Siete d'accordo sul passaggio della gestione delle acque da un'azienda privata a una spa a gestione pubblica? Faccio parte di un comitato per la ripubblicizzazione dell'acqua. Stiamo attualmente discutendo se essere favorevoli o meno al passaggio della gestione dell'acqua da un'azienda privata come l'Hera spa a Romagna acque spa (che gestisce le fonti), in quanto quest'ultima è comunque a gestione pubblica. Io e altri abbiamo espresso posizione contraria in quanto si tratta comunque di una Spa, con azioni "vendibili" a privati e comunque il suo essere Spa la può portare a quotarsi in borsa (anche se per ora non sembra), con le "dovute" conseguenze. In effetti però, dallo Statuto di Romagna acque si evince che le quote possono essere di proprietà solo di enti interamente pubblici, e eventualmente cedibili ad altri enti interamente pubblici, il che porrebbe al riparo dal primo pericolo, ossia la vendita di quote ad enti privati, ma non il secondo, cioè l'eventuale quotazione in borsa. La posizione del Comitato nazionale è quella che il servizio idrico sia gestito "attraverso enti di diritto pubblico", il che escluderebbe Romagna acque spa, che non è un ente di diritto pubblico. Ma il suo essere vincolato alla proprietà di azioni da parte di enti interamente pubblici, forse costituisce una eccezione. Il PMLI cosa ne dice? Mail dall'Emilia-Romagna Fai molto bene a essere contrario alle Spa, per principio e per motivi di ordine pratico. Speriamo che questa nostra risposta all'importante quesito che hai posto possa aiutare a chiarirsi le idee a te e a tutti i militanti, i simpatizzanti e amici del Partito impegnati nella lotta contro la privatizzazione dei servizi idrici e la mercificazione dell'acqua e per la ripubblicizzazione dei beni comuni. Fin dai primi articoli sull'argomento privatizzazione dell'acqua scrivevamo: "Oggi la liberalizzazione e la privatizzazione su scala planetaria dei servizi idrici (acquedotti, reti distributive, fognature, depuratori) avviene attraverso la trasformazione della personalità giuridica dell'ente gestore, da pubblica a Spa privata, operante con le regole e le finalità del mercato capitalista e dove il pubblico, anche se mantenesse la maggioranza del pacchetto azionario, non può che diventare un imprenditore privato, la cui finalità principale è quella degli utili, dei dividendi, della conquista di nuovi mercati, essendo sottoposto alle regole del mercato e della concorrenza delle multinazionali che controllano l'acqua in centinaia di Paesi del mondo (vedi articolo de "Il Bolscevico" dal titolo "1 miliardo e 400 milioni di persone non hanno accesso all'acqua potabile"). Lo stesso concetto lo ritroviamo nelle Tesi del 5° Congresso nazionale del PMLI al capitolo 50 dove tra l'altro possiamo leggere: "la quasi totalità dei beni comuni e dei servizi pubblici diventano privatizzabili, mentre i poteri degli enti locali sono ridotti a zero. L'Italia, anche in questo campo, è all'avanguardia per ultraliberismo tra i paesi industrializzati..., definendo 'eccezionale' l'affidamento diretto dei servizi a società a capitale pubblico, come le ex-municipalizzate e i consorzi intercomunali, (si rende) di fatto obbligatoria la privatizzazione. Gli effetti sono la svendita di strutture, infrastrutture, immobili, personale ad una giungla di trust che si affollano per ottenere affidamenti e gare di appalto, preludio dell'era delle guerre regionali per l'accesso alle fonti ed alle utenze da parte dei vari predoni imperialisti. Aumenta la disoccupazione e lo sfruttamento dei lavoratori, si impennano le tariffe, peggiora la qualità dei servizi e dei controlli, un flusso di denaro pubblico finisce nelle fauci di padroni e mafiosi che impongono prezzi di monopolio". In più documenti e articoli abbiamo sottolineato che anche in Italia la privatizzazione dei servizi idrici è andata avanti per tappe ed il primo passo è stato proprio la trasformazione delle municipalizzate in Spa, un passaggio decisivo che è stato realizzato con l'apporto determinante dei governanti di "centro-sinistra". Da un punto di vista di principio e strategico non ci può essere quindi discussione su qual è la posizione dei marxisti-leninisti sulla trasformazione dei servizi pubblici e sulle Spa in generale. Anche dal punto di vista tattico esprimere la nostra netta contrarietà ci sembra una scelta pienamente matura, ossia per nulla "avanzata" rispetto all'attuale grado di coscienza del movimento. Ricordiamoci infatti che è stata sintetizzata con netta evidenza nelle grandi mobilitazioni di piazza negli slogan e negli striscioni prodotti dalle masse: "Contro la privatizzazione senza se e senza spa". Tatticamente riteniamo pertanto utile fare leva sulla giusta posizione del Comitato nazionale quando rivendica che "il servizio idrico sia gestito unicamente attraverso enti di diritto pubblico" escludendo quindi sia la società mista Hera Spa, sia la Romagna acque spa, "che non è un ente di diritto pubblico", pur essendo per statuto le sue quote di proprietà solo di enti interamente pubblici. Detto questo, per esperienza diretta, possiamo dirti che addentrarsi in cavilli giuridici su un argomento come questo, impantana il movimento sia a livello locale che nazionale. È una tattica defatigante e fallimentare che può essere sostenuta il più delle volte in buona fede da chi è influenzato dal legalitarismo borghese, talvolta in mala fede dagli esponenti dei partiti di "centro-sinistra" che, sopratutto negli scorsi anni, "bazzicavano" nel movimento, con il preciso intento di impedire a quest'ultimo di dire a voce alta: "Abbasso le liberalizzazioni del governo Prodi!" Se si ha tuttavia la necessità di scendere nei dettagli tecnici per fare prevalere la nostra posizione bisogna tenere presente che, quando parliamo di Spa, l'aspetto che va messo in rilevanza non è tanto la cedibilità o meno delle azioni né la quotazione o meno in borsa delle azioni della società, che dal punto di vista giuridico dipendono dalla dimensione, dalle scelte degli amministratori delegati, dal tipo di Spa (la "riforma" del diritto societario del 2003 parla ad esempio di tre tipi di Spa aperte, semichiuse e chiuse mentre il federalismo introduce variabili legate agli Statuti, ai decreti e alle leggi regionali) quanto la gestione privatistica del servizio che è insita nel concetto economico e giuridico di una Società per azioni, a prescindere dalla presenza o meno dei privati nell'azionariato e a prescindere dalla legislazione statale e regionale. Il punto quindi è che anche le Spa, anche quelle interamente a capitale pubblico, incedibile e non quotate in borsa, somigliano alle aziende private, in primo luogo dal punto di vista economico. Sono governate da un amministratore unico o da una pluralità di amministratori, nel qual caso si formerà il Cda (consiglio di amministrazione). Il Cda è l'organo che riunisce tutti i soggetti titolari di azioni con diritto di voto. Prende importanti decisioni per la vita della società, come l'elezione e la revoca dell'organo amministrativo, l'elezione dei sindaci, l'approvazione del bilancio e la promozione dell'azione di responsabilità. Rientra nella sua competenza anche la modifica dell'atto costitutivo. Sostanzialmente si "autocontrolla" visto che l'organo di controllo è in genere costituito dai membri del consiglio (3 o 5) che sono eletti dall'Assemblea degli azionisti e non sono revocabili se non per "giusta causa" e con decreto del Tribunale. Nelle società che non fanno ricorso al "mercato di rischio" e che non sono tenute alla redazione del bilancio consolidato, qualora lo statuto lo preveda, il collegio sindacale viene in genere investito persino del controllo contabile. Le Spa sono inoltre dotate di "autonomia patrimoniale, gestionale, contabile, amministrativa e tecnica" il che significa che possono essere svincolate, in tutto o in parte, dal controllo delle istituzioni rappresentative borghesi. E ancora, per quanto riguarda il finanziamento, esso può attuarsi tanto attraverso il denaro pubblico, la cui destinazione d'uso può essere agevolmente occultata, quanto attraverso l'indebitamento della società presso banche ed istituti di credito. I fatti parlano ancora più chiaro. In Italia abbiamo il bilancio nettamente negativo, quando non devastante, della privatizzazione delle partecipazioni statali facenti capo all'Iri che hanno provocato la quasi scomparsa di interi settori, acciaio e chimica in testa; abbiamo la privatizzazione della Telecom e delle Ferrovie dello Stato che non hanno portato nessun miglioramento di quelli vantati e tanti spaventosi disastri; abbiamo un processo avanzato di liberalizzazioni in campo elettrico ed energetico con i concreti effetti in bolletta a tutti noti; abbiamo la tristemente nota "Autostrade spa", la svendita di Alitalia, ecc. Il governo Berlusconi intende affidare alle Spa non solo tutte le ex-municipalizzate (decreto Ronchi) ma praticamente tutto ciò che prima era statale, persino le carceri, il patrimonio architettonico, il demanio, i beni immobili confiscati alla mafia! Se teniamo conto quindi del progetto generale del governo, ossia di trasformare in Spa anche le scuole, le università, gli enti di ricerca, gli ospedali, è chiaro che la netta contrarietà alle Spa in generale è uno degli anelli che ci permette di spingere all'unità antigovernativa movimenti diversi, nati su obiettivi contingenti e specifici, dal movimento studentesco contro le "riforme" Gelmini al movimento contro le mafie. Riteniamo che simili argomentazioni possano essere più convincenti di quelle giuridiche. Dobbiamo essere capaci di far immaginare, a coloro che non lo hanno ancora compreso appieno, cosa significa allo stato attuale e in prospettiva che una Spa, come Romagna Acque, abbia in mano le risorse idriche dell'Emilia-Romagna: non impedisce le concessioni all'imbottigliamento per i grandi predoni delle acque minerali né le guerre tra regioni e province per il possesso delle fonti idriche e delle grandi infrastrutture, un pericolo reale se alle privatizzazioni affianchiamo il processo ad esse strettamente legato di secessionismo federalista che sarà completato con il federalismo fiscale. Parla chiaro anche il bilancio delle esperienze passate e presenti a livello internazionale, Reagan in Usa, la Thatcher, ma Blair non è stato da meno, in Gran Bretagna, il caso della Cina capitalista odierna, che dimostrano in modo lampante che le privatizzazioni sia in ambito industriale, sia nell'ambito dei servizi pubblici e del terziario per gli operai e i lavoratori hanno ricadute profondamente negative: più sfruttamento, meno occupazione, più precarietà, meno o assenza di diritti sindacali, fine dei diritti sociali come diritti universali, pubblici e gratuiti. La ragione è semplice: lo scopo fondamentale è il massimo profitto, tutto il resto viene dopo e deve essere funzionale. 7 luglio 2010 |