Discorso astensionista a Bari
Asteniamoci per battere le mafie e risolvere nel socialismo la secolare "questione meridionale"

Qui di seguito pubblichiamo il testo integrale del discorso pronunciato dal rappresentante del PMLI il 4 aprile nel dibattito elettorale del PMLI a Bari.
Nel dibattito di Napoli del 5 aprile egli ha pronunciato un discorso che si discosta dal seguente in piccola parte.

Compagne e compagni, amiche e amici, buona sera e benvenuti.
Sono felice e onorato di essere qui a rappresentare il PMLI. Per questo ringrazio l'Ufficio politico del Partito che mi ha dato questo incarico e i compagni, militanti e simpatizzanti, che con grande coraggio, generosità e spirito di sacrificio hanno organizzato questo dibattito, il primo del nostro Partito in questa città, che speriamo sia ricco di interventi e ci consenta di chiarire i problemi che verranno posti con reciproca soddisfazione e di approfondire i nostri rapporti politici, organizzativi e pratici.

L'indomita lotta del PMLI per il socialismo
Permettetemi anzitutto di rivolgere un profondo e riconoscente pensiero a Marx ed Engels, due grandi maestri del proletariato internazionale, due giganti del pensiero e dell'azione che per primi hanno indicato agli operai e ai lavoratori la via della vittoria, la via della liberazione dalla schiavitù salariata e dallo sfruttamento dell'uomo sull'uomo. Sono passati esattamente 160 anni da quando pubblicavano il "Manifesto del Partito Comunista'', quel capolavoro che ha aperto le porte all'era della rivoluzione proletaria. Il PMLI è figlio di questa nuova èra, e combatte per liberare il popolo italiano dalle catene del capitalismo e dell'imperialismo, la fonte di tutte le disuguaglianze e le ingiustizie, combatte per fare tabula rasa del suo Stato, delle sue leggi, dei suoi ordinamenti, della sua morale e per costruire sulle sue ceneri la nuova Italia, I'Italia unita, rossa e socialista.
Il capitalismo, si cerca sempre di nasconderlo, si fonda su di un furto legalizzato, il plusvalore, ossia ore di lavoro non pagate all'operaio dal proprietario dei mezzi di produzione. Questo furto è la radice molecolare del sistema economico, che alimenta nella fase ultima e morente del suo sviluppo, l'imperialismo, ossia l'onnipotenza del capitale finanziario, il quale è concentrato in quei potenti monopoli che sono le banche, che dispongono di quasi tutto il capitale liquido di tutti i capitalisti e piccoli industriali e così pure della massima parte dei mezzi di produzione e delle sorgenti di materie prime di un dato paese e di tutta una serie di paesi.
Per questo Lenin già nel 1919 nell'opera Sullo Stato scriveva "La potenza del capitale è tutto, la Borsa è tutto, mentre il parlamento, le elezioni, sono un gioco da marionette, di pupazzi" e si chiedeva: "si può forse seppellire questa proprietà privata dei mezzi di produzione senza che il proletariato conquisti il potere politico?". Questa anche per noi oggi resta la madre di tutte le questioni. La nostra risposta è la stessa di Lenin, la conquista del potere politico è l'unico mezzo possibile per scardinare e distruggere la sovrastruttura statale, politica e sociale della borghesia, che è funzionale e finalizzata unicamente a perpetuare il dominio di un infima minoranza di sfruttatori sulla stragrande maggioranza del popolo e a tenere in piedi un sistema corrotto fino al midollo che si fonda sulla legge del massimo profitto, sul saccheggio del denaro pubblico, sull'etica dell'individualismo, dell'arrivismo, della competizione più sfrenata tra gli uomini e tra le nazioni in ogni settore, in ogni attività, un sistema che genera la miseria, la disoccupazione, l'alienazione, la prostituzione in senso stretto e in senso largo, le disparità territoriali e di sesso, l'oppressione della donna, quale schiava modello della famiglia borghese e cattolica, e ancora il razzismo, le guerre di rapina, la devastazione ambientale, le sofisticazioni alimentari, il cancro, la mafia, la ndrangheta, la camorra, la sacra corona unita.
Seguendo l'esempio dei rivoluzionari parigini che sconvolsero il mondo nel 1871 e degli eroici comunisti che a partire dal 1917 in Russia e dal 1949 in Cina riuscirono a far splendere per alcuni decenni il sole del socialismo su di un terzo dell'umanità, il PMLI ha affrontato condizioni difficili e superato durissime prove, ha resistito alla impetuosa ondata di restaurazione che ha spinto nella "stanza dei bottoni" della borghesia quei leader, quelle organizzazioni e quei partiti che si rifacevano formalmente al comunismo, come il PCI revisionista, che ha trasformato progressivamente gloriosi paesi comunisti, come l'Urss e la Cina, in mostruose dittature fasciste di stampo hitleriano, ha resistito all'isolamento internazionale, alle raffiche di minacce per indurlo a cambiare strada, alle pallottole di zucchero di chi gli consigliava di rinunciare all'impresa, ha denunciato quei consiglieri malevoli, strumento dei più acerrimi nemici del proletariato, che gli suggerivano di staccarsi dalle masse, di saltare le tappe e andare allo sbaraglio.
Il PMLI, sebbene la strada sia ancora lunga, piena di insidie ed in salita, grazie innanzitutto a quei primi pionieri, forgiatisi nel fuoco della Grande Rivolta del '68 che non hanno abbandonato la causa, come la indimenticabile compagna Lucia, è ancora qui, imperterrito, indomito e deciso a proseguire con passo spedito nelle Lunga marcia per costruire un grande, forte e radicato Partito che dia finalmente al proletariato italiano una guida sicura quando decideremo insieme che è giunto il momento più propizio per dare l'assalto al cielo.
Nel frattempo noi vorremmo che tutti coloro che intendono unirsi a noi per portare a compimento questa nobile e titanica impresa impugnino il "Manifesto del Partito comunista" come un atto di nascita. Insieme a "Stato e rivoluzione" di Lenin, "Principi del leninismo" e "Questioni del leninismo" di Stalin, "Sulla giusta soluzione delle contraddizioni in seno al popolo" di Mao.
La consideriamo un opera fondamentale da studiare e ristudiare, un faro indispensabile per cambiare il mondo e noi stessi e ripulirci dell'influenza della borghesia, la quale per conservare la propria società e il proprio potere, predica non lotta di classe ma collaborazione tra le classi, in particolare tra proletariato e borghesia, non lotta tra fascisti e antifascisti ma riconciliazione nazionale. Mai, care compagne e cari compagni, perché nella realtà esistono ancora i nemici, le contraddizioni di classe e i conflitti di classe, e dunque, anche sul piano elettorale, occorre avere una posizione e un atteggiamento di classe, per discernere i veri comunisti dagli imbroglioni politici, gli amici del popolo dai nemici del popolo, per tenere sempre alta la falce e il martello che è la bandiera dell'emancipazione del proletariato del mondo intero.

Il lavoro nell'Italia capitalista
Quali sono le condizioni di lavoro nell'Italia capitalista lo dimostra il fiume inarrestabile di sangue versato dai lavoratori per portare a casa un salario da fame. Un'ecatombe, una vera e propria guerra quella dei morti sul lavoro, che non ha freni, che non si attenua. Le grandi manifestazioni che si sono svolte a Bari sono state l'occasione per riportare all'attenzione di tutto il Paese la gravità assoluta della situazione. Dall'inizio dell'anno sono quasi 250 le "morti bianche" sacrificate sull'altare del massimo profitto, quattro al giorno, un assassinio ogni 7 ore, più altrettanti lavoratori deceduti al termine della malattia professionale che non fanno notizia. Accadono al Nord, come al Centro e al Sud, accadono in tutti i settori, anche se in maggior misura nelle piccole aziende, in edilizia e agricoltura, tra i precari, gli "atipici", gli immigrati.
I governanti e i padroni in questi decenni se ne sono infischiati altamente, oltre alle lacrime di coccodrillo e alle frasi di circostanza non hanno fatto assolutamente nulla di concreto. Di recente avevano spergiurato che stragi come quella della ThyssenKrupp di Torino, dove 7 operai morirono arsi vivi, esattamente come accadde 100 anni prima, l'8 marzo del 1908, a 129 operaie rinchiuse per rappresaglia dal padrone nella fabbrica Cotton di New York, non sarebbero più accadute. E invece, come sapete, un simile dramma terribile, inaccettabile, intollerabile si è verificato di nuovo a Molfetta, poi nel Porto di Genova, ancora alla Fiat di Melfi, nel centro di Caserta. La morti di questi lavoratori, gridiamolo forte, sono morti assurde. Avvenute non per fatalità ma per una serie di mancanze gravi: insufficiente competenza e professionalità a svolgere quel tipo di lavoro, mancanza di strumenti di prevenzione antinfortunistica, mancanza di formazione sulla sicurezza, turni di lavoro massacranti, uso indiscriminato dello straordinario, lavoro nero.
Le responsabilità, oggettive, di questa strage sono indubbiamente dei proprietari delle rispettive aziende ma ci sono anche altre responsabilità più grandi e più gravi che ricadono sulle istituzioni che, pur avendone il compito, non effettuano i controlli nei luoghi di lavoro, non verificano se vi sono violazioni delle norme antinfortunistiche e dello Statuto dei lavoratori, quello statuto che è costato tanto sudore e sangue alla classe operaia, ma che in molti luoghi di lavoro rimane sconosciuto anche perchè colpevolmente non fu esteso alle aziende sotto i 15 dipendenti.
Mai come in questi giorni, impauriti dalla mobilitazione delle masse, impauriti dall'ipotesi di uno sciopero generale per la sicurezza sul lavoro che potrebbe risvegliare il ruolo di avanguardia della classe operaia nella lotta di classe e di conseguenza turbare lo svolgimento delle grandi manovre dei Partiti del regime neofascista per strappare il voto agli elettori, governanti e boss parlamentari si sono precipitati a versare le solite, inutili, ipocrite lacrime di coccodrillo. A partire dalla più alta carica dello Stato, Giorgio Napolitano, dal presidente del consiglio Romano Prodi, poi Veltroni e perfino il neoduce Berlusconi, fino al governatore della Puglia Nichi Vendola. Ma si può dar credito ad una sola delle disgustose chiacchiere di questi signori?
Lo zio di Michele Tasca, il più giovane dei lavoratori morti, interpretando il sentimento di dolore e rabbia dei familiari delle vittime, dei lavoratori e delle masse popolari di Molfetta e della Puglia intera, ha detto: "I politici? No, questa passerella per la campagna elettorale non la voglio nemmeno vedere: io non credo più a nessuno, sono lontani dalla gente" e rivolgendosi ai giornalisti ha aggiunto: "Una cosa la potete scrivere, stavolta a votare non vado". Ed è proprio questa la posizione elettorale che discutiamo insieme stasera, quella che fa più paura alla classe dominante in camicia nera ed ai politicanti ad essa asservita. I padroni cercano di esorcizzare l'astensionismo gridando "andate a votare" con la stessa arroganza e mancanza di pudore con la quale pretendono l'impunità. A nome di tutti ha parlato il presidente della Confindustria, il magnate Luca Cordero di Montezemolo e a proposito del tardivo ed insufficiente decreto sulla sicurezza varato dal governo ha detto testualmente: "Così si fa demagogia, si rende difficile l'attività delle imprese serie ma si rischia di non salvare una vita in più". Si tratta di affermazioni di sfida aperta a tutti i lavoratori italiani, vergognose, provocatorie!
Questa vigliacca sanguisuga sa bene che le leggi concrete, quello che poi vengono applicate, e non parliamo certo della legge 626, non le detta il parlamento ma le associazioni padronali, e non solo nei luoghi di lavoro, tanto è vero che il 3 marzo scorso nella sede dell'Assolombarda, è entrato prepotentemente in questa campagna elettorale per dettare le sue ricette a livello economico, politico e istituzionale e per influenzare le forze in campo, in primis il PD di Veltroni e il PDL di Berlusconi. Lo ha fatto presentando un documento denso e articolato in 10 punti che è un vero e proprio manifesto politico, di più: un programma di governo per favorire l'avvento della terza repubblica. La filosofia che ispira le proposte concrete si basa sul presidenzialismo in luogo della repubblica parlamentare, sul federalismo in luogo dell'unitarietà territoriale dell'Italia, sul liberismo più spinto, sull'affermazione delle leggi del mercato e del profitto sopra ogni altra esigenza, ivi compresa quella della salvaguardia dell'ambiente, mentre i diritti dei lavoratori, è detto fuori dai denti a mò di diktat, devono essere marginalizzati e subordinati alle necessità competitive delle imprese.

Il bilancio del governo Prodi
Già nel settembre scorso alla annuale commemorazione di Mao che si è tenuta a Firenze l'oratrice del PMLI denunciava come anche il governo Prodi è stato un governo dei padroni.
In 2 anni per esempio ha esentato dalla tassazione per 2.700 miliardi, le banche e le assicurazioni, per cui già allora sfidiamo chiunque a individuare una qualche "discontinuità" fra il suo governo e il precedente sia in politica estera sia in politica interna. Anzi a dire il vero, grazie alla copertura dei vertici sindacali collaborazionisti e della cosiddetta "sinistra radicale" governativa, il dittatore democristiano in certi campi si è spinto oltre il suo predecessore.
In politica economica e sociale è riuscito a metter mano alla controriforma pensionistica che ha addirittura peggiorato lo scalone Maroni, ha innalzato l'età pensionabile a 62 anni e tagliato le pensioni attraverso la riduzione dei coefficienti a partire dal 2010. Il pacchetto sul nuovo Welfare varato il 23 luglio non solo non ha cancellato la legge 30 né il vecchio "pacchetto Treu", ma non ha abolite nemmeno le forme più odiose e disumane del lavoro precario, come il lavoro a progetto (co.co.pro.) e lo Staff leasing, o il lavoro interinale, e ha addirittura peggiorato la normativa sui contratti a termine. Il risultato della sua politica su lavoro e previdenza è che oggi la maggior parte degli anziani non riesce a mettere insieme il pranzo con la cena e la maggior parte dei giovani lavoratori nella migliore delle ipotesi dovrà fare letteralmente i salti mortali per racimolare i contributi necessari a raggiungere uno straccio di pensione, prima di finire nella tomba.
Per quanto riguarda le donne, i provvedimenti del governo hanno mirato a rafforzare i rapporti di lavoro part-time, ossia mezzo orario e mezzo salario ed ad aumentare l'età della loro pensione di vecchiaia. Per non parlare della stangata di lacrime e sangue della finanziaria 2007, dei tagli alla spesa sociale, alla scuola, all'università, alla sanità pubblica, della distruzione dei servizi di assistenza sociale avviata da una legge del ministro Livia Turco nel 2000, della politica di liberalizzazioni e privatizzazioni, anche dei settori cosiddetti "strategici" e dei "servizi pubblici essenziali", portate avanti dai carroarmati Bersani e Lanzillotta, che hanno regalato ai governi di "centro-sinistra" la cima della classifica mondiale, per non parlare della stagnazione di salari e pensioni a fronte della moltiplicazione delle tasse e dei balzelli e dell'impennata dell'inflazione e dei prezzi anche dei generi di prima necessità.
In politica estera la musica non è cambiata. Prodi non solo ha confermato e rafforzato la missione di guerra in Afghanistan, che, come ha ribadito il rinnegato ministro degli Esteri Massimo D'Alema, proseguirà "per un tempo non breve", ma ha inviato il nostro esercito in Libano in una missione di guerra il cui vero scopo è quello di assicurare l'esistenza di Israele, di normalizzare e asservire tutti i governi della regione, cancellare ogni movimento di liberazione nazionale, in primo luogo Hezbollah e Hamas, isolare e indebolire l'Iran e la Siria, mettere l'intero Medio Oriente sotto il controllo dei paesi imperialisti Usa, Ue, Israele e saccheggiarne il petrolio. In questo scenario il governo della "sinistra" borghese ha dato prova di continuità con la politica espansionista e interventista storica dell'imperialismo italiano nel bacino del Mediterraneo, che va da Crispi a Berlusconi, passando da Mussolini e Craxi. Come i suoi predecessori anche Prodi, D'Alema e Parisi hanno lavorato alacremente per conquistare all'Italia un "posto al sole" tra le grandi potenze che si spartiscono la Terra. Berlusconi lo praticava stando rigidamente attaccato al carro del boia Bush e dei suoi agenti sionisti, mentre il governo della "sinistra" borghese ha preferito coprire la sua stessa politica dietro le bandiere dell'Onu e della Ue e dietro a quella arcobaleno sempre più sbiadita dei sedicenti pacifisti. Ciò non significa che Prodi abbia trascurato e messo in secondo piano l'alleanza con gli imperialisti americani. Lo dimostra la criminale concessione all'Hitler della Casa Bianca del raddoppio della base Usa di Vicenza, nonostante la ferma opposizione delle masse. L'Italia spende 280 milioni di euro ogni anno per le basi Usa e Nato, mentre le spese militari sono aumentate in due anni del 25%. In quest'ambito riteniamo una vera e propria provocazione che il governo abbia accolto con entusiasmo la scelta dell'isola della Maddalena come sede del G8 nel 2009.
Persino sul tema delle controriforme scolastiche ed universitarie, che tra debiti, crediti, esami forcaioli, sbarramenti, tasse, compravendite di quiz, tesi ed esami, numeri chiusi e programmati, puntano dritto alla restaurazione dell'"istruzione universitaria d'elitè", riservata ai figli dei ricchi, esistente prima della Grande Rivolta del '68, Prodi, Veltroni e Mussi hanno strappato la bandiera classista della meritocrazia dalle mani della Moratti e del neoduce Berlusconi.
Che il governo Prodi sia stato una copia di "sinistra" del governo Berlusconi, come lo aveva bollato fin da subito l'Ufficio politico del PMLI, lo dimostra anche il rilancio del presidenzialismo mussoliniano e del federalismo bossiano attraverso le proposte di controriforma costituzionale che si fanno beffa del risultato referendario sulla costituzione di Berlusconi che li ha bocciati senza appello. A pressare e supportare in questo ambito i partiti è stato, quasi in ogni discorso ufficiale, il rinnegato capo dello Stato, Giorgio Napolitano, che si è dimostrato più attivo anche del cavaliere piduista di Arcore.
Non che ci meravigli più di tanto il salto della staccionata degli ex-democristiani e degli ex-revisionisti, che da difensori, ormai in un lontano passato, della repubblica parlamentare democratico-borghese ed antifascista sono diventati i più abili rifinitori del regime neofascista, dal momento che fu proprio la bicamerale golpista, presieduta da D'Alema, con la partecipazione attiva dei falsi comunisti Bertinotti e Cossutta, a varare già nel lontano 1997 un progetto di legge di controriforma neofascista, presidenzialista e federalista della Costituzione, che non andò in porto per un soffio. Così come furono i governi di "centro-sinistra" di Prodi, D'Alema e Amato che attuarono quel progetto concretamente per la parte riguardante il federalismo.
I marxisti-leninisti italiani gli occhi li hanno aperti fin dal settembre 1979: quando Bettino Craxi, allora segretario del PSI, lanciò su "l'Avanti!" la "Grande Riforma" costituzionale, il PMLI denunciò alle masse quello che stava imbastendo sul piano istituzionale la destra borghese con alla testa la P2 di Gelli, Berlusconi e lo stesso Craxi. Nove anni dopo, esattamente il 20 febbraio 1988, attraverso un documento del Comitato centrale il nostro Partito lanciò un forte allarme antifascista sulla restaurazione del fascismo in atto. Tutta la "sinistra" borghese fece orecchie da mercante, perché si avviava a grandi passi ad indossare anch'essa il fez e la camicia nera, al punto che in questi anni il "centro-sinistra" è giunto persino a far propria la classica politica antimmigrati e della "sicurezza" del neoduce Berlusconi pur di attirare il consenso e i voti della destra.
Mentre gli istituti di statistica calcolavano in oltre 8 milioni i poveri in Italia e il Procuratore nazionale antimafia Piero Grasso denunciava come la mafia e la camorra dilaghino ormai nell'economia e nelle istituzioni borghesi, il governo del dittatore democristiano stabiliva le sue priorità di intervento contro la "microcriminalità" e "l'illegalità diffusa", mentre i sindaci "sceriffo" da Cofferati, a Veltroni a Domenici, con le loro ordinanze fasciste, si accanivano a colpire immigrati, piccoli ambulanti, venditori abusivi, lavavetri, graffitari, nomadi e rom delle baraccopoli, senzatetto, etc.
A questo punto possiamo ben dire che il governo Prodi è stato tutt'altro che un governo amico dei lavoratori e delle masse popolari, vista la sua politica estera, interna, economica e sociale e la sua arroganza e inaffidabilità sul terreno democratico-borghese, ma anche visto la sua accondiscendenza nei confronti delle crociate oscurantiste e clerico-fasciste imbastite dalle gerarchie ecclesiastiche. È stato invece il classico lupo vestito da agnello che penetra negli ovili e compie la sua strage indisturbato.
Senza più una maggioranza parlamentare Prodi ha ripristinato i Cip6, ossia gli incentivi estorti alle masse con l'aumento del 7% della bolletta dell'Enel, da destinare ai padroni degli inceneritori ed agli altri pescecani devastatori dell'ambiente e della salute delle popolazioni, a con un altro decreto di stampo golpista ha autorizzato nel costruendo mostro di Acerra, l'incenerimento di 7 milioni di eco balle di rifiuto indifferenziato parcheggiate dai suoi amici dell'Impregilo nelle pianure agricole della Campania!

Le mafie e la "Questione meridionale"
La storia dimostra che sul piano elettorale non si battono le mafie e non si risolve la ultracentenaria "Questione meridionale". La verità è che da oltre un secolo al governo nelle regioni meridionali c'è la mafia, intesa come quell'organizzazione armata che per conto della classe dominante borghese garantisce in certi territori l'aperta e terroristica dittatura fascista.
Che al governo nazionale ci sia stato il "centro-sinistra" o la casa del fascio la criminalità organizzata è diventata sempre più forte e pervasiva ed in regioni come, la Campania, la Sicilia, la Puglia, la Calabria è riuscita ad infiltrare pesantemente anche il vertice di settori pubblici di vitale importanza per le masse popolari, dalla sanità, alla gestione dei servizi di raccolta e smaltimento rifiuti, attraverso un perverso meccanismo di collaborazione criminale con le istituzioni borghesi. Secondo la DNA il salto di qualità nelle regioni del Mezzogiorno sarebbe il risultato di una vera e propria strategia messa a punto dalle cosche criminali e finalizzata alla conquista di nuovi mercati che garantiscano sempre maggiori profitti, grazie ad esempio agli amici di Berlusconi come l'organizzatore delle sue campagne elettorali Marcello Dell'Utri o come il governatore siciliano Salvatore Cuffaro o ancora a consiglieri regionali come Roberto Conte eletto coi voti della camorra, ex azione cattolica, poi Verdi poi tesoriere del neonato PD.
Chi lotta contro la mafia quindi e ha abboccato alle ultime uscite di Veltroni "contro la 'ndrangheta" o si è fatto abbindolare dai presunti meriti nella lotta alla camorra citati da D'Alema a Scampia per bacchettare lo scrittore Saviano, dovrebbe ragionare un pochino sul fatto che nelle regioni del Mezzogiorno continentale il governo è nelle mani della "sinistra" borghese, in alcuni casi come in Campania da oltre 10 anni, senza che la testa della criminalità organizzata sia stata minimamente scalfita. Perché? Essenzialmente per tre ragioni. 1) Perchè essa sta nelle istituzioni borghesi, nell'alta finanza, nei circoli dell'industria, dell'agricoltura, cioè dentro la classe dominante borghese, lo Stato borghese e l'economia capitalistica. 2) Perché questi governanti, compresi quelli che si definiscono abusivamente comunisti, vogliono che il Mezzogiorno resti una grande area di supersfruttamento dei lavoratori e di arricchimento per i capitalisti italiani e stranieri, una area dove ci sono salari e diritti sindacali ridotti rispetto alle altre zone del Paese, ove i padroni-mafiosi abbiano completamente mano libera e godano di forti incentivi, sgravi contributivi e agevolazioni da parte del governo. 3) Perché lo Stato ha affidato stabilmente alle organizzazioni mafiose non solo lo sfruttamento selvaggio della manodopera, non solo il controllo asfissiante, quartiere per quartiere, delle masse popolari meridionali, ma anche e soprattutto perché ha affidato loro il fulcro del sistema elettorale italiano, anche detto voto di scambio!
Mentre vezzeggiavano e inseguivano fino al limite della secessione la Lega ultraliberista, xenofoba e razzista di Bossi e Maroni, "una costola della sinistra" come la definivano pochi anni fa D'Alema e Bassolino, la "questione meridionale" scompariva dalla agenda dei governi di "centro-sinistra" come era già avvenuto con il governo Berlusconi, se si eccettua il Ponte sullo Stretto, ossia il progetto criminale reclamato dalle multinazionali mafiose del cemento, come l'Impregilo.
Cosicché sono passati quasi 150 anni dall'Unità d'Italia ma la situazione in molte zone del Mezzogiorno, fin dentro le grandi città, è ancora quella di allora, e il divario esistente tra Nord e Sud non solo non è stato colmato, ma anzi è aumentato. Tanto che oggi si concentra nelle regioni meridionali il massimo del sottosviluppo, della disoccupazione, della miseria, dello sfruttamento dei lavoratori e dei bambini, del lavoro nero, dei bassi salari, della mancanza delle protezioni sindacali, del ``caporalato'', dell'arretratezza dei servizi, dei trasporti, delle infrastrutture e delle tecnologie.
Come è possibile allora dare il voto ad uno qualunque dei partiti che hanno fatto parte e che hanno sostenuto i governi Prodi e Berlusconi, rendendosi complici di tutti i suoi crimini e le sue nefandezze?

L'operato di Nichi Vendola
Agli elettori che, nonostante tutto, si stanno orientando a votare PD o Sinistra arcobaleno, domandiamo ancora come possono rimuovere come un atto di fede gli scandali degli orrori, come la scoperta dello schiavismo nelle campagne del foggiano o come la disastrosa situazione ambientale ed igienico-sanitaria di Napoli e della Campania che sono l'emblema e la prova provata della politica antipopolare del giunte regionali di "centro-sinistra", di Vendola e Bassolino, la prova provata di quanto menzognera sia stata la loro propaganda che si chiami "rinascimento napolitano" o "rivoluzione gentile".
La Puglia governata da Vendola è cambiata rispetto al governatorato del berlusconiano Fitto? Non ci sembra proprio. Nell'ottobre del 2006 ci fu una grande manifestazione a carattere nazionale per protestare contro il lavoro nero, contro le forme di schiavitù a cui sono sottoposti i braccianti immigrati nelle campagne del foggiano, e contro il vergognoso e fascista fenomeno del caporalato che in Puglia ha la sua massima diffusione. Due lunghissimi cortei attraversarono la città di Foggia, per un giorno "capitale d'Italia contro il lavoro nero", Vendola fece le solite promesse di circostanza. Governa da tre anni e non ha preso un solo provvedimento concreto. La Puglia, "laboratorio di nuovo meridionalismo" per usare le parole del governatore, resta per migliaia di braccianti agricoli extracomunitari un vero e proprio girone infernale. Sono trattati come delle bestie. A migliaia sono impiegati nella raccolta dei pomodori, dell'uva, dell'olive, degli ortaggi. Un'inchiesta dell'"Espresso" ha svelato i raccapriccianti particolari di questo capitolo dell'orrore. Gli immigrati sono tutti, o in grandissima parte, sfruttati a nero. Ci sono quelli provenienti dall'Europa dell'Est, rumeni, bulgari polacchi, e quelli africani che vengono dalla Nigeria, Niger, Mali, Burkina Faso, Uganda, Senegal, Sudan, Eritrea. I caporali quando li ingaggiano non sanno neanche come si chiamano. Le squadre dei braccianti, reclutate anche nei paesi di origine, una volta raggiunte le località delle raccolte, vengono alloggiate in tuguri pericolanti, sporchi e antigienici, senza acqua né luce. Il lavoro inizia all'alba e finisce alle 10 di sera. 15 ore al giorno per salari, se di "salario" si può parlare, che vanno dai 15 ai 20 euro il giorno. In molti casi da queste misere somme vengono detratti la tangente per il caporale, "l'affitto" dei tuguri, il costo dell'acqua potabile e delle attrezzature da lavoro. Addirittura per decidere se dare o meno un lavoro a un bracciante i caporali fanno spesso richiesta di una ragazza da far stuprare al padrone. Chi protesta viene zittito a colpi di spranga e nessuno sa il numero preciso degli schiavi spariti in questo modo. "Grazie" a queste bestiali e indecenti condizioni di vita e di lavoro, per l'uso di pesticidi senza protezioni, per la fatica, per la malnutrizione, come ha denunciato un rapporto di Medici senza Frontiere, gli immigrati si ammalano.
Per Vendola e la sua giunta regionale di "centro-sinistra", è diventato arduo sostenere che non era a conoscenza di quanto avviene nelle campagne foggiane, o coprirsi dietro al fatto che "la colpa è della finanziaria voluta dal governo Berlusconi che ha lasciato gli ispettori del lavoro persino senza benzina", come ha affermato l'assessore regionale al lavoro Marco Barbieri. La verità è che la giunta pugliese ha fatto poco e nulla per porre fine all'inumana piaga sociale che è il lavoro nero come poco e nulla ha fatto concretamente per migliorare le condizioni di vita degli immigrati. Neppure le strutture di accoglienza per i lavoratori stagionali del pomodoro promesse un anno fa. "Non abbiamo fatto a tempo a realizzarle", ha detto Barbieri, rinnovando la promessa per la prossima stagione. Tanto che la vergogna degli schiavi in Puglia è approdata fino a Bruxelles, davanti all'intergruppo tra parlamentari e sindacati europei. Per il deputato laburista, membro ed ex presidente della commissione Occupazione e Affari sociali, l'inglese Stephen Hughes, siamo di fronte a "crimini contro l'umanità" e per questo il governo italiano dovrebbe essere "incriminato inviando l'intera materia con procedura d'urgenza alla Corte europea di Giustizia".
Fin qui la sua giunta regionale non ha mantenuto la parola neanche sulla ripubblicizzazione dei beni e servizi essenziali come l'acqua e le infrastrutture idriche, a denunciarlo è un suo stretto collaboratore, Riccardo Petrella che all'atto delle dimissioni ha denunciato "Tutti i progetti a favore dei cittadini sono stati bocciati: Non si è mai discusso di consulta dei cittadini, di coinvolgimento dei cittadini"; così "Il Fondo sociale per il diritto all'acqua (50 litri gratuiti) che è stato rigettato senza alcun dibattito"; così "il Piano 'goccia d'oro' da me proposto (riduzione delle perdite, priorità al risparmio, partecipazione), accolto con favore dall'AATO e dall'Autorità di bacino ma che non ha superato l'esame dell'ufficio presidenziale regionale". Dall'altro lato ha precisato Petrella "l'Aqp ha aderito alla federutility, che è all'avanguardia nella spinta alle liberalizzazioni e privatizzazioni dei servizi pubblici locali, mentre continua l'indebitamento derivante dal prestito obbligazionario sui mercati finanziari internazionali lanciato nel 2004 per 250 milioni di euro". "Se questa gestione mercantile dell'acqua non è abbandonata al più presto possibile - denunciava sbattendo la porta - ho paura che la guerra dell'acqua scoppierà in Italia, come sta avvenendo con i 'negoziati regionali bilaterali mercantili', ripetendo per l'acqua quanto avviene tra le nazioni per le forniture di gas". Ma la Puglia di Vendola ha anche altri tristi primati, come le discariche di rifiuti tossici, il numero di piccoli ma indispensabili ospedali pubblici soppressi, la dimensione dei finanziamenti stanziati per le strutture sanitarie private e cattoliche e quelli per alimentare i pellegrinaggi di stampo medioevale che estorcono denaro sfruttando la credulità popolare, insieme alla Lombardia di Formigoni è una delle Regioni dove è più alta la percentuale di "obiettori di coscienza" nelle strutture pubbliche deputate a garantire il diritto all'aborto, con il conseguente aumento degli aborti clandestini.
Ma c'era bisogno di vedere a l'opera questo degno pupillo del papista, narcisista, salottiero e trotzkista Fausto Bertinotti per scoprire l'imbroglio? Evidentemente sì, tanto più che al momento del voto molti elettori di sinistra non hanno avuto l'opportunità di meditare sulla biografia di Vendola pubblicata puntualmente dal nostro settimanale "Il Bolscevico", per esempio sulle lodi che gli ha riservato al momento della vittoria elettorale il capo dei gladiatori Cossiga, la confindustria regionale e persino il cardinale inquisitore Camillo Ruini. A tutto si può rimediare a partire dalle prossime elezioni politiche.

L'astensionismo marxista-leninista
Un'altra parte dell'elettorato di sinistra immaginiamo starà facendo un altro ragionamento, pur disgustato dall'operato dei governi e delle giunte di "centro-sinistra" sta pensando di recarsi alle urne per il timore di un nuovo governo del triunvirato nero targato Berlusconi-Bossi e Fini, è un timore ben comprensibile, ma è vero anche che seguire all'infinito il cosiddetto "meno peggio" significa per il proletariato e le masse popolari fare un atto di vero masochismo per dar credito ad un altro proverbio forse più calzante per la situazione politica odierna che dice: "al peggio non c'è mai fine". A chi si illude ancora circa l'antiberlusconismo del "centro-sinistra" una sola domanda valga per tutte: ma Prodi e i suoi lacchè non avevano forse promesso di varare una legge sul conflitto di interessi per sbarrare le porte del governo al nuovo Mussolini e scardinare il suo monopolio mediatico?
Come si esce allora da questa situazione? Nel documento elettorale del PMLI abbiamo rimarcato come la domanda fondamentale che dovrebbe orientare la scelta elettorale di ogni elettrice e elettore cosciente, responsabile e informato, di sicuro dell'elettorato di sinistra, è questa: votare per il capitalismo o votare per il socialismo? Occorre schierarsi. O col capitalismo, che è la società della borghesia, o col socialismo, che è la società del proletariato e delle masse lavoratrici e popolari. Il capitalismo si nutre di sfruttamento dell'uomo sull'uomo e del sangue dei lavoratori. Ha seminato e semina l'Italia di morti nelle guerre imperialiste e nei luoghi di lavoro. Il capitalismo è sostenuto da tutti i partiti che sono in gara per le elezioni del 13 e 14 aprile per ottenere dei seggi parlamentari. Anche da quelli che a parole si definiscono anticapitalisti e persino comunisti, perché non hanno il socialismo nel loro programma e hanno da sempre combattuto il socialismo realizzato da Lenin, Stalin e Mao. Chi è a favore del capitalismo ha dunque un'ampia possibilità di scelta di voto elettorale. Chi invece è a favore del socialismo ha un'unica possibilità di scelta, quella di votare per il PMLI, astenendosi. Perchè quello espresso consapevolmente e apertamente per il PMLI non è semplicemente un non voto, per quanto valido e legittimo, di protesta, ma un voto che da forza alla sua tattica e strategia per il socialismo. Fa più male e lascia il segno più profondo
Noi vorremmo infatti che chi segue questa indicazione comprendesse a fondo che attualmente l'astensionismo marxista-leninista è la sola tattica elettorale valida per abbattere le illusioni elettorali, parlamentari, governative, riformiste e pacifiste che frenano pesantemente la lotta contro il capitalismo, il suo Stato e i suoi governi; per infondere nel proletariato, nelle masse e nelle nuove generazioni la coscienza, la cultura, la mentalità, la pratica sociale rivoluzionarie, anticapitaliste, antistituzionali e marxiste-leniniste; per delegittimare, isolare, indebolire e disgregare le istituzioni rappresentative borghesi e i partiti che le appoggiano e ne fanno parte.
Noi vorremmo che l'astensionismo di sinistra di dissenso verso i partiti e il governo precedentemente votati e sostenuti si trasformasse in astensionismo marxista-leninista anticapitalistico e per l'Italia unita, rossa e socialista.
Noi vorremmo, e lo dichiariamo apertamente, che l'elettorato di sinistra dimostri di essere dalla parte degli operai, dei lavoratori, dei precari, dei disoccupati e dei pensionati a basso reddito, spendesse tutte le proprie preziose energie per l'avvento del socialismo e per la conquista del potere politico da parte del proletariato, senza la quale non è possibile alcun cambiamento sostanziale in Italia.


Il piano di PD e PDL per la terza repubblica e il ruolo della Sinistra arcobaleno e del sedicente PCL
Se non si punta a cambiare tutto attraverso il socialismo, si finisce col non cambiare niente, per quanto riguarda il sistema economico, le istituzioni, la classe al potere, la politica interna e estera. La storia e la pratica del capitalismo italiano e dei suoi governi, compresi quelli di "centro-sinistra" parlano chiaramente. Come parlano chiaramente le condizioni di vita e di lavoro del nostro popolo. Lo si vede anche dai programmi elettorali dei partiti parlamentari nessuno dei quali mette in discussione il capitalismo e il potere della borghesia, e dà risposte soddisfacenti ai problemi reali delle masse. Addirittura quelli del PD e del PDL sono pressoché uguali. Anche se i due principali rappresentanti della destra borghese e della "sinistra" borghese non dovessero arrivare al cosiddetto "governo delle larghe intese", ormai è certo e scontato che collaboreranno per dare all'Italia capitalista una forma di Stato - il federalismo - e di governo - il presidenzialismo - conforme al disegno della P2 e alle necessità della classe dominante borghese per difendere i propri interessi in Europa e nel mondo, attraverso l'interventismo e le guerre imperialiste e la fascistizzazione delle istituzioni e della vita sociale, cementata dalla repressione e dalla criminalizzazione delle masse in lotta e dei migranti, di cui il decreto legislativo sulle espulsioni dei migranti non desiderati varato all'ultimo minuto dal governo Prodi ne è un amaro anticipo.
La disputa è dunque solo quale tra questi due partiti deve governare gli affari della borghesia. Gli altri fanno unicamente da contorno e da sgabello a loro due. Compresa l'imbelle e interclassista Sinistra arcobaleno, parte integrante della "sinistra" borghese e ruota di scorta del PD, che la userà se ne avrà bisogno per formare un eventuale governo e che ha già deciso di usarla per le giunte comunali, provinciali e regionali, come testimonia l'accordo ignominioso di Roma egemonizzato dal destro democristiano e papista Rutelli. Possono provare a smarcarsi quanto vogliono dal PD, da Prodi e da Veltroni, per ingannare la propria base e l'elettorato di sinistra sta di fatto che fosse stato per i leader di PRC, PdCI, Verdi e SD, l'Unione poteva andare avanti, il governo Prodi poteva finire la legislatura nonostante la suddetta politica estera, economica e sociale, una politica che, durante la crisi di governo centrata sulla vicenda del boss DC Mastella, si è arricchita di una campagna che ha abbracciato l'intero parlamento nero, dai toni decisamente craxiani e berlusconiani, all'indipendenza della magistratura, che stava indagando proprio sui legami occulti, non solo del guardasigilli, ma anche del Presidente del Consiglio, con la massoneria e la mafia.
Stando così le cose, è difficile per la Sinistra arcobaleno far credere di essere una forza totalmente diversa e alternativa al PD e difficile credere che questo "nuovo partito senza aggettivi" per usare ancora una volta le parole dell'anticomunista Nichi Vendola, non possa convivere e collaborare con il PD, se non subito, nel futuro prossimo, in uno stesso schieramento politico. Non a caso sia Veltroni che Bertinotti hanno lasciato la porta socchiusa e in campagna elettorale vicendevolmente non si attaccano a fondo. Nel programma elettorale lungo 50 pagine, questa assenza polemica nei confronti del PD (come del resto del PDL) si nota eccome; come si nota la totale mancanza di denuncia del piano di Berlusconi e Veltroni per la terza repubblica. Stiamo parlando ancora una volta della "riforma" piduista delle forme di governo e di Stato, e del sistema elettorale per fare affermare una repubblica presidenzialista, fondata sul bipartitismo, sul totale federalismo e sul liberismo più feroce in economia. A rischio di essere ripetitivi ribadiamo che non è una cosa da poco: non mettere in allarme gli elettori di sinistra, democratici e antifascisti, non lavorare per costruire un largo fronte di opposizione, come sta facendo la Sinistra arcobaleno, volenti o nolenti, significa esserne una copertura e complici. Tutto questo dovrebbe far riflettere seriamente l'elettorato di sinistra: quale credibilità può avere tra i lavoratori questo "nuovo" falso partito di sinistra, pieno di rinnegati del comunismo e di pentiti della falce e martello, che dice di voler cambiare l'Italia?
Stesso discorso vale per la cosiddetta "sinistra critica" e per il trotzkista ex-PRC Marco Ferrando, che per coprire lo spazio lasciato aperto a sinistra dalla deriva del PRC e del PdCI, ha in fretta e furia creato dal nulla un sedicente "Partito comunista dei lavoratori", un nuovo specchietto per le allodole, e che rilancia una parola d'ordine illusoria come "il governo dei lavoratori" nel capitalismo. La domanda è Sig. Ferrando: non ti ha insegnato niente la vergognosa parabola del PCI revisionista e del PRC neorevisionista, non ti ha insegnato niente la storia del proletariato internazionale che Mao ha sintetizzato con la celebre frase: "il potere politico nasce dalla canna del fucile"?
Il nostro astensionismo come potete ben capire non può essere in nessun modo tacciato di qualunquismo né tanto meno di strizzare l'occhio all'anarchismo, men che mai di fare il gioco di Berlusconi, anche perché come sa bene chi ci conosce siamo stati i primi e purtroppo ancora oggi i soli a combattere a smascherare e combattere il neoduce fino in fondo. Astenersi alle prossime elezioni è una condizione necessaria ma niente affatto sufficiente. La nostra proposta elettorale astensionista va letta insieme alla nostra piattaforma concreta, va letta insieme al rinnovato invito all'unità di tutte le forze democratiche ed antifasciste contro i piani di Berlusconi e Veltroni finalizzati a completare l'opera di restaurazione del fascismo, sotto nuove forme, nuovi metodi e nuovi vessilli, di cui le ordinanze golpiste di Prodi sui rifiuti e gli inceneritori e le manganellate bipartisan di De Gennaro alle masse in lotta per la difesa della salute e dell'ambiente sono solo un anticipazione, va letta insieme alla nostra proposta di dar vita ai Comitati popolari ed alle Assemblee popolari. Sono tutte facce inscindibili delle stessa medaglia.

Le istituzioni rappresentative delle masse fautrici del socialismo
Il nostro invito all'elettorato di sinistra è dunque non solo ad abbandonare definitivamente le illusioni governative, elettorali e parlamentari ma anche e contemporaneamente ad impegnarsi a costruire in tutte le città e in tutti i quartieri le istituzioni rappresentative delle masse fautrici del socialismo, ossia le Assemblee popolari e i Comitati popolari basati sulla democrazia diretta.
Secondo la nostra proposta le Assemblee popolari devono essere costituite in ogni quartiere da tutti gli abitanti ivi residenti - compresi le ragazze e i ragazzi di 14 anni - che si astengono alle elezioni, che si dichiarano anticapitalisti, antifascisti, antirazzisti e fautori del socialismo e disposti a combattere politicamente ed elettoralmente le istituzioni borghesi, i governi centrale e locali borghesi e il sistema capitalista e il suo regime. Ogni Assemblea popolare di quartiere elegge il suo Comitato popolare e l'Assemblea dei Comitati elegge, sempre attraverso la democrazia diretta, il Comitato popolare cittadino. E così via fino all'elezione dei Comitati popolari provinciali, regionali e del Comitato popolare nazionale.
I Comitati popolari devono essere composti dagli elementi più combattivi, coraggiosi e preparati delle masse anticapitaliste, antifasciste, astensioniste fautrici del socialismo eletti con voto palese su mandato revocabile in qualsiasi momento dalle Assemblee popolari territoriali. Le donne e gli uomini - eleggibili fin dall'età di 16 anni - devono essere rappresentati in maniera paritaria.
I Comitati popolari di quartiere, cittadino, provinciale e regionale e il Comitato popolare nazionale devono rappresentare il contraltare, la centrale alternativa e antagonista rispettivamente delle amministrazioni ufficiali locali e dei governi regionali e centrale. Mi farebbe piacere approfondire questo argomento nel dibattito.

La politica di fronte unito e le battaglie immediate del PMLI
In ogni caso, visto che il PMLI non ha mai chiesto agli elettori di votare ogni tot anni chi deve sfruttare e opprimere il proletariato ed il popolo, ci si può fidare. Potrete verificarlo voi stessi di persona analizzando la sua storia, il suo programma, la sua piattaforma e vedendolo all'opera nella lotta contro gli atti del futuro governo borghese e anticomunista, qualunque esso sia, che nuociono alle masse, restringono gli spazi della democrazia borghese e lanciano l'Italia in avventure militari imperialistiche.
Praticando in ogni campo e fronte di lotta un'accorta e larga politica di fronte unito e di unità di azione con le forze sociali, politiche, sindacali, culturali e religiose con le quali abbiamo in comune le stesse rivendicazioni materiali immediate, ci batteremo per vietare all'Italia di partecipare a qualsiasi guerra imperialista di aggressione, occupazione e saccheggio di risorse di altri paesi, anche se sotto l'egida dell'Onu, della Nato e dell'Unione europea, di partecipare allo "scudo stellare" degli Usa e alla produzione dei bombardieri F35, per l'uscita dell'Italia dalla Nato, dalla Ue, dall'Ueo e da tutte le altre alleanze imperialiste e militari, per la chiusura delle basi Usa e Nato in Italia, per la revoca dell'autorizzazione del governo italiano al raddoppio della base Usa a Vicenza, per il ritiro immediato dell'Italia dall'Afghanistan, dai Balcani, a cominciare dal Kosovo, dal Libano e dall'Iraq, per il dimezzamento delle spese militari, il ripristino dell'esercito di leva e l'abolizione di quello professionale, per il rifiuto del nucleare.
Al centro della nostra piattaforma c'è il lavoro stabile, a salario intero, a tempo pieno e sindacalmente tutelato per tutti i disoccupati e i lavoratori, l'abrogazione della legge 30 e del "pacchetto Treu", la cancellazione di ogni forma di precariato e di flessibilità, compresi i contratti a termine, la difesa dell'art. 18 dello "Statuto dei lavoratori" e dei contratti nazionali di lavoro, le 35 ore settimanali a parità di salario, la sicurezza certa e controllata sul lavoro, forti aumenti salariali non legati alla produttività, la restituzione del fiscal drag, il ripristino della scala mobile, il diritto alla casa per tutti, compresi i migranti, l'abolizione dell'ICI sulla prima casa, il risanamento delle periferie ghetto, la diminuzione dei prezzi e delle tariffe, la chiusura dei lager dei Cpt, l'abrogazione della legge Bossi-Fini sull'immigrazione e della legge Fini-Giovanardi sulla droga, due leggi mostruose che perseguitano le vittime e sono fatte su misura per i trafficanti di uomini e per i mercanti di sostanze schiavizzanti.
Altri punti qualificanti del nostro Programma d'azione sono la nazionalizzazione di tutte le più grosse banche e aziende, a cominciare dall'intero gruppo Fiat, il rilancio e il potenziamento della compagnia di bandiera, come azienda unica e pubblica, un sistema fiscale basato sulle imposte dirette che attui una vera ed effettiva progressività nella tassazione dei redditi, attraverso una lotta rigorosa all'evasione, erosione ed elusione fiscali e l'unicità di imposta per tutte le fonti di reddito, una imposta patrimoniale progressiva su tutti i beni immobiliari e mobiliari (titoli azionari e simili, depositi bancari, ecc.), con l'esenzione della prima casa di abitazione e il piccolo risparmio entro il tetto di 130 mila euro indicizzati, la riduzione della ritenuta fiscale sugli interessi bancari al 20%, il prelievo su cedole, dividendi e plusvalenze finanziarie al 20%.
Ci batteremo inoltre per le pensioni, la sanità, l'acqua, la scuola e l'università pubbliche, per la cancellazione della nomina politica dei vertici e dell'aziendalizzazione di Asl e ospedali, che ha portato solo tagli, esternalizzazione di servizi, e peggioramento delle condizioni delle masse e dei lavoratori del settore, per il potenziamento dell'assistenza sanitaria di base, la drastica limitazione delle convenzioni con le lucrose strutture della sanità privata, per la cancellazione di qualsiasi ticket sanitario e delle liste di attesa, per cancellare i progetti della Tav in Val Susa, del Ponte sullo Stretto, del Mose a Venezia, dei rigassificatori e degli inceneritori, per la raccolta differenziata, il riciclaggio e il riuso dei rifiuti, che vanno drasticamente ridotti attraverso la riduzione degli imballaggi delle merci, per lo sviluppo dell'energia naturale, pulita, rinnovabile, non inquinante.
Rivendichiamo inoltre con forza la piena parità tra donne e uomini in campo politico, sociale, sindacale, professionale e familiare, la socializzazione del lavoro domestico, l'abolizione del Concordato, l'abolizione della legge 40 sulla fecondazione assistita, la difesa della 194, l'introduzione della pillola RU 486, il riconoscimento delle coppie di fatto indipendentemente dell'orientamento sessuale, il testamento biologico, l'eutanasia. Rivendichiamo che gli stipendi del presidente della Repubblica, del presidente del Consiglio, dei ministri, dei parlamentari, dei presidenti, dei sindaci e degli assessori regionali, provinciali e comunali, così come quelli degli alti funzionari dello Stato, non superino il triplo del salario medio operaio dell'industria. Per inciso vi comunico che il nostro partito conduce da sempre le sue battaglie elettorali astensioniste autofinanziandosi completamente e quindi in condizioni di assoluta inferiorità di mezzi e di risorse rispetto alle cosche partitiche parlamentari, che invece hanno stanziato ben 80 milioni di euro per le spese elettorali. Il PD ha programmato 15-18 milioni; il PDL, 20-30 milioni; Sinistra arcobaleno, 8 milioni e dopo le elezioni le cosche parlamentari si spartiranno 725 milioni nei prossimi 5 anni più i rimborsi delle europee 2004 e amministrative 2005. Anche a livello mediatico sul nostro partito vige la congiura del silenzio e persino trasmissioni considerate baluardi dell'informazione impegnata e indipendente nel contesto della tv spazzatura come Anno Zero, hanno preferito tagliarci la lingua mentre concedevano una poltrona fissa a fascisti doc come Storace e Santanchè.
Noi ci batteremo anche per costringere il governo a rispettare la volontà popolare espressa nei referendum, come quello sulla Costituzione, quello sull'abolizione del finanziamento pubblico dei partiti, quello sulla depenalizzazione del consumo di droga, quello che ha detto no al nucleare, quello sul divorzio e l'aborto.

Ancora sul Mezzogiorno
Oltre a tutte queste battaglie quella a cui dobbiamo prestare il massimo impegno, teorico e pratico, è quella per battere le mafie, per lo sviluppo e l'industrializzazione del Mezzogiorno, perché il Mezzogiorno, costituito da 20 milioni di abitanti, oltre un terzo della popolazione italiana, è stato sempre sacrificato dal capitalismo e dai governi che si sono succeduti fin qui.
Per gli anni 2000-2006 sono stati stanziati 100-120 mila miliardi tra fondi strutturali Ue e nazionali. Ma come sono stati spesi, per che cosa e a chi sono andati a beneficio?
Sono andati a finire per lo più nelle tasche della mafia, della 'ndrangheta, della camorra e della "sacra corona unita'', capitalizzati nella borsa di Milano o nei paradisi fiscali come le casseforti della Svizzera, del Lichtenstein o delle isole vergini e i piedi ben piantati fin dentro i vicoli delle città del mezzogiorno, ove controllano interi territori, lo smaltimento dei rifiuti, anche quelli tossici, speciali, radioattivi e nucleari e gli appalti, e in quelle di tutti o quasi i partiti del regime e dei pescecani capitalisti locali e del Nord che hanno fatto e fanno lauti guadagni al Sud. Vere e proprie cupole politico-mafiose hanno gestito e gestiscono tuttora i fondi della legge 488 del 1992, di incentivi alle aree depresse, nonché i fondi che transitano per i commissariati all'emergenza rifiuti, all'emergenza idrica, alle bonifiche, alla ricostruzione delle zone terremotate e alluvionate, ecc.
Per questo secondo noi al più presto possibile tutti i finanziamenti per lo sviluppo e l'occupazione del Mezzogiorno devono essere messi sotto il controllo delle masse meridionali, l'unica garanzia per essere sicuri che essi siano spesi secondo le opere cui sono destinati e che niente vada a finire nelle tasche della mafia, comunque denominata, e dei ladroni di Stato. Le masse meridionali devono avere l'ultima parola sui progetti di sviluppo delle proprie città e regioni attraverso dei referendum deliberativi.
Con questo sistema e con questa politica economica non si è salvata nemmeno l'industria alimentare e della piccola distribuzione commerciale, tanto che, con il crollo anche del turismo, l'economia di una città grande metropoli come Napoli oggi ruota intorno e dipende solo dalla storiche attività camorristiche, come il traffico e la vendita di droga, di merci contraffatte, lo smaltimento dei rifiuti, la speculazione immobiliare, gli appalti e i subappalti sulle opere pubbliche, grandi e piccole, e del terziario.
Sul piano economico, e in generale, il problema di fondo del Mezzogiorno è che gli manca una struttura economica simile a quella che possiede il Centro-Nord. Questa struttura gliela può dare solo il governo attraverso le aziende pubbliche, ingenti finanziamenti pubblici e mettendo al primo posto l'industrializzazione delle regioni meridionali. Per questo nel Mezzogiorno occorre più che altrove nazionalizzare subito le grandi aziende, a cominciare dalla Fiat, e le banche private e rinazionalizzare tutto ciò che era già dello Stato e che è stato privatizzato e battersi con tutte le proprie forze contro il federalismo fiscale!
Viste le premesse diamo per scontato che il prossimo governo non farà niente di tutto ciò. Noi comunque insisteremo nel rivendicare questo indirizzo, così come la piena occupazione, il risanamento dell'ambiente, servizi pubblici e gratuiti capillarmente diffusi sul territorio, a partire dagli asili, dalle scuole, dai centri sociali per anziani, dai consultori, dai luoghi di socializzazione per i giovani delle periferie, ecc.
La storia d'Italia dimostra in maniera inequivocabile che è impossibile che il nostro amato Mezzogiorno possa risolvere tutti i suoi problemi sotto il capitalismo e i suoi governi, d'altra parte dobbiamo prendere coscienza che è proprio dalla ribellione del Sud che passa in gran parte lo sviluppo della lotta di classe in tutto il Paese e il successo della rivoluzione socialista in Italia. La sua salvezza, come la salvezza dell'intera Italia, sta solo nel socialismo. Perché se non si cambia il sistema economico, la classe che è al potere e lo Stato ad essa asservito non è possibile abbattere le cause che hanno generato e che non consentono di superare questo stato di cose esistente nel Mezzogiorno e nel resto del Paese.

Il socialismo
Nel socialismo cambieremo tutto. Dal sistema economico alle istituzioni; dall'ordinamento giuridico, giudiziario e militare all'istruzione. Cancelleremo le differenze tra aree sviluppate ed aree sottosviluppate, tra città e campagna, tra lavoro manuale e lavoro intellettuale. La legge economica fondamentale non sarà più quella della realizzazione del massimo profitto, in vigore nel capitalismo, ma quella del massimo soddisfacimento delle esigenze materiali, sociali e culturali delle masse. Ognuno darà secondo le proprie capacità e avrà secondo il proprio lavoro. Creeremo le condizioni per eliminare le classi sociali e quindi arrivare al comunismo in cui ciascuno darà secondo le proprie possibilità e riceverà secondo i propri bisogni, e ognuno potrà realizzare se stesso in tutta la sua pienezza, senza alcuna disparità di sesso in tutti i campi.
Per capire cosa intendiamo per socialismo occorre studiare le caratteristiche delle società sovietica fino al 1956, l'anno del colpo di stato contorivoluzionario di Nikita Krusciov al XX congresso del PCUS e della società cinese fino al 1976, anno della morte di Mao, e in particolar modo: la proprietà di Stato della terra, delle fabbriche e dei mezzi di produzione e di scambio; la "soppressione dello sfruttamento dell'uomo sull'uomo"; il diritto di ogni cittadino al lavoro, all'istruzione, all'assistenza necessaria; la direzione dello Stato da parte della classe operaia come classe d'avanguardia nella società; l'eguaglianza dei diritti economici, sociali, culturali e politici di tutte le nazioni e le razze; l'eguaglianza dei diritti dei cittadini indipendentemente dalla condizione, dall'origine, dal sesso, dal lavoro svolto, ecc.; la garanzia, sulla base del principio della "democrazia socialista", non solo dei diritti dei cittadini ma anche dei mezzi necessari all'esercizio di questi diritti.
Chi condivide la nostra linea, la strategia e la tattica elettorale del PMLI si unisca a noi nelle Squadre di propaganda dell'astensionismo marxista-leninista, per dare, insieme, colpi più duri e più devastanti al capitalismo, al regime e alle ingannatorie e oppressive istituzioni rappresentative borghesi colluse con la mafia, che ormai è parte integrante della classe dominante borghese, del sistema capitalistico e del loro Stato.
Uniamoci per battere la destra e la "sinistra" del regime capitalista, neofascista, presidenzialista, federalista e interventista!
Uniamoci per lottare contro i piani di Berlusconi e Veltroni della terza repubblica!
Uniamoci per l'Italia unita, rossa e socialista!
Uniamoci per creare le istituzioni rappresentative delle masse fautrici del socialismo!
Asteniamoci disertando le urne, annullando la scheda o lasciandola in bianco!
Coi Maestri e il PMLI vinceremo!


9 Aprile 2008