Gli studenti protagonisti Interessanti dibattiti sul referendum al liceo Pasteur di Roma Martedì 6 giugno al liceo scientifico Pasteur di Roma, nell'ambito delle "giornate autogestite dagli studenti", si sono svolti due partecipati dibattiti sul referendum costituzionale. In quello che si è svolto nella palestra della scuola, il primo intervento è stato dell'ex giudice Ferdinando Imposimato, che per anni ha indagato sulle trame golpiste, stragiste e terroriste che hanno insanguinato l'Italia. Egli, parlamentare del PCI-PDS dall'87 al '96 e ora tra l'altro collaboratore di Liberazione, ha sottolineato con enfasi i principi di "giustizia sociale", "uguaglianza", "libertà", "democrazia" e "ripudio della guerra come mezzo per risolvere le controversie internazionali" contenuti in particolar modo negli artt. 1, 2, 3, 4 e 11 della Carta del 1948, che ha definito "stupenda e avanzata". Ha poi criticato duramente la controriforma della seconda parte della costituzione varata dal "centro-destra", in particolare "l'accentramento dei poteri nelle mani del premier e della sua maggioranza" che "verrebbe a determinare uno strapotere del potere esecutivo su quello legislativo e giudiziario", con "lo svilimento del ruolo assegnato dalla costituzione del '48 al Presidente della Repubblica, alla Corte costituzionale e soprattutto al parlamento repubblicano, ridotto a poca cosa con la soppressione del bicameralismo e la nascita di un senato federale, cosicché l'attività legislativa diviene monocamerale e con precedenza assoluta riservata ai decreti del governo". Imposimato ha definito il sistema elettorale maggioritario un sistema antidemocratico, una riedizione moderna della "legge truffa" del 1953 e della legge Acerbo del 1923. Se a tutto ciò si aggiunge "la devoluzione alle Regioni di competenze esclusive in materia di sanità, scuola e polizia locale non può che attentare anche ai principi contenuti nella prima parte della Costituzione. Per questo - ha concluso - bisogna votare no!". È intervenuta poi la nipote del liberale Piero Calamandrei che ha raccontato alcuni aneddoti su com'è nata la Carta del 1948 e a seguire un dirigente locale radicale della Rosa nel Pugno, Diego Sabatinelli, che ha farfugliato un ambiguo e soporifero discorso che è arrivato al massimo a definire "confuse e pasticciate" le modifiche apportate alla seconda parte della Costituzione. L'intervento del rappresentante del Pmli Il rappresentante del Pmli, dopo avere calorosamente ringraziato gli studenti per l'invito rivolto al PMLI, il secondo nel giro di un anno, si è complimentato per l'esemplare iniziativa da loro organizzata e ha auspicato che "anche chi non ha diciotto anni possa avere il diritto di voto". Ha invitato quindi i presenti a seguire due principi generali, quello di "andare a studiare direttamente dalle fonti", raffrontando ad esempio la Carta del '48 con quella del 2005, e quello di "prendere posizione" unicamente "in base ad una analisi di classe". "Su ogni avvenimento la domanda fatidica che dobbiamo porci è: a chi giova? Agli oppressi o agli oppressori? Agli sfruttati o agli sfruttatori? Alla classe dominante borghese o al proletariato e alle larghe masse popolari?". "In questo senso quello che va detto subito - ha proseguito - è che la controriforma costituzionale varata dalla casa del fascio nel novembre scorso" non è affatto "confusa" e nemmeno "cade come un fulmine a ciel sereno", bensì rappresenta "il coronamento di un nero progetto della classe dominante in camicia nera, realizzato senza che le masse popolari se ne rendessero conto, a seguito di un ininterrotto susseguirsi di golpe istituzionali e costituzionali sotto tutti i governi che si sono alternati al potere negli ultimi venti anni: ossia l'instaurazione in Italia di un regime capitalista dal forte carattere neofascista, presidenzialista e federalista, un regime che porta il nome di seconda repubblica. Una repubblica che coincide perfettamente con il piano golpista della loggia massonica P2 di Gelli, Craxi e Berlusconi, che fece proprio il presidenzialismo dei fascisti come Randolfo Pacciardi, l'ex-fucilatore di partigiani Almirante e il suo pupillo Gianfranco Fini, "arricchito", a partire dall'inizio anni '90, dal secessionismo voluto a tutti i costi dalla Lega razzista, neofascista e secessionista di Bossi". "Mentre quella del 1948 fu un compromesso tra classi e partiti di diversa ispirazione, tra il proletariato, i contadini, la piccola borghesia e la borghesia di ispirazione repubblicana, un compromesso in ultima analisi favorevole a queste ultime due classi, questa di oggi è una costituzione ad uso e consumo esclusivo della grande borghesia monopolistica, in special modo dell'alta borghesia del Nord-Est, della sua sete di profitti e delle sue esigenze di selvaggia competizione sullo scacchiere europeo e mondiale". "È a questo scopo e per questo motivo che è stata ridisegnata completamente la forma dello Stato, che da unitario diventa federale, e la forma del governo che acquista un carattere fascista e prevaricatore rispetto al parlamento, vengono assegnati poteri di tipo mussoliniano al presidente del Consiglio, che assume lo status di premier eletto 'direttamente dal popolo', non è più un 'primo tra pari', bensì 'determina' la politica generale del governo, nomina e revoca personalmente i ministri, non ha più bisogno del voto di fiducia del parlamento per governare e può sciogliere le Camere se queste sfiduciano il suo governo. Cosicché il parlamento, che rappresentava almeno formalmente l'istituzione centrale e caratterizzante della prima Repubblica democratico-borghese - come ha già ben spiegato Imposimato - verrebbe drasticamente ridimensionato nel numero dei parlamentari e in importanza e poteri, nonché completamente stravolto nelle funzioni per essere piegato al nuovo assetto federalista e presidenzialista dello Stato, anche tramite l'introduzione del Senato federale. Quest'ultimo diventa l'espressione diretta degli interessi delle borghesie regionali, cosi come anche la Corte costituzionale viene subordinata agli interessi della maggioranza governativa e delle lobby federaliste, diminuendo i giudici nominati dal presidente della Repubblica e dai vertici della magistratura e aumentando quelli nominati dal parlamento, di cui tra questi la maggior parte spetta al Senato federale". Dichiarando ampiamente "condivisibile" il discorso di Imposimato su questi punti il rappresentante del Pmli ha precisato però che "noi non ci appiattiamo sulla Costituzione democratico-borghese del 1948 e consideriamo ipocrita la parola d'ordine "Salviamo la Costituzione". "Essa fu varata sotto la spinta propulsiva della Resistenza, che fu insieme una guerra di liberazione nazionale dalle orde naziste ed una guerra civile per liberare il paese da fascisti e repubblichini, guerre che furono combattute con altissimo tributo di sangue in primo luogo dalla classe operaia e contadina, e dai comunisti delle gloriose Brigate Garibaldi che costituivano oltre il 50% di tutti i combattenti, in questo senso si può definire quella del '48 una Costituzione nata dalla Resistenza, una Costituzione antifascista". "Ma è altrettanto vero che essa è anche una Costituzione anticomunista perché sancisce l'inviolabilità della proprietà privata capitalista dei mezzi di produzione e dello Stato borghese, e in questo senso rappresenta una camicia di forza e un limite invalicabile per la classe operaia e tutti gli sfruttati e gli oppressi che aspirano a cambiare questa società fondata sullo sfruttamento dell'uomo sull'uomo, l'ingiustizia sociale e la guerra imperialista, per conquistare una nuova società, il socialismo. Basti pensare agli articoli 40, 41 e 42, che riguardano rispettivamente l'iniziativa economica privata, che è "libera" senza altri aggettivi e la proprietà privata, che è espressamente "riconosciuta e garantita dalla legge'', mentre il diritto di sciopero è assoggettato alle "leggi che lo regolano". "Basti pensare - ha aggiunto il rappresentante del PMLI - al peso preponderante della concezione interclassista, familista e solidarista mutuata dalla chiesa cattolica, che si riflette nell'accoglimento in blocco dei Patti lateranensi di Mussolini e Pio XI (art. 7), dell'esaltazione della famiglia e della maternità (art. 29, 30, 31) e della scuola privata (art. 33), nella promozione del collaborazionismo di classe cogestionario (art. 46), per non parlare dell'ipocrisia dei principi generali contenuti nell'art. 1, e successivi, che non hanno trovato alcun riscontro nella costituzione materiale, nella vita reale, vista la dilagante disoccupazione, il lavoro nero e sfruttato. Stesso discorso per l'art 21 sulla libertà di stampa e di parola, un diritto di fatto assai limitato dalla miseria e dalla povertà delle masse e dal monopolio sui mass-media. Il fatto è che la Costituzione del 1948 fu un compromesso tra la borghesia e il proletariato". "La Costituzione del 1948, comunque, non esiste più. Quantomeno perché è già stata profondamente cambiata nella sua seconda parte con la controriforma federalista del Titolo V varata nel 2001 dal 'centro-sinistra' che ha aperto la strada alla devolution secessionista e alla repubblica presidenziale della casa del fascio". "Per non dire delle centinaia di forzature, picconate, strappi e stravolgimenti di ogni tipo, che anno dopo anno l'hanno resa un colabrodo: in particolare è stato cancellato di fatto l'art. 11 con la partecipazione dell'Italia a guerre imperialiste, come quella all'ex Repubblica federale di Jugoslavia che fu bombardata su ordine di D'Alema senza neanche la foglia di fico delle risoluzioni degli organismi internazionali e senza il voto del parlamento, che fu informato a cose fatte, o quelle altrettanto illegali e criminali all'Afghanistan e all'Iraq; basterebbe pensare anche alla controriforma neofascista dell'ordinamento giudiziario varata dalla casa del fascio che sottomette la magistratura, in particolare il Pm al governo, che vìola numerosi articoli della Carta costituzionale; o anche alla legge sul finanziamento alle scuole private e cattoliche varata dal governo Prodi che straccia l'art.33 nella parte in cui specifica che i privati nell'istruzione possono esistere ma 'senza oneri per lo Stato', o alla legge Gasparri che ha blindato il monopolio mediatico illegale e incostituzionale del neoduce Berlusconi", per non parlare della Bicamerale golpista presieduta sempre da Massimo D'Alema, e a cui hanno collaborato anche Bertinotti e Cossutta, con tutte le controriforme costituzionali che il "centro-sinistra" era pronto ad adottare, aggirando impunemente l'art. 138. Il dibattito Il dibattito è proseguito con l'intervento di un bidello che ha precisato come la Costituzione del '48 non ha impedito di legare l'Italia al carro militarista e guerrafondaio "degli Usa e della Nato" né che in Italia nascessero organizzazioni clandestine "come Gladio", con lo scopo di soffocare nel sangue un'eventuale salita al governo per via elettorale e parlamentare dei partiti di ispirazione operaia, aggiungiamo noi. Quindi è stata la volta della domanda di uno studente circa le conseguenze del federalismo sulla scuola. L'esponente dei radicali ha risposto "non preoccupatevi, non cambia niente, se non si procede anche alla abolizione del valore legale del titolo di studio" e ha detto di non essere comunque pregiudizialmente contrario a cambiare la Costituzione sulla base di "un federalismo solidale e un presidenzialismo alla americana". Ne è seguito un serrato botta e risposta. Il rappresentante del Pmli ha attirato l'attenzione dei presenti sulla vicinanza "tra le posizioni di Bossi e Berlusconi e quelle dei radicali non solo in tema di federalismo e presidenzialismo, visto che l'abolizione del valore legale del titolo di studio è una rivendicazione storicamente ultraliberista e giova solo ai capitalisti che vogliono con la deregulation di reaganiana memoria avere mano libera nella assunzione di forza-lavoro", tanto che "in questo senso vanno interpretate sia le controriforme Treu e Maroni del mercato del lavoro sia le controriforme Berlinguer-Zecchino-Moratti della scuola e dell'università, che, con l'autonomia e l'aziendalizzazione, privatizzano la scuola e l'università, e con la 'riforma dei cicli' che restaura il gentiliano doppio binario tra istruzione professionale per i poveri ed istruzione generale per i ricchi della futura classe dirigente". "La devolution federalista, che contiene in sé il federalismo fiscale approvato dal 'centro-sinistra' nel 2001, - ha quindi affermato - è molto nefasta per la scuola perché affossa l'istruzione pubblica, crea scuole e alunni di serie a, b, c e z, distruggendo il principio di universalità ed uguaglianza dei servizi primari, a partire proprio dai diritti all'istruzione e alla salute, che dipenderebbero dalla ricchezza o dalla povertà delle regioni eroganti. Le scuole pubbliche del Sud diventeranno scuole da Terzo Mondo". Ha sottolineato che "Il federalismo non può essere solidale, perché discende dall'egoismo, ed è una breccia aperta nell'edificio dello Stato unitario, che in breve tempo darebbe il via alla disgregazione dell'unità del Paese, spezzettando l'Italia in 20 staterelli sotto le spinte secessioniste delle borghesie delle regioni del Nord più ricco, che vogliono staccare il Sud più povero e arretrato dal resto del Paese come un peso morto. Si ritornerebbe indietro di 150 anni, ad una situazione pre-unitaria". "Per capire chi abbiamo di fronte - ha concluso il rappresentante del Pmli- ricordo solo che i radicali di Pannella e Bonino hanno proposto dei referendum per abolire il sistema sanitario nazionale e l'art. 18 e lo 'Statuto dei lavoratori!'". Anche per questo dobbiamo fare una seria riflessione sulle recenti reciproche aperture di autorevoli esponenti dell'Unione come Prodi, D'Alema e Napolitano a Bossi, perché il rischio concreto è che tra la "sinistra" e la destra borghese riparta il dialogo sulle "riforme costituzionali", da dove era stato interrotto con la Bicamerale per fare, come dicono loro, insieme le "riforme costituzionali" per "obiettivi condivisi". Ha sancito la fine del dibattito l'intervento di un professore di storia del liceo che, criticando anch'egli le posizioni dei radicali, ha denunciato: "il federalismo insieme agli spaventosi tagli alla sanità e alla scuola delle ultime finanziarie persegue l'obiettivo di affossare la sanità e la scuola pubblica e devolvere tutto nelle mani dei privati". Il dibattito con Federico Questo secondo dibattito si è svolto, in contemporanea al primo, nell'aula magna del liceo Pasteur. Il PMLI era rappresentato dal compagno studente Federico che si è misurato con Massimo Iervolino, tesoriere dei Radicali romani. C'è stata inizialmente una introduzione abbastanza prolissa quanto superflua da parte di un professore di storia e filosofia. Poi uno degli organizzatori ha sostanzialmente e da un punto di vista quasi "imparziale", smascherato in parole semplici il federalismo fiscale. Federico ha preso la parola illustrando in modo molto incisivo, le nostre posizioni sul federalismo e il presidenzialismo mussoliniano. L'esponente radicale ha confermato un no al federalismo ma ha espresso un sì al presidenzialismo, portando in causa la scusante molto goffa che "il Primo Ministro sarebbe sotto il ricatto dei Partiti". È a questo punto che il professore riprende disgraziatamente il microfono, facendo scivolare la sala nel torpore con un "riassunto" che alla fine era un riepilogo delle sue posizioni. Poi la parola passa a un rappresentante del personale ATA della scuola, quindi a una professoressa e finalmente torna al compagno Federico che denuncia il fatto che una "riforma" così grande e complessa sia stata votata tutta insieme in una volta sola. Anche grazie al linguaggio "studentesco" di Federico, i ragazzi tornano ad ascoltare interessati. Dopo qualche altra cosa detta da Iervolino il microfono ripassa nelle mani dei professori, che ne abusano all'inverosimile. Quando ritocca a Federico, insiste sul presidenzialismo portando argomentazioni nuove ed originali, e così farà nei successivi turni di intervento, tra cui uno interessantissimo circa il fatto che la sfiducia al Premier può farlo dimettere solo se c'è pronto un altro borghese che ne prenderà il posto. "Ovviamente" quest'ultimo dovrà essere proposto dalla maggioranza. Federico si ricollega al discorso del federalismo, non ancora ben affrontato, e denuncia i vantaggi per le regioni più ricche, che alla fine sono i vantaggi per le borghesie di quelle regioni. Questo dibattito è stato seguito con interesse vivo da parte di qualche studente con indosso la maglietta di Guevara o di gruppi rock "di sinistra" e con interesse incostante dal centinaio e più di presenti, cosa comunque ritenuta molto soddisfacente dagli organizzatori. Al termine dei due dibattiti ci sono stati una decina di ragazzi che sono rimasti a parlare con i nostri compagni. Hanno anche voluto copie de Il Bolscevico. Ci sono stati due studenti che hanno rivalutato le loro considerazioni sul PMLI. Un professore ha addirittura proposto di mettere Il Bolscevico nell'archivio scolastico e si è sviluppato un cordiale ed interessante colloquio. 14 giugno 2006 |