Di Pietro, agente segreto e colluso con la mafia? La stupefacente giravolta di Di Pietro al 1° Congresso dell'IDV, con l'annuncio dell'abbandono delle piazze per coltivare l'"alternativa di governo" e con l'appoggio alla candidatura dell'inquisito De Luca in Campania, operata a pochi giorni di distanza dalla pubblicazione di una foto risalente al dicembre 1992, nel pieno della stagione di "mani pulite" di cui egli era l'esponente più famoso, che lo ritrae a cena con agenti dei servizi segreti, tra cui un presunto agente della Cia e il di lì a poco arrestato per concorso esterno in associazione di tipo mafioso Bruno Contrada, autorizza più di un sospetto su un collegamento non casuale tra i due eventi. In particolare viene da chiedersi se la pubblicazione di questa strana foto da parte del Corriere della Sera (Cds), facente parte di un gruppo di 12 scattate la sera del 15 dicembre 1992 in una caserma dei carabinieri di Roma, che i partecipanti a quella cena si erano impegnati a distruggere ma misteriosamente riapparse alla vigilia del Congresso dell'IDV, non sia stata un avvertimento dei "poteri forti" al suo leader per frenarne le smanie "giustizialiste" e ridimensionarne le ambizioni egemoniche sulla "sinistra" borghese, che egli nutre approfittando della crisi del PD e sfruttando la crescente opposizione spontanea di piazza antiberlusconiana in cerca di rappresentanza politica. E viene da chiedersi altresì se la spettacolare capriola congressuale di Di Pietro non sia stata dettata proprio dall'aver accusato il colpo ed essersi adeguato di conseguenza al ricatto di cui è stato fatto oggetto, senza di che non si spiegherebbe il suo improvviso cambiamento di rotta che ha spiazzato e scandalizzato non poco la base del suo partito e isolato lo stesso numero due in pectore, De Magistris. E va da sé che se ciò è vero allora qualcosa di oscuro deve esserci davvero nel passato di Di Pietro, qualcosa che con la sua "ritirata strategica" egli cercherebbe di coprire prevenendo la pubblicazione di altri dossier che lo riguardano. È ben vero che l'attacco del quotidiano della grande borghesia milanese, subito ripreso e rilanciato con grande enfasi dal quotidiano di famiglia di Berlusconi Il Giornale e dal quotidiano neofascista Libero, presuppone una manovra della destra borghese neofascista e berlusconiana per prevenire una nuova "mani pulite" screditando quella vecchia. In particolare si vuol accreditare la tesi che le inchieste giudiziare di oggi contro il neoduce e altri politici corrotti e in odore di mafia sono frutto di un "complotto" esattamente come lo furono le inchieste che nel '92-'93 portarono alla cancellazione dei partiti della prima repubblica fuorché il PCI revisionista. E che Di Pietro fu lo strumento usato per attuare tale complotto, così come oggi lo sarebbero i magistrati che ficcano il naso nel verminaio della corruzione politica. Di Pietro uomo della destra Ma se per la nuova tangentopoli che sta riemergendo ancor più vasta e virulenta che mai questa tesi è palesemente strumentale e falsa, non altrettanto si può dire per la vecchia, perché in questo caso le accuse e i sospetti sparsi dalla destra trovano concreti appigli in molti fatti mai chiariti e inquietanti che ruotano attorno alla figura di Di Pietro. E d'altronde, chi meglio della destra neofascista, presidenzialista e berlusconiana può saperlo, dal momento che sono state proprio queste forze a inneggiare all'allora magistrato di "mani pulite" e alla sua opera di "ripulitura" del Paese dalla vecchia classe dirigente che ha spianato la strada alla seconda repubblica e al nuovo Mussolini? Una destra con cui il futuro finto moralizzatore e finto "sinistro" Di Pietro aveva allora molte affinità e molti punti in comune, tra cui l'anticomunismo, il liberismo e il presidenzialismo, nonché l'attitudine ai maneggiamenti e agli intrallazzi poco chiari, tanto che nel '94 il neoduce se lo voleva comprare proponendogli di entrare nel suo primo governo come ministro dell'Interno. Punti tra l'altro da lui non rinnegati neanche oggi, ma solo messi tra parentesi per motivi di opportunismo politico, ma che prima o poi ritorneranno a galla, come la sua svolta congressuale lascia intravedere. Ma torniamo alla foto pubblicata sul Corriere della Sera e domandiamoci quali squarci apre sul passato di Di Pietro. Innanzi tutto, da dove proviene? L'articolo di commento del CdS a firma di Felice Cavallaro parla di quattro foto (ma pare che a quella cena ne furono scattate 12 in tutto) provenienti dall'archivio personale di un ex amico e collaboratore dell'ex magistrato, l'avvocato Mario Di Domenico, cultore di statuti medioevali e chiamato dieci anni fa da Di Pietro a redigere lo statuto dell'Italia dei valori. Di Domenico, che come altri ex sodali di Di Pietro (vedi Elio Veltri) oggi è diventato un suo acerrimo nemico, sta scrivendo un libro, dal significativo titolo "ll 'colpo'allo Stato", corredato appunto da queste foto e altri documenti inediti, in cui sostiene la tesi che "mani pulite" fu una sorta di colpo di Stato non cruento dietro al quale c'è la lunga mano dei servizi segreti e della Cia. Delle voci su presunti legami dell'ex poliziotto ed ex magistrato con i servizi segreti e persino con la Cia, da lui peraltro sempre smentiti, si sapeva da tempo. Come si sapeva di altri frangenti mai del tutto chiariti della sua fulminante carriera, e in particolare degli anni trascorsi al servizio dell'Aeronautica militare, dopo il ritorno in Italia da emigrante in Germania, con un delicato incarico in una fabbrica di armamenti per la Nato (forse già allora al servizio dell'intelligence militare? ndr); della laurea in legge conseguita con una rapidità straordinaria; del misterioso viaggio alle Seychelles nell'84, dove incontrò, a suo dire per caso, il latitante Francesco Pazienza, il faccendiere legato ai traffici golpisti del cosiddetto Supersismi, e dove svolse delle non meglio precisate "indagini" non si sa per conto di chi; dei viaggi-conferenza negli Stati Uniti organizzati per lui dall'agente della Cia Michael Leeden e da Edward Luttwak, e così via. Adesso però le foto scattate alla cena romana del 15 dicembre 1992 sembrano avvalorare decisamente tali voci e sospetti che Di Pietro bolla come frutto di "menti malate". Con l'allora magistrato di "mani pulite" si vedono il colonnello dei carabinieri Tommaso Vitagliano, oggi generale di brigata, che fece gli "onori di casa" nella caserma del comando legione di via Selci ed altri ufficiali notoriamente legati ai servizi segreti. Ma soprattutto vi compaiono due figure particolarmente significative e inquietanti: uno è l'allora numero tre del Sisde, Bruno Contrada, già nel mirino dei successori di Falcone e Borsellino alla procura di Palermo e che di lì a pochi giorni sarà arrestato per concorso esterno in associazione di tipo mafioso; accusa per la quale è stato condannato con sentenza definitiva e che sta scontando agli arresti domiciliari per ragioni di salute. L'altro è tale Rocco Maria Modiati, agente della Kroll, la più grande agenzia investigativa di affari del mondo, notoriamente legata alla Cia, e attualmente in forza all'ambasciata Usa a Roma, venuto in Italia per consegnare una targa ricordo della Kroll a Di Pietro in riconoscimento dei suoi "meriti investigativi". Interrogativi legittimi C'è dunque più di un motivo per sollevare legittimi interrogativi su quella cena e sul suo protagonista, considerato anche l'altro caso singolare che proprio quel giorno l'Ansa aveva diramato la notizia dell'avviso di garanzia a Craxi per concorso in corruzione, ricettazione e violazione alla legge sul finanziamento pubblico ai partiti. Interrogativi che lo stesso Di Pietro fotografa nel momento stesso che li smentisce con queste parole: "Si vuol far credere, attraverso un dossier di 12 foto mie con Mori (curioso lapsus perché Mori non c'era, ndr), Contrada e funzionari dei servizi segreti, che io sia o sia stato al soldo dei servizi segreti deviati e della Cia per abbattere la prima repubblica perché così volevano gli americani e la mafia". L'ex magistrato sostiene che allora non conosceva Contrada e non poteva sapere che era sospettato di complicità con la mafia. Ma allora perché quando pochi giorni dopo il dirigente del Sisde fu arrestato egli e gli altri partecipanti alla cena si accordarono per far sparire le foto e tenere segreto quell'incontro? Come mai Di Pietro non ne ha mai parlato in tutti questi anni, e nemmeno ne parlò allora ai suoi colleghi della procura milanese e al suo capo Borrelli? E soprattutto, perché dopo che queste foto sono riemerse dal passato ha fatto una virata politica repentina smettendo di cavalcare il "giustizialismo"? Che cosa ha da temere, questo finto moralizzatore, dai segreti del suo passato che qualcuno evidentemente dimostra di conoscere molto bene? È quantomeno singolare che anche personaggi sedicenti di "sinistra", perlopiù di area trotzkista, riciclatisi nel suo partito, che del resto egli comanda a bacchetta come un monarca assoluto, non si pongano gli stessi interrogativi e facciano invece quadrato intorno a Di Pietro in maniera acritica, liquidando la faccenda solo come una manovra della destra per screditare la magistratura e salvare Berlusconi; compreso De Magistris, che pure in altre circostanze ha dimostrato di non accettare censure e autocensure. Che ci sia un interesse politico da parte del neoduce e dei suoi pennivendoli a screditare Di Pietro, per screditare e colpire in realtà tutta la magistratura, è pur vero. Ma è altrettanto vero che è lo stesso leader dell'IDV a fornire armi e argomenti a questa campagna con i suoi trascorsi ambigui e i troppi misteri che ancora circondano il suo passato di ex poliziotto ed ex magistrato. Senza contare quelli più recenti accumulati dopo che ha smesso la toga per dedicarsi alla politica, come le accuse di gestione privata dei finanziamenti pubblici al partito, la conduzione "familiare" e nepotistica del partito stesso, le sue non ben chiarite attività immobiliari, che hanno superato la notevole cifra di 4 milioni di euro senza che si sappia come se li sia procurati, il coinvolgimento del figlio Cristiano nell'inchiesta Global Service a Napoli, e così via. Soprattutto gli antiberlusconiani farebbero bene a meditare su tutto ciò e a diffidare di questo ambiguo personaggio che punta a rastrellare i voti degli astensionisti di sinistra per i suoi giochi di potere, voti che verrebbero utilizzati anche per far eleggere politici inquisiti. 19 maggio 2010 |