Mi spiegate fino in fondo la differenza tra valore di mercato e prezzo di mercato? Salve carissime compagne e carissimi compagni del glorioso Partito! Lavoro come addetto al controllo qualità in una ditta metalmeccanica in provincia di Novara. Ho bisogno del vostro prezioso aiuto per sciogliere un dubbio teorico che da qualche giorno mi assilla! Prendendo spunto dalle indicazioni del "Bolscevico" e dalle direttive pubblicate sul sito del Partito, ho ripreso in mano i "sacri" testi per capire in senso marxista-leninista la crisi economica che stiamo vivendo da 4 anni: nello specifico sto rileggendo tutto il Capitale. Sono arrivato al III Libro ed è qui che ho bisogno di un vostro chiarimento teorico. 1 - Anzitutto non riesco a comprendere fino in fondo la differenza che Marx pone tra il "valore di mercato" e il "prezzo di mercato" (inteso per merci della stessa sfera di produzione). 2 - Non riesco a capire perché le merci, stando a ciò che è riportato nel testo (ma correggetemi se sbaglio), dovrebbero essere vendute al "valore di mercato" soltanto nel momento in cui domanda ed offerta si equilibrano. 3 - Nel caso in cui però la quantità di merci supera la domanda o è insufficiente a soddisfarla a pieno, allora il "valore di mercato" viene determinato dalle due sezioni produttive che impiegano più tempo o minor tempo necessario alla produzione di tali merci e quindi il "prezzo di mercato" si discosta dal "valore di mercato" in più o in meno. Ma dato che Marx afferma che domanda e offerta non si equilibrano mai se non in casi eccezionali, ciò significa che in regime capitalistico le merci non sono vendute al loro valore? Spero tanto di essere riuscito a spiegarmi perché i termini scientifici del marxismo non sono semplici da capire. Grazie in anticipo per la risposta esauriente che mi darete. W il PMLI! W i gloriosi compagni del PMLI! Coi Maestri vinceremo! Cesare - provincia di Novara Salve carissimo compagno Cesare, siamo noi che dobbiamo ringraziarti per questa tua lettera che ci riempie di gioia e di orgoglio. Certo per i riconoscimenti che esprimi al PMLI, e che c'incoraggiano a proseguire con forza e fiducia verso l'Italia unita, rossa e socialista, ma soprattutto perché tu che lavori in una fabbrica metalmeccanica ti sei messo a rileggere tutto il Capitale e cerchi di capire coll'aiuto di Marx quei tanti dubbi generati ad arte dagli economisti borghesi per nascondere la natura del sistema economico capitalistico e dello sfruttamento del lavoro salariato. A questo tipo di intellettuali operai pensava Lenin quando spingeva il proletariato a sottrarsi all'abbrutimento della schiavitù salariata studiando e partecipando alla lotta di classe, lottando contro il capitalismo e per il socialismo e non stancandosi mai di studiare e ancora di studiare anche le questioni più teoriche e ostiche del marxismo-leninismo. A cominciare dall'economia, giacché, com'egli ricordava, la politica è l'espressione concentrata dell'economia. Se anche gli assiomi della geometria urtassero in qualche modo gli interessi di classe, allora finirebbero per essere a uno a uno oggetto di contestazioni e di interminabili polemiche. E ora passiamo ai tre quesiti che tu ci poni e che ruotano tutti intorno al rapporto tra valore di mercato e prezzo di mercato. Si tratta di una questione non di poco conto, visto che la legge del valore è la legge economica della produzione mercantile, apparsa varie migliaia di anni fa. Essa consiste essenzialmente in questo: il valore delle merci è determinato dal tempo di lavoro socialmente necessario per la loro produzione. Con ciò Marx ha voluto ribadire che il profitto non è originato dallo scambio delle merci, ma dall'utilizzazione di una speciale merce che è la forza-lavoro, l'unica merce che viene acquistata al suo valore (il salario corrisposto dal capitalista non è altro che il valore della forza-lavoro, ossia dei mezzi di sussistenza affinché essa, cioè la capacità produttiva di cui dispone il lavoratore salariato, possa rimanere integra e riprodursi) ma col suo uso nella produzione genera un pluslavoro e quindi un plusvalore di cui si appropria il capitalista. Per capire appieno la differenza tra valore e prezzo tieni presente che il prezzo lo fa il mercato e non può essere fissato a priori senza fare i conti col mercato. Se un capitalista impiega nelle sue fabbriche minor tempo per produrre una determinata merce rispetto alla concorrenza, non abbasserà automaticamente il prezzo di vendita al nuovo valore ma cercherà di venderlo poco sotto il prezzo praticato dalla concorrenza per assicurarsi un sovraprofitto che lo renda ancor più forte e ricco. Del resto ci sono due fenomeni clamorosi dove il prezzo sembra discostarsi decisamente dal valore. Sono il prezzo di monopolio e il dumping. Il primo è privilegio di quei monopoli che detengono l'esclusività temporanea di un brevetto o di una tecnica e quindi possono lucrare grandi sovraprofitti in mancanza di qualsiasi concorrenza. Il secondo è praticato dalle multinazionali per imporsi in un mercato dove esistono molti piccoli e medi produttori: arrivano a vendere sottocosto, cioè realmente sotto il valore, quindi rimettendoci temporaneamente prima di strozzare e mandare in rovina i concorrenti che non dispongono di capitali così ingenti, per poter poi rimanere soli e dettare le regole monopolistiche. E tuttavia questi due fenomeni sono sempre temporanei e destinati a essere cancellati dalla concorrenza. Se il valore di mercato è l'essenza e l'elemento di riferimento di una merce, nel processo di scambio esso si manifesta concretamente nel prezzo di mercato attraverso la contrattazione tra i venditori e i compratori. Questo scostamento tra prezzo e valore è influenzato da vari fattori ma il più importante è l'azione della legge della domanda e dell'offerta. Il prezzo delle merci la cui offerta è superiore alla domanda scenderà sotto il valore di mercato a causa della concorrenza tra i produttori che cercano di evitare così di rimanere con i magazzini pieni e la merce invenduta. Viceversa la penuria di una merce rispetto alla domanda innescherà una concorrenza tra i compratori con il conseguente aumento del prezzo rispetto al valore. Quindi il riferimento assoluto del prezzo è sempre il valore di mercato anche se tale prezzo oscillerà in continuazione secondo le perturbazioni del mercato. Di norma questa forbice di oscillazione, come tu ben scrivi nel terzo punto, ha come estremi superiore e inferiore i valori relativi alle due sezioni produttive che impiegano più tempo e minor tempo. Quando la domanda e l'offerta si equilibrano, allora lo scambio non perturba il prezzo che finisce per coincidere col valore. Tale equilibrio nel sistema economico capitalistico è sempre temporaneo e precario. Ecco perché per Marx la coincidenza tra prezzo e valore delle merci è una circostanza accidentale, quantunque il prezzo sia sempre ancorato in un senso o nell'altro al valore. Nel capitalismo regnano la concorrenza e l'anarchia della produzione e ogni produttore di merci produce ciecamente per il massimo profitto e nessuno sa con precisione di quali merci e in quale quantità abbia bisogno il mercato né se riuscirà a vendere tutta la merce prodotta. Anzi si può dire che le oscillazioni dei prezzi di mercato intorno ai valori di mercato e la concorrenza funzionano come regolatori della legge del valore nei confronti della produzione. Al punto che ciascun produttore di merci non ha altro strumento per disporre o regolare la propria produzione al di fuori dell'aumento o della diminuzione dei prezzi di mercato. La legge del valore svolge questa sua funzione in modo spontaneo e incontrollato e tutti i capitalisti sono sottomessi a questa sua azione. Il caotico ampliamento e contrazione della produzione e gli incontrollati e incontrollabili trasferimenti di capitali favoriscono la riduzione della produzione, il fallimento delle fabbriche, licenziamenti di massa, un'incessante distruzione di forze produttive e di ricchezza. La legge del valore ha dunque la duplice funzione di stimolare spontaneamente lo sviluppo delle forze produttive attraverso la concorrenza (perché spinge ciascun capitalista a ricorrere incessantemente a nuove tecniche che gli permettano di produrre più velocemente e quindi a prezzi concorrenziali) e nel contempo la funzione regolatrice e distruttiva nelle crisi, durante le quali le imprese che non hanno adeguato il loro sistema produttivo finiscono fuori mercato, arrancano e infine falliscono con l'inevitabile distruzione di tutte le loro risorse umane e tecniche accumulate nel tempo. Speriamo di essere riusciti a chiarire i tuoi dubbi ma scrivici ancora se le nostre spiegazioni ti risultano oscure e non esaurienti. In ogni caso continua a prendere spunto dalle indicazioni de "Il Bolscevico" e dalle direttive che dà il PMLI e metti le tue valorose capacità al servizio della causa del socialismo. Uniamoci contro il capitalismo, per il socialismo. 4 luglio 2012 |