Diseguaglianza senza precedenti Si allarga negli Usa di Obama il divario ricchi-poveri Nella miseria 46 milioni di statunitensi mentre 400 miliardari possiedono più del Pil canadese Secondo un recente rapporto del Census Bureau, l'agenzia federale americana responsabile per il censimento demografico, nel 2010 il numero dei poveri negli Usa è cresciuto di ben 2,6 milioni rispetto all'anno precedente e ha raggiunto la cifra record di 46,2 milioni di americani che vivono sotto la soglia della povertà; il 15,1% della popolazione. Un livello record mai raggiunto negli ultimi 52 anni, da quando esistono questo tipo di dati raccolti dal Census Bureau. E che evidenzia in particolare un allargamento della forbice tra ricchi e poveri negli Usa di Obama. La soglia di povertà negli Usa vale poco più di 11 mila dollari di reddito annuo per una persona e poco più di 22 mila per un nucleo familiare. Ma gli effetti negativi per le masse popolari della crisi economica e della recessione iniziata nel 2008, e della quale ancora non se ne vede la fine, colpiscono una parte maggiore della popolazione: seppur in misura minore incidono anche su parte della maggioranza degli americani censita nella fascia di reddito cosiddetto "mediano", quella da 48.000 dollari annui di reddito. L'indagine del Census Bureau ha appurato che tale tipologia di reddito ha avuto una caduta del potere di acquisto del 2,3% nel corso del 2010. Che sommata a quelle degli anni precedenti fa sì che il potere d' acquisto dello stipendio mediano è tornato indietro di 40 anni. È lo stesso del 1969. In questa fascia di reddito i più colpiti sono i giovani, la generazione tra i 16 e i 24 anni il cui potere di acquisto è caduto in un anno di quasi il 10%. Il che li avvicina alla condizione di poveri che già ha carpito quasi la metà degli adulti compresi tra i 25 e i 34 anni. Fra le conseguenze inevitabili dell'aumento dei poveri vi è l'aumento del numero di persone senza assistenza sanitaria che è salito dai 49 milioni nel 2009 ai quasi 50 milioni del 2010. Il 16,3% della popolazione americana non ha nessuna assistenza medica, né quella privata che dipende da costose polizze né quella pubblica che tocca solo ai più poveri ma non a chi ha un piccolo reddito e che non si può pagare quella privata. I poveri sono aumentati e il reddito medio è sceso al potere di acquisto di 40 anni fa. Di contro il potere di acquisto della categoria sopra i 100.000 dollari di reddito annuo ha già recuperato i livelli di prima della crisi; per questa fascia di reddito gli effetti della recessione scoppiata nel 2008 sono già stati riassorbiti. I top manager in cima alla classifica degli stipendi hanno fatto di meglio nell'ultimo anno con un aumento dei loro redditi fino del 75%. In cima alla piramide ci stanno 400 miliardari, con una ricchezza pari al prodotto interno lordo (pil) canadese, che hanno visto la loro ricchezza salire ancora nell'ultimo anno del 12%. Questo dato conferma come nell'America di Obama la forbice delle diseguaglianze ha raggiunto livelli record. E l'amministrazione democratica non è stata in grado, o meglio non ha voluto, di modificare il sistema politico a favore delle cosiddette lobby finanziarie e industriali, dei capitalisti che investono il loro denaro per mandare i propri amici alla Casa Bianca e che si attendono un ritorno, altrimenti cambiano cavallo. Dall'altra parte i lavoratori sono sempre più in balia del mercato capitalistico; nella "patria" della democrazia i diritti dei lavoratori sono sempre stati agli ultimi posti e non possono fare passi in avanti a fronte anche di una debolezza ancora maggiore del movimento sindacale. Si pensi agli accordi con la Chrysler di Marchionne per i quali ai nuovi assunti spetta una paga oraria pari alla metà di quella dei dipendenti. O al caso dei lavoratori pubblici del Wisconsin dove il governatore repubblicano ha abrogato il diritto alla contrattazione collettiva. Non sono aspetti secondari anche perché nell'America di Obama avere un lavoro non vuol dire essere fuori dalla povertà: tra i 46 milioni di poveri, la maggioranza non è di disoccupati, due terzi di questi hanno un posto di lavoro e addirittura la metà ha un posto a tempo pieno. Con paghe da fame. 5 ottobre 2011 |