prospettive nuove nella prevenzione e cura delle malattie cardiovascolari e dei tumori, le regioni del DNA non codificanti e mobili si candidano a spiegare qual è il substrato dell'evoluzione darwiniana delle specie. Che traggano origine da virus e batteri simbionti, come i mitocondri, oppure per trasposizione diretta o indiretta, o ancora per crossing over ineguale, queste sequenze se trasferite in linee cellulari di staminali adulte, ormai identificate in tutti gli organi e tessuti, sono capaci (vedi le sequenze Alu che si inseriscono negli introni), di fare acquisire agli individui nuove funzioni vantaggiose, rimodulando e rimodellando le reti geniche e proteiche implicate nella respirazione, nel metabolismo, nel cambiamento di forma, nei processi di mitosi e differenziazione. Non sappiamo ancora dove porterà questa esplosione cambriana di nuove conoscenze in campo biologico, quel che è certo è che siamo alla fine di un buio cinquantennio caratterizzato dalla mancata comprensione del rapporto dialettico tra i geni e non geni, tra nucleo e citoplasma, tra i "corpi cellulari" e gli organismi nel loro complesso, che ha avuto lo stesso paralizzante effetto sul progresso scientifico del dualismo mente-corpo che ha dominato in lungo e in largo la cultura scientifica dell'Occidente dal tempo di Cartesio. Figlie della divisione del lavoro e della divisione in classi della società queste separazioni artificiali di unità indissolubili hanno alimentato la superspecializzazione della scienza capitalistica e borghese, che di conseguenza oramai non riesce più ad andare oltre la sterile catalogazione di dati ed esperimenti. La definitiva sconfitta del dogmatismo genetico sta finalmente diradando la nebbia che per decenni ha offuscato la visione degli scienziati. Il futuro è nell'integrazione dei saperi: paleontologia, embriologia e fisiologia comparata, microbiologia (funzione evolutiva e simbiotica di virus e batteri), epigenetica (che comprende la cromosomica, la ribosomica, la proteomica tridimensionale, nonché la scienza dell'influenza sull'espressione genica della posizione delle cellule nello spazio), etologia e fisica quantistica, possono permettere all'uomo di comprendere i segreti dell'energia vitale, le sue origini, le sue "infinite" forme di espressione. 14 luglio 2010 |