Cosa ne pensate dei nascenti partiti comunisti di Ferrando e di Ricci? Sono uno studente di Belluno. Cosa ne pensate dei nascenti partito comunista dei lavoratori di Ferrando e partito comunista rivoluzionario di Ricci? Mi pare che pur definendosi trotzkisti non abbiano tanti punti di divergenza con il PMLI. Un'unione con loro gioverebbe senza dubbio al proletariato. Alessandro - Belluno Solo poche rivendicazioni immediate ci uniscono agli annunciati partiti trotzkisti di Marco Ferrando e di Francesco Ricci, mentre tutto ci divide dal punto di vista ideologico, strategico, e in molti casi anche tattico. Al proposito ti sottolineiamo le differenze che intercorrono tra noi e loro riassumendole in quattro punti: dal punto di vista storico, politico, organizzativo e del loro opportunismo. Tralasciamo di elencare le differenze dal punto di vista teorico perché esse sommamente le puoi dedurre dalle differenze politiche e organizzative. Scusaci per la lunghezza, ma abbiamo pensato che più cose avremmo illustrato e più ti avremmo aiutato a far luce. 1) STORICO Dal punto di vista storico il definitivo esilio del trotzkismo dal movimento comunista internazionale è avvenuto negli anni '20. Dopo di allora trotzkismo e bolscevismo non hanno più avuto punti di contatto, prendendo due strade opposte. Un ritorno al trotzkismo sarebbe un grave passo indietro per il movimento operaio, perché significherebbe tornare a una tendenza che è già stata sconfitta ed espulsa dal movimento comunista internazionale ottant'anni fa, esattamente come Marx sconfisse a suo tempo l'anarchismo e il mazzinismo. La nostra storia è la storia della vittoria della rivoluzione russa guidata da Lenin e Stalin, è la storia della Terza Internazionale, della vittoria del socialismo in oltre un quarto del mondo, dell'esperienza di edificazione del socialismo in Urss, della lotta che in questo paese i bolscevichi compirono contro i nemici esterni e interni compresi Trotzki, Zinoviev, Kamenev, Radek e Bucharin, della vittoria dell'Urss alla guida dell'alleanza internazionale antinazista nella seconda guerra mondiale contro il nazifascismo, della lotta che Mao e la Cina socialista intrapresero contro il tradimento del revisionista Krusciov prima e contro il socialimperialismo inaugurato da Breznev poi, dell'esperienza di costruzione del socialismo in Cina di cui la Grande Rivoluzione Culturale Proletaria è stata lo sviluppo più importante. La storia dei due partiti trotzkisti è invece la storia della lotta di Trotzki e del suo gruppo contro la concezione leninista della rivoluzione proletaria, del partito del proletariato e dello Stato sovietico: lotta che fu in un primo tempo teorica, fino a quando i bolscevichi non presero il potere (teoria della "rivoluzione permanente" contro la teoria leninista della trasformazione della rivoluzione democratico-borghese in rivoluzione socialista e contro la concezione leninista della rivoluzione mondiale), e poi pratica attraverso le mille questioni dove i due si scontrarono (dalla questione della pace di Brest-Litovsk, alla questione dei sindacati nel regime sovietico); lotta che dopo la morte di Lenin Trotzki spostò direttamente contro il partito bolscevico e lo Stato sovietico non cessando mai attività frazionistiche e antipartito fino a sfociare in attività terroristiche (valga per tutte l'omicidio Kirov). La loro è la storia dell'incessante lotta che Trotzki e compari compirono contro il primo Stato al mondo della classe operaia e dei lavoratori. È la storia dell'attività provocatoria e anticomunista che i trotzkisti fecero nel movimento operaio internazionale tentando di staccare i lavoratori dalla loro guida naturale, ossia l'Unione Sovietica, della lotta che essi fecero durante la seconda guerra mondiale contro il movimento antifascista e contro il fronte unito internazionale antinazista appoggiando oggettivamente la Germania e l'Italia (in Inghilterra e America i trotzkisti organizzavano scioperi contro la guerra quando questa già si era trasformata in una guerra di liberazione e i lavoratori di tutto il mondo auspicavano la sconfitta del nazifascismo; in Italia i trotzkisti e i bordighisti misero sullo stesso piano la lotta al fascismo e quella al capitalismo tentando di rompere il fronte unito antifascista e divenendo in molti casi degli agenti del nazismo e della "repubblica sociale"). 2) POLITICO Bisogna evitare di pensare che le differenze tra noi e loro riguardino solo l'ieri, magari solo un'interpretazione storica del secolo passato, e non sussistano differenze politiche. Le differenze politiche sono diretta conseguenza delle differenze teoriche e sono generali, non particolari. Solo per fare un esempio. La cosiddetta teoria della "rivoluzione permanente" non riconosce il carattere progressivo delle guerre di liberazione nazionale nei paesi dipendenti se queste non sono guidate dal proletariato o per lo meno da forze "laiche" e "democratiche"; la teoria marxista-lennista riconosce il carattere progressivo di ogni colpo inferto all'imperialismo dai popoli dei paesi dipendenti anche se questi sono guidati da forze sociali piccolo borghesi o borghesi e forze politiche non comuniste, poiché contribuisce a indebolire oggettivamente l'imperialismo e ad accelerare la vittoria del socialismo. Così i due partiti trotzkisti sono animati da un disprezzo totale nei confronti dei movimenti antimperialisti del mondo arabo egemonizzati da correnti musulmane (Hamas, Iran di Ahmadinejad, Hezbollah...) poiché a loro dire sarebbero tutti reazionari e medievali (Ferrando è arrivato a fare concorrenza a Bush sostenendo in un intervento a Ballarò che Hamas è un pericolo per la democrazia in Medioriente). Noi invece appoggiamo la lotta di questi movimenti contro l'oppressione che l'imperialismo esercita sui paesi arabi, perché sappiamo che dietro la maschera religiosa si cela una lotta reale dei popoli per la loro liberazione, e anche se le forze musulmane non potranno mai portarli all'emancipazione esse contribuiscono comunque a spianare la strada. Differenze politiche ancora più importanti riguardano la strategia rivoluzionaria. La teoria leninista dello Stato insegna che non si può edificare lo Stato socialista senza aver prima spezzato lo Stato borghese, e che spezzare lo Stato borghese significa spezzare non solo il governo borghese ma tutta l'attuale macchina militare e amministrativa. Leggendo i documenti di questi due partiti ti accorgerai come essi pongano a volte la questione del "governo operaio" eludendo però sempre la questione dello Stato. Nella realtà prendere il governo non significa ancora aver conquistato il potere. Dunque in ultima analisi essi eludono la questione della presa del potere da parte del proletariato. Ancora più acute le nostre divergenze circa l'edificazione del socialismo. Tutte queste differenze possono oggi a prima vista passare in secondo piano poiché non siamo in una fase rivoluzionaria e dunque il solo opporsi al governo Prodi sembra una discriminante altamente accettabile. Ma in futuro, con l'acutizzarsi inevitabile delle contraddizioni di classe e con lo sviluppo della lotta di classe queste differenze tra noi e loro appariranno in tutta la loro ampiezza come posizioni inconciliabili. 3) ORGANIZZATIVO Ecco cosa diceva Stalin in "Trotzkismo o Leninismo?" esponendo la seconda delle tre caratteristiche principali del trotzkismo. "In secondo luogo. Il trotzkismo è la mancanza di fiducia nello spirito bolscevico di partito, nel suo carattere monolitico, nella sua ostilità verso gli elementi opportunisti. Il trotzkismo nel campo organizzativo è la teoria della convivenza dei rivoluzionari con gli opportunisti, con i loro gruppi e gruppetti, in seno ad un unico partito. Voi conoscete probabilmente la storia del blocco di agosto di Trotzki, in cui collaborarono felicemente i seguaci di Martov e gli otzovisti, i liquidatori e i trotzkisti, facendosi passare per un 'vero' partito. Si sa che questo 'partito' mosaico perseguiva lo scopo di distruggere il partito bolscevico. In che cosa consistevano allora i 'nostri dissensi'? Nel fatto che il leninismo vedeva nella distruzione del blocco di agosto la garanzia dello sviluppo del partito proletario, mentre il trotzkismo vedeva in questo blocco la base per la creazione di un 'vero' partito. Di nuovo, come vedete, due linee opposte". Non si notano alcune analogie con la posizione assunta per quindici anni da Ricci e Ferrando? Non hanno forse teorizzato la convivenza dei rivoluzionari con gli opportunisti dentro Rifondazione? Non si prefiggeva forse Rifondazione di ingabbiare i sinceri rivoluzionari e comunisti in una strategia riformista? Il PMLI non ha forse visto fin dall'inizio nella creazione di Rifondazione un ostacolo al proprio sviluppo, allo sviluppo del Partito proletario rivoluzionario? E Ricci e Ferrando non hanno forse visto in Rifondazione la "base" per la creazione di un partito rivoluzionario? Basta andare a leggere i loro documenti. Non è forse Rifondazione un partito mosaico ed eclettico dove convivono opportunisti di ogni risma, trotzkisti ufficiali e meno ufficiali accanto a nostalgici del PCI, non violenti accanto a ex terroristi, ecologisti, femministe, neorevisionisti, pacifisti gandhiani, disobbedienti, autonomi, semplici carrieristi e chi più ne ha più ne metta? Anche ora che è uscito da Rifondazione, il partito di Ferrando si appresta ad essere un gran calderone composto da un po' tutte le correnti politiche immaginabili. Unica discriminante: il non appoggio a Prodi. Dopo di che ogni differenza politica, ideologica, strategica, viene meno. Un partito piccolo-borghese che va da alcuni centri sociali a movimenti ambientalisti e pacifisti, da correnti non violente a correnti avventuriste, passando per trotzkisti più o meno ufficiali, autonomi, disobbedienti di "sinistra" e arrivisti in cerca di carriera elettorale in un partito diverso (ma uguale) a Rifondazione. Una cosa ben diversa da quello che è il partito politico d'avanguardia del proletariato secondo la concezione leninista: un partito di ferro che sappia parlare con unica voce, un partito di militanti e di quadri, non di simpatizzanti generici e tesserati passivi, un partito con una guida teorica salda e ferma e non legata alle mode del tempo, un partito basato sul centralismo democratico e sulla più forte disciplina proletaria, non un partito basato sull'aggregazione casuale e anarcoide. Solo un tale partito, dove ogni militante sa esattamente cosa vuole, può divenire l'avanguardia della classe operaia e delle masse popolari; un partito che non possiede una tattica precisa e dove ogni militante porta avanti una linea politica diversa, come è quello di Ferrando, potrà al massimo puntare a un misero risultato elettorale. Un po' meno peggio di Ferrando è, da questo punto di vista, Ricci, il quale è comunque preda della concezione trotzkista del partito, la quale nega il centralismo democratico, nega la necessità di eliminare ogni frazione organizzata, nega il carattere proletario del partito, nega la necessità di una forte disciplina e centralizzazione. Addirittura, in nome di un assurdo e antimarxista egualitarismo assoluto, la sua organizzazione non possiede né segretario generale né altro tipo di autorità formalmente riconosciuta. 4) OPPORTUNISMO Quello che più conta di questi due partiti trotzkisti è il loro carattere opportunista. Fino a pochi mesi fa e per quindici anni essi hanno militato in Rifondazione, ne hanno tirato la corda e l'hanno appoggiata. Ne sono usciti soltanto oggi che Rifondazione è entrata in maniera organica nel governo Prodi e dunque tale posizione borghese e opportunista non era più sostenibile davanti agli occhi dei sinceri rivoluzionari. Per continuare ad ingabbiare sinceri rivoluzionari Ricci e Ferrando hanno dovuto uscire da Rifondazione per dar vita a due nuove "Rifondazioni". Quando militavano in Rifondazione si guardavano bene dal metterne in risalto davanti alle masse il carattere riformista, capitolazionista e socialdemocratico, anzi sostenevano che da essa potesse nascere una "rifondazione del movimento comunista". Il PMLI nel '91, quando Rifondazione venne costituita, denunciò su "Il Bolscevico" che si stava compiendo un'operazione controrivoluzionaria e anticomunista destinata ad ingabbiare i sinceri comunisti, che si stava dando vita a un secondo PCI, che il destino inevitabile di Rifondazione sarebbe stato quello che poi effettivamente è stato. Ancora oggi Ricci e Ferrando si rifiutano di rivedere il loro giudizio originario nei confronti di Rifondazione, e ancora oggi secondo loro negli anni scorsi essa avrebbe rappresentato il "cuore dell'opposizione". In particolare anche qui Ricci è un po' meno sfacciato di Ferrando nel suo opportunismo. Ferrando era pronto a farsi eleggere senatore nelle file di Rifondazione. Una candidatura che egli aveva concordato privatamente con Bertinotti senza nemmeno porla al vaglio della sua frazione. Qualora non gli fosse stata revocata improvvisamente la candidatura e qualora fosse stato eletto (cosa quasi scontata poiché Bertinotti gli avrebbe affidato un collegio sicuro), avrebbe dovuto votare la fiducia al governo Prodi pena l'espulsione dal gruppo parlamentare e la revoca del suo mandato. In un'intervista a "il manifesto" in cui il giornalista gli chiedeva come si sarebbe comportato, ha risposto che sarebbe uscito dall'aula, avrebbe finto di ammalarsi o avrebbe trovato qualche espediente per salvare sia l'immagine sia la poltrona. Ed è difficile credere che, se Bertinotti non gli avesse revocato la candidatura con atto autoritario, egli avrebbe fondato ugualmente un altro partito. Ma entrambi sono ugualmente intenzionati ad occupare il posto che in questi anni è stato di Rifondazione e che essa si appresta a lasciare per spostarsi ancora più a destra verso la "sezione italiana della sinistra europea". Se volessero realmente dar vita a dei partiti rivoluzionari non sarebbero stati dentro Rifondazione quindici anni. 6 settembre 2006 |