Amministrative parziali Il 34% degli elettori diserta le urne in Sicilia Crolla il M5S che in diversi comuni non supera lo sbarramento Dal nostro corrispondente della Sicilia Il 9 e 10 giugno 1.637.503 elettori siciliani sono stati chiamati alle urne in Sicilia per l'elezione di sindaci, il rinnovo dei consigli comunali e circoscrizionali di 142 dei 390 comuni della regione. Degli aventi diritto se ne sono recati alle urne 1.081.971, mentre 555.532 elettrici ed elettori hanno disertato. La diserzione si è attestata al 34%. Non si è trattato certo dei livelli raggiunti durante le elezioni regionali del 28 ottobre 2011, quando il 53,5% degli elettori, record della storia elettorale della Repubblica italiana, disertò le urne. Si tratta comunque di un dato importante raggiunto grazie ad un incremento generalizzato, a parte qualche eccezione, della diserzione rispetto alle precedenti comunali in tutti i comuni in cui si è votato. Solo in una quindicina di paesi, quasi tutti al di sotto dei 2.000 abitanti, è diminuita la diserzione. Non siamo in grado ancora di valutare il risultato complessivo dell'astensionismo in questi paesi. Per comprendere se sono aumentate le altre forme di diserzione dal voto bisognerà attendere la pubblicazione dei dati complessivi. Tra i paesi di media grandezza, la diserzione è diminuita anche a Trecastagni Etneo e San Gregorio di Catania. Il maggiore incremento della diserzione si è registrato a Tripi, in provincia di Messina, dove si è registrato il maggior aumento di diserzione (+13,16%), con un 59,8% di diserzione, su 1.686 aventi diritto. Il comune con la maggiore percentuale di disertori è Sant'Angelo Muxaro, in provincia di Agrigento, dove non si è recato alle urne il 69,2% degli 3.268 aventi diritto, con un incremento del 10.2%. A Montedoro, in provincia di Caltanissetta, hanno disertato le urne il 61% dei 2.890 aventi diritto. La diserzione è aumentata ovunque nei comuni al di sopra dei 10.000. A riprova che l'astensionismo è un voto che le masse scelgono sempre più consapevolmente vi è il caso dell'incremento notevole della diserzione nei comuni della provincia di Ragusa, dove si votava anche nel capoluogo (62.076 elettori), a Comiso (25.971 aventi diritto) e Modica (46.680 aventi diritto). Nel capoluogo Ragusa ha disertato il 36,5% degli elettori, con un incremento dell'8,5%. A Modica ha disertato il 31,4%, con un incremento del 7,1% rispetto alle precedenti elezioni. A Comiso ha disertato il 31,2% degli elettori, con un incremento del 10%. Deve avere pesato nelle scelte degli elettori la crisi agricola che attanaglia la provincia, senza che le istituzioni borghesi muovano un dito per fornire soluzioni. L'incremento riguarda anche il capoluogo etneo, che passa dal 31,8% al 36,7%, con un aumento della diserzione del 4,9% e il capoluogo aretuseo che passa dal 29,4 alla 33,8 di diserzione, con un aumento del 4,4%. Anche a Messina dal 24,4% al 29,8% con un aumento del 5,4%. Per un'analisi approfondita dell'andamento del voto sono necessari dati ancora non pubblicati, tuttavia ad una prima analisi possiamo dire che l'aumento generalizzato della diserzione in Sicilia ha colpito quasi tutti i partiti ma ha punito in primo luogo il M5S che in nessun caso ha raggiunto i risultati delle regionali dell'ottobre scorso, quando raccolse 285mila voti, pari al 15% dei voti validi. Il risultato delle comunali, per il M5S, è magro ovunque. Nessun sindaco eletto e addirittura l'esito è fallimentare a Catania, Messina e Siracusa, dove il M5S non è riuscito a superare neppure la soglia di sbarramento del 5% per poter eleggere almeno un consigliere. In percentuale, nelle quattro città capoluogo il Movimento passa dal 20,26% al 5,02%, con una flessione di 15 punti, nonostante la discesa in Sicilia di Grillo per i comizi in diversi comuni interessati al voto. Evidentemente una vasta area di elettorato stanco e deluso dai partiti borghesi tradizionali aveva proprio dato il proprio voto al M5S per poi negargliero dopo aver compreso meglio la natura politica di questo nuovo inganno elettorale tutto interno al sistema capitalistico e alle sue istituzioni. 12 giugno 2013 |