Perché siete contro il lavoro notturno e l'arruolamento nell'esercito per le donne? Cari compagni, vi pongo due domande. Su quali basi il PMLI chiede il divieto di lavoro notturno per le donne e il divieto di arruolamento nell'esercito? Mi sono posto tali quesiti in quanto ho pensato che le posizioni del PMLI potessero contenere una discriminazione verso il sesso femminile. Il lavoro notturno e il servizio militare femminile non sono segni di maggiore uguaglianza tra uomini e donne? Perché vietarli? Forse mi sbaglio, e in attesa di una risposta vi mando saluti marxisti-leninisti. Coi Maestri e il PMLI vinceremo! Angelo - Palermo Sul lavoro notturno Caro compagno Angelo, supponiamo che per quanto riguarda il divieto di lavoro notturno tu ti riferisca all'articolo 504 del Nuovo Programma d'azione del PMLI: "Ripristinare il divieto di lavoro notturno per le donne". Ti citiamo sulla questione un'analisi critica comparsa su "Il Bolscevico" n. 14/1978 circa la Legge 903/77 sulla parità uomo-donna nel lavoro. Premettiamo, intanto, che la parità non può esistere nel capitalismo che è un sistema economico fondato sulle disparità sociali e le sperequazioni economiche. In tutti i settori della vita, in particolare la donna è seconda all'uomo e a lui subordinata e asservita, anche quando certe leggi pretendono di stabilire sulla carta la parità tra uomo e donna. Nell'articolo citato si spiega chiaramente la posizione del PMLI riguardo la questione che tu sollevi: "c'è da dire che il lavoro notturno per quanto è possibile deve essere abolito sia per gli uomini che per le donne, perché per entrambi costituisce un carico disumano, lesivo della salute, un'estraneazione dai rapporti sociali. Noi riteniamo inoltre che ciò non faciliti assolutamente l'assunzione delle donne, ma anzi renda ancora più difficile la partecipazione della donna al lavoro produttivo, vuoi per l'impossibilità di lasciare sola la famiglia giorno e notte, vuoi per i pregiudizi instaurati dalla reazionaria morale cattolica e borghese, che vuole la donna a casa al calar della sera". Il Partito è successivamente intervenuto sullo stesso argomento con un articolo pubblicato sul n. 39/1986 de "Il Bolscevico" in cui, nell'effettuare un'analisi critica della sentenza del 1986 della Corte costituzionale che dichiarava illegittimo il divieto del lavoro notturno per le donne, si affermava: "Non ci convincono affatto i pretesi vantaggi e principi paritari derivati alle donne dall'introduzione del lavoro notturno. In realtà esso ci sembra piuttosto finalizzato a rendere la manodopera femminile più flessibile, più disponibile, più adeguata alle esigenze produttive del capitalismo". In 26 anni dall'approvazione della legge niente, peraltro, è cambiato e nelle regioni del Sud anzi le cose peggiorano. Secondo una recente indagine dell'Ufficio studi di Confartigianato nel Sud lavora una donna su quattro: la Campania fa registrare il record per il più basso tasso di occupazione femminile, 20,4%, uguale a quello del Pakistan. La spiegazione politica della nostra posizione contempla anche il fatto che la società capitalistica impone alle donne il lavoro schiavistico di tipo domestico. Lo sfruttamento diventa doppio quando la donna è una lavoratrice salariata e una schiava domestica. Puoi immaginare da te, a questo punto, che obbligando la donna al lavoro salariato notturno la si condanna ad una vita infernale, senza riposo e relazioni sociali. Un'operaia che lavora di notte si troverà a lavorare altre otto ore di giorno, per svolgere tutte le incombenze familiari. Si ottiene così la distruzione fisica della donna. Diversa è la situazione nello Stato socialista. In quel caso non siamo, comunque, per il lavoro notturno, che va ridotto al minimo progressivamente. È chiaro però che per quei lavori notturni inevitabili potrà partecipare anche la donna, man mano che il lavoro schiavistico domestico verrà progressivamente abolito, con l'edificazione di un sistema di servizi adeguati e capillari. Sulla partecipazione all'esercito In merito alla nostra posizione sulle donne soldato immaginiamo tu ti riferisca all'articolo 25 del Nuovo Programma d'azione del PMLI in cui si chiede di "Abrogare la legge delega 380 del 20 ottobre 1999 che istituisce l'arruolamento femminile nelle Forze armate". Ti invitiamo a leggere il documento del Comitato centrale del PMLI dal titolo "Il volontariato femminile e la linea militare dell'Italia" che porta la data 4 novembre 1980. Lo trovi sul primo volume dei Documenti del PMLI. In esso si spiega bene che noi siamo contro l'inserimento delle donne nelle Forze armate in quanto ci opponiamo al disegno della borghesia "di asservire la donna anche sul piano militare, coinvolgerla nella politica militare imperialista, inculcarle una mentalità militarista e bellicista che, fra l'altro, si ripercuoterebbe pesantemente nell'educazione delle nuove generazioni", con l'obbiettivo di potenziare la macchina bellica imperialista e guerrafondaia e renderla più efficiente. È chiaro che noi non siamo contro la leva femminile per principio. Siamo convinti che la donna abbia le medesime capacità dell'uomo in campo militare. La storia stessa del nostro Paese ci ha dimostrato che le donne non sono seconde all'uomo nella lotta armata: basta pensare alle partigiane che durante la Resistenza impugnarono le armi per combattere il nazifascismo con uguale fermezza, coraggio e abilità degli uomini. Nell'Unione Sovietica le donne nell'esercito combattevano in prima linea contro i nazisti. Nell'Esercito Rosso di Mao avevano un ruolo di punta. Per non parlare delle donne che attualmente nelle varie parti del mondo combattono in prima linea per opporsi all'imperialismo e difendere l'integrità e l'indipendenza del proprio Paese e per abbattere feroci dittature fasciste. Noi potremmo rivedere la nostra posizione qualora cambino le condizioni e cioè qualora le Forze armate italiane cambino linea militare e siano trasformate profondamente per renderle atte alla guerra partigiana e territoriale, che l'Italia rompa le alleanze militari con gli Usa e la Nato, che rinneghi la politica militare dell'Europa imperialista. Ma questa posizione è ben lontana da quella che anima l'esercito professionale e i governi neofascisti, imperialisti, interventisti e guerrafondai italiani. Con la cancellazione nel 2005 della leva obbligatoria, che pur con tutte le sue storture e anacronismi offriva maggiori garanzie democratiche nelle Forze armate, e la sua sostituzione con un corpo di mercenari professionisti della guerra, ben stipendiati e addestrati per missioni imperialiste fuori dal territorio nazionale si segna il definitivo affossamento del modello di esercito pensato come strumento della difesa nazionale, così come era stato disegnato alla caduta del regime fascista, e il passaggio a un esercito armato e addestrato per soddisfare gli appetiti dell'imperialismo italiano, nell'ambito della Ue e della Nato. La presenza della donna in un esercito di tale tipo è ancor più odiosa giacché, dietro una presunta parità uomo-donna, nasconde il tentativo di rafforzare la strategia dell'imperialismo e renderla più appetibile alle masse popolari. È chiaro anche che questo problema va visto in senso globale. Noi siamo contro l'esercito imperialista tout court, per noi non dovrebbero entrarci proprio i figli del popolo, non solo le donne, anche se esso viene considerato, purtroppo, uno sbocco lavorativo di fronte al nulla che il sistema capitalistico offre alle giovani e ai giovani, soprattutto meridionali. Come vedi, il discorso può allargarsi ancora, ma ci fermiamo qui ringraziandoti per le domande che ci hai posto e augurandoti una fruttuosa campagna elettorale astensionista a fianco della Cellula "1° Maggio-Portella 1947" di Palermo del PMLI. 24 ottobre 2012 |