Record dal 1977 3 milioni e 140mila disoccupati In un anno 480mila disoccupati in più. Dal 2008 727mila giovani hanno perso il lavoro Il 38,5% dei giovani senza lavoro La più grave crisi economica e finanziaria del capitalismo, in atto senza soluzione di continuità dal 2007 e tuttora molto lontana dall'essere superata, ha distrutto milioni di posti di lavoro; condannato alla fame, alla disoccupazione e al precariato i giovani di cui una parte molto consistente né studia né lavora, ha reso molto difficile la ricerca del lavoro dopo averlo perso e ha creato e alimentato il fenomeno degli "scoraggiati", ossia di coloro che pur essendo in età lavorativa sono stati espulsi irrimediabilmente dal "mercato del lavoro" e hanno smesso di cercare un'occupazione. È questa la drammatica e inaccettabile realtà che emerge dall'ultimo rapporto Istat sul fronte del lavoro. La disoccupazione in maggio ha toccato un nuovo record storico pari al 12,2% della forza-lavoro complessiva. Si tratta del picco più alto sia dalle serie mensili (gennaio 2004) che da quelle trimestrali, avviate nel primo trimestre del 1977. A maggio i senza lavoro censiti sono 56mila in più rispetto ad aprile e 480mila in più sul 2012 con un saldo drammatico arrivato a 3 milioni e 140mila: una crescita che riguarda sia gli uomini, sia le donne. Sempre a maggio, l'Istituto di statistica ha rilevato un calo degli occupati di 27mila unità rispetto ad aprile e di 387mila unità su base annua. Il tasso di disoccupazione è in aumento di 0,2 punti percentuali rispetto ad aprile e di 1,8 punti nei dodici mesi. Tra questi, i ragazzi (15-24 anni) in cerca di lavoro sono 647mila (il 10,7% della popolazione in questa fascia d'età): il tasso di disoccupazione giovanile resta oltre il livello di guardia, è calato di 1,3 punti percentuali al 38,5%, ma su base annua, invece, registra un incremento di 2,9 punti. Sempre a maggio, l'Istituto di statistica, ha rilevato un calo degli occupati di 27mila unità rispetto ad aprile e di 387mila persone su base annua. Il tasso di inattività si attesta al 36,1%, in diminuzione di 0,1 punti percentuali in termini congiunturali e di 0,3 punti su base annua. Nel dettaglio il tasso di disoccupazione maschile, pari all'11,5%, raggiunge il valore più alto dall'inizio delle serie storiche, anche di quelle trimestrali (1977). In aumento risulta anche il tasso di disoccupazione femminile, che tocca quota 13,2%. Guardando ai 3 milioni 140 mila disoccupati l'Istat registra un rialzo dell'1,8% rispetto ad aprile e del 18,1% su base annua. Tra il 2008 e il 2012 hanno perso il lavoro in 727 mila giovani (di cui solo 132 mila nell'ultimo anno). In cinque anni il tasso di disoccupazione è aumentato di dieci punti, e tra i "relativamente" più colpiti ci sono i giovani che hanno la licenza media (tra di loro i disoccupati sono aumentati del 5,2%). I "giovani" tra i 15 e i 29 anni entrano ed escono da un rapporto di lavoro intermittente e precario. Sui 2 milioni e 375 mila lavoratori nel 2012, chi ha un contratto a termine più della metà ha meno di 35 anni, ma ben il 39,5% ha tra i 35 e i 54 anni. In più, l'Istat ha documentato come il periodo di disoccupazione, e la ricerca di un nuovo lavoro, sia aumentato dall'inizio della crisi e nel 58% dei casi chi perde il lavoro rischia di restare precario a vita. Non a caso i disoccupati tra i 40-59 anni sono più che raddoppiati (+131,1%), tra i 60-64enni del 180,7%, mentre i 20-24enni del 69,5%, meno di un terzo. La crisi del sistema capitalista a livello mondiale provoca un forte aumento della disoccupazione anche nell'Eurozona dove secondo i dati Eurostat a maggio è passata al 12,1% dal 12% di aprile. Secondo Eurostat è "un'incremento marcato" rispetto al 2012, quando nella zona euro era 11,3%. All'interno dell'Ue ci sono 26,405 milioni gli uomini e le donne senza lavoro sono 19,222 milioni nella zona euro. Il più alto tasso di senza lavoro in Spagna (26,9%), Grecia (26,8%), Portogallo (17,6%) e Cipro (16,3%). Il più basso in Austria (4,7%), Germania (5,3%) e Lussemburgo (5,7%). Rispetto a un anno fa, i cali più profondi in Lettonia (da 15,5% a 12,4%), Estonia (da 10,0% a 8,3%) e Lituania (da 13,3% a 11,7%). La disoccupazione giovanile è scesa anche nella zona euro: da 23,9% di aprile a 23,8% di maggio. ad aprile 2012 era 23%. La perdita del posto di lavoro e la difficoltà di ritrovarne un altro in tempi brevi contribuiscono ad alimentare il fenomeno dei lavoratori scoraggiati, cioè di coloro che non ricercano più il lavoro ed escono ufficialmente dalle file dei cosiddetti lavoratori attivi. A questo proposito, già l'Istat aveva segnalato che nel 2011 la percentuale degli "inattivi" era salita all'11,6% delle persone in età lavorativa e di oltre tre volte la media europea. In questa "scelta" disperata c'è una evidente caduta di fiducia nel futuro. Le donne ne sono una parte considerevole. Sempre l'Istat indicava che se si aggiungessero gli "inattivi" ai disoccupati "ufficiali" i dati della disoccupazione apparirebbero assai più drammatici. E le cifre (circa 7 milioni di persone tra disoccupati, scoraggiati, sottoccupati e cassaintegrati) peggiorerebbero ulteriormente se si aggiungesse la sotto-occupazione, per esempio chi lavora part-time, poche ore al giorno o pochi giorni alla settimana, non per scelta ma perché non trova di meglio. "La situazione resta molto grave - ha commentato il ministro del Welfare, Enrico Giovannini - Questi dati non fanno che richiedere ancora di più un impegno da parte del governo ma anche delle imprese per un rilancio dell'economia italiana". La verità è che siamo di fronte a un vero e proprio massacro sociale funzionale al sistema capitalista per salvarsi dalla profonda crisi in cui langue ormai da un lustro. Tutti i mali che affliggono i lavoratori e le masse popolari sono causati dal capitalismo sostenuto e servito da tutti partiti di destra, di centro e di "sinistra" borghesi che si sono succeduti alla guida del Paese e non hanno mosso un dito per risolverli. Essi sono totalmente sottomessi al sistema economico capitalistico che impone loro quello che devono o non devono fare per consentire alla classe dominante borghese di arricchirsi sempre più succhiando il sangue dei lavoratori e delle masse popolari. Dal varo "pacchetto Treu", alla Legge 30, dall'abolizione dell'articolo 18 e dello Statuto dei lavoratori, alla controriforma Fornero fino al "pacchetto lavoro" varato il 26 giugno dal governo Letta-Berlusconi, è proprio il caso di dire che nel capitalismo il lavoro è un diritto negato! Per il PMLI invece il lavoro è un diritto fondamentale inalienabile e come tale deve essere garantito a tutte e a tutti. La rivendicazione del lavoro a tutte e tutti, stabile, a salario intero, a tempo pieno e sindacalmente tutelato deve perciò essere messa al centro di un grande movimento di lotta che veda la classe operaia come asse e che coinvolga i disoccupati e gli studenti, i giovani e le donne, i precari e i cassintegrati, i migranti e i sottoccupati, insomma tutti coloro che sono le vittime sacrificali della crisi capitalistica. Profetiche sono le parole di Marx: "Quanto maggiori sono la ricchezza sociale, il capitale in funzione, il volume e l'energia del suo aumento, quindi anche la grandezza assoluta del proletariato e la forza produttiva del suo lavoro, tanto maggiore è l'esercito industriale di riserva. La forza-lavoro disponibile è sviluppata dalle stesse cause che sviluppano la forza d'espansione del capitale. La grandezza proporzionale dell'esercito industriale di riserva cresce dunque insieme alle potenze della ricchezza. Ma quanto maggiore sarà questo esercito di riserva in rapporto all'esercito operaio attivo, tanto più in massa si consoliderà la sovrappopolazione la cui miseria è in proporzione inversa del tormento del suo lavoro. Quanto maggiori infine lo strato dei Lazzari della classe operaia e l'esercito industriale di riserva, tanto maggiore il pauperismo ufficiale. Questa è la legge assoluta, generale dell'accumulazione capitalistica. Come tutte le altre leggi essa è modificata nel corso della propria attuazione da molteplici circostanze, la cui analisi non rientra qui. Si capisce quindi la follia di quella sapienza economica che predica agli operai di adeguare il loro numero ai bisogni di valorizzazione del capitale. Il meccanismo della produzione e dell'accumulazione capitalistica adegua questo numero costantemente a questi bisogni di valorizzazione. Prima parola di questo adeguamento è la creazione di una sovrappopolazione relativa ossia di un esercito industriale di riserva, ultima parola la miseria di strati sempre crescenti dell'esercito operaio attivo e il peso morto del pauperismo". (Il Capitale, La legge generale dell'accumulazione capitalistica, Capitolo 23°, Libro I, 1867, sezione VII, Edizioni Rinascita, pagg. 95-96) 10 luglio 2013 |