Dichiarazione interventista e guerrafondaia del nuovo ministro della Difesa Di Paola: "Le forze armate potrebbero intervenire in teatri non tradizionali e non prevedibili" "Non è possibile tagliare le spese militari" "La strategia della comunità internazionale rimane quella che è stata appena confermata alla Conferenza di Bonn, l'impegno in Afghanistan continuerà oltre il 2014 in forme diverse che dovremo studiare. Non si ricostruisce un paese come l'Afghanistan in 5 o 10 anni". Ha esordito con queste parole il neo ministro della difesa, l'ammiraglio Giampaolo Di Paola, già presidente del Comitato militare della Nato, nell'intervista rilasciata al compiacente quotidiano la Repubblica il 7 dicembre scorso. È la conferma ufficiale che il governo della sanguisuga Monti non ha alcuna intenzione di porre termine alle incostituzionali e criminali missioni di guerra imperialiste dell'Italia fuori dai suoi confini. Per quanto riguarda il martoriato paese centro-asiatico il ministro-generale ha sottolineato che: "è stato stabilito che fra esercito e polizia gli effettivi (ossia i mercenari al soldo delle potenze imperialiste) dovranno arrivare a 352 mila uomini, che potrebbero crescere fino a 378mila a seconda delle condizioni che si verificheranno". Per quanto riguarda il Medio Oriente ha ricordato che da gennaio l'Italia tornerà al comando di Unifil, non solo dando per scontato il diritto di ingerenza dell'imperialismo italiano ed europeo negli affari interni di Libano e Siria, come fossero colonie e non Stati sovrani, ma anche riconfermando indirettamente il patto di ferro tra il governo italiano e i massacratori del popolo palestinese al governo in Israele: "Se le Nazioni Unite hanno chiesto all'Italia di tornare ad assumere il comando militare della missione significa che i paesi dell'area hanno espresso il loro consenso. Il ruolo del nostro paese è determinante, e soprattutto è stato riconosciuto alle nostre forze armate la capacità di gestire la missione con equilibrio... La vera variabile sarà l'evoluzione della situazione in Siria: il paese ha un rapporto speciale con alcune componenti della vita politica libanese, quello che succede in Siria si ripercuoterà direttamente sul Libano e quindi su Unifil. Noi puntiamo ad una evoluzione interna del quadro politico siriano". Proprio mentre la manovra Monti di lacrime e sangue iniziava il suo iter parlamentare, il ministro ha voluto quindi rimarcare che "sulle spese militari questo governo ha ben chiaro che non è possibile fare nuovi tagli agli attuali bilanci", accompagnando questa tracotante dichiarazione con un gravissimo avvertimento: "Dovremo continuare a investire... mantenendo lo sguardo aperto sul mondo. Come ha detto il ministro degli Esteri Giulio Terzi, l'Italia è una realtà globale con interessi globali, e questo profilo potrebbe portare le forze armate a intervenire in teatri non tradizionali e non prevedibili". Anche in politica estera dunque nessuna discontinuità rispetto alla politica interventista e guerrafondaia portata avanti dal governo del neoduce Berlusconi, che aveva fatto propria la dottrina della "guerra preventiva" di Bush, Putin e della Ue, che ha portato alla selvaggia spartizione dell'Irak. Le spese per gli armamenti previste fino al 2026 ammonteranno a ben 50 miliardi di euro, 15-19 miliardi saranno spesi subito per i 131 cacciabombardieri F35 (il ministro in carica ebbe un ruolo centrale nel firmare l'accordo Italia-Usa), 10 miliardi per i 100 caccia Eurofighter Typhoon, senza contare i finanziamenti previsti per il 2012 per la produzione di 4 sommergibili e due fregate e le spese per la "mini naja" di stampo mussoliniano, denominata "ViVi le forze armate" da 8,5 milioni di euro. Tutti soldi ancora una volta scippati al popolo italiano, e ad un Mezzogiorno d'Italia letteralmente agonizzante, e girati impunemente agli eserciti mercenari d'invasione e alle multinazionali delle armi. 14 dicembre 2011 |