Le promesse elettorali e governative del leader revisionista dei Comunisti italiani a favore dell'apparentamento col "centro-sinistra" Diliberto: 'per 10 seggi voteremo la fiducia senza se e senza ma' L'obiettivo del PDCI è di federarsi con SEL Alla vigilia del VI Congresso del PDCI, tenutosi a Rimini dal 28 al 30 ottobre scorsi, il suo segretario Oliviero Diliberto si è profuso, in varie interviste ai quotidiani della "sinistra" borghese, sulla linea del suo partito sulle prossime elezioni politiche e su un eventuale governo di "centro-sinistra". La cosa stupefacente che emerge da queste interviste è che non solo il leader revisionista non si è affatto pentito della disastrosa esperienza della sua partecipazione al secondo governo Prodi, crollato miseramente dopo aver bruciato tutte le false illusioni che aveva seminato nell'elettorato di sinistra per carpirne i voti; ma che è pronto a ripeterla con un ipotetico nuovo governo di "centro-sinistra", offrendogliela però a prezzi ancor più stracciati di allora: cioè dall'esterno, senza neanche entrare nel governo. Stavolta si accontenterebbe, in cambio dell'appoggio "per cinque anni senza se e senza ma", di un patto elettorale col PD per rientrare in parlamento con una decina di deputati. È quanto ha dichiarato, senza alcun pudore, a Luca Telese (ex PRC) per Il Fatto Quotidiano del 27 ottobre in cui, fantasticando sui sondaggi che darebbero al 2,7% la Federazione della sinistra, di cui il PDCI fa parte insieme al PRC di Paolo Ferrero, ha calcolato in 21 i seggi che la Federazione della sinistra (FDS) potrebbe ottenere se il "centro-sinistra" le concedesse l'apparentamento. E questo grazie proprio alla tanto deprecata legge elettorale "porcellum" con cui il premio di maggioranza può essere diviso con il primo partito della coalizione vincente che non ha raggiunto la soglia di sbarramento del 4%. In cambio quindi della decina scarsa di seggi che spetterebbero al suo partito, Diliberto è pronto ad assicurare la fiducia a vita al governo, pur ammettendo che "ci sono delle difficoltà in più nel partito di Ferrero": "Ma non vedo alternative - gli manda a dire il leader revisionista - chi si candida deve impegnarsi a sostenere tre punti di programma e a sostenere il governo per cinque anni senza se e senza ma". All'insistenza dell'intervistatore su questo punto, cioè se sia coerente questa posizione con il "partito comunista antagonista" che i Comunisti italiani dicono di voler costruire, Diliberto ribadisce seccamente: "I partiti comunisti che conosco io operano nella realtà. Quindi, se ci si allea con il centrosinistra, si vota la fiducia. Punto". Quanto alla "ricostruzione del partito comunista", tema del congresso di Rimini, egli si dichiara senza mezzi termini a favore di una "sinistra unita" per fare "un solo partito comunista" attraverso la riunificazione di tutte le forze trotzkiste di FDS e SEL; il cui leader neoliberale Vendola non avrebbe problemi ad appoggiare nel caso si presentasse alle primarie del "centro-sinistra": "Io personalmente, fra lui e Bersani, non avrei dubbi. La Federazione non lo so, non ne abbiamo parlato. Ma penso che l'obiettivo dovrebbe essere federarci con SEL per costruire una sinistra a due cifre", precisa infatti Diliberto. Obiettivo che poi, aggiungiamo noi, non sarebbe altro che il vecchio progetto della riunificazione di tutte le forze della cosiddetta "sinistra antagonista", cioè revisionista e trotzkista, nel vagheggiato partito del 15% a sinistra del PD di bertinottiana memoria. In una successiva intervista a il manifesto del 28 ottobre, Diliberto si fa ancora più audace, annunciando che proporrà al suo partito di partecipare alle primarie e che "è probabile che voteremo Vendola". Non solo, ma che la sua proposta di votare la fiducia al governo in cambio dell'apparentamento elettorale potrebbe estendersi anche ad un eventuale governo con dentro l'UDC: "Tra noi c'è un'incompatibilità reciproca", e poi "è un'eventualità impossibile", si affretta a precisare il segretario dei Comunisti italiani alla domanda se sarebbe disposto ad allearsi anche coi centristi. Ma subito dopo, alla domanda se sarebbe disponibile però "a garantire la vita di un governo di centrosinistra ostaggio di Casini", risponde tranquillamente: "Dipende dai numeri. Lo valuteremo dopo". La stessa risposta sfacciatamente opportunista che Diliberto dà alla domanda se sarebbe disposto a sostenere il governo anche nel caso di un'eventuale missione militare: "Dipende da cosa si tratta. Se ci chiedono di bombardare Pechino votiamo no. Ma siamo pronti a un impegno fra persone serie, che non si mettono le dita negli occhi". In sostanza, se le parole hanno un valore, per Diliberto il no assoluto alla guerra imperialista vale solo per i suoi amici governanti revisionisti cinesi, in tutti gli altri casi la risposta è "ni"! È interessante notare che, mentre al quotidiano trotzkista Diliberto assicura che riguardo ad un nuovo governo dell'Ulivo anche Ferrero "è stato più volte esplicito anche sul fatto di garantirne l'esistenza, dopo la nascita", nella contemporanea intervista a Liberazione, invece, questa questione è trattata in modo assai più sfumato e ambiguo: non si parla di appoggio senza se e senza ma per cinque anni, né si azzardano numeri su eventuali seggi in parlamento in cambio di apparentamento elettorale; tanto meno si ammette di essere in trattative con Bersani, come ha lasciato trapelare in un'altra intervista a l'Unità. Sul quotidiano trotzkista del PRC si propone solo più genericamente di "negoziare col PD e le altre forze del centrosinistra alcuni punti programmatici". Idem per quanto riguarda l'unificazione con SEL, trattata con molta più cautela dal leader dei revisionisti, per non dire del suo sbracato appoggio alla candidatura di Vendola alle primarie che qui non viene nemmeno sfiorata. Tutte differenze queste, rispetto alle più esplicite interviste su Il Fatto, il manifesto e l'Unità, che rivelano quanto sia Diliberto che Ferrero siano perfettamente consapevoli dell'indigeribilità delle loro posizioni opportuniste e collaborazioniste tra i sinceri anticapitalisti e fautori del socialismo che militano nella base di FDS. 9 novembre 2011 |