Per difendere l'ordinanza fascista contro i lavavetri Domenici chiama in causa Lenin ma il modello reale è Mussolini Intervistato dai due maggiori quotidiani italiani, "La Repubblica" e il "Corriere della Sera", il sindaco di Firenze e presidente dell'Anci Leonardo Domenici, non solo ha sfruttato le due compiacenti tribune nazionali per difendere a spada tratta e con arroganza l'ordinanza fascista del suo assessore Graziano Cioni contro i lavavetri, invocandone anzi l'estensione a graffitari, venditori e parcheggiatori abusivi e prostitute; ma ha avuto anche l'impudenza di definirla "un'ordinanza leninista", pensando evidentemente di rintuzzare con un'uscita paradossale e "spiazzante" le montanti critiche da sinistra: "Certo. Lenin diceva: il problema è l'analisi concreta di una situazione concreta. Questo stiamo facendo, vorrei far osservare a chi ci critica da sinistra. D'altra parte Lenin diceva anche che l'estremismo è la malattia infantile del comunismo", ha detto con sussiego il neopodestà di Firenze per spiegare la sua assurda affermazione. Che il rinnegato Domenici si sciacqui la bocca prima di pronunciare così a sproposito il nome dell'immortale artefice della Rivoluzione d'Ottobre! Anche perché il suo modello reale, quello a cui si ispira l'ordinanza fascista, forcaiola e razzista di cui rivendica con tanta iattanza la paternità insieme al suo compare Cioni, non è certo il grande maestro del proletariato internazionale, bensì un altro personaggio ad essi ben più congeniale e vicino: Benito Mussolini. Non è infatti il duce del fascismo portato tuttora ad esempio da nostalgici e benpensanti perché "almeno quando c'era lui" nelle strade non si vedevano accattoni, prostitute e omosessuali e i treni arrivavano in orario? E non è forse al consenso e ai voti della destra che i due federali fiorentini del PD, agendo del resto in perfetta sintonia ideologica e politica con l'ambizioso Veltroni, puntano con la loro politica demagogica e fascista della "sicurezza", da essi lanciata addirittura come un modello a livello nazionale? Una politica per certi aspetti più ripugnante e brutale della famigerata "tolleranza zero" dell'ex sindaco di New York Giuliani, perché come ha la faccia tosta di dichiarare lo stesso Domenici, non avendo grande delinquenza da combattere è naturale e ovvio che se la prenda con lavavetri, accattoni, graffitari e venditori abusivi che "molestano i cittadini" e "degradano la vita civile". Come se fossero questi i veri problemi di una città che ha i trasporti più cari d'Italia, che è ai primi posti per costo della vita, emergenza abitativa, inquinamento, traffico abnorme, svendita alle corporazioni dei commercianti per lo sfruttamento intensivo del turismo, e per le periferie urbane abbandonate - quelle sì - al degrado e allo squallore dei quartieri dormitorio e dei centri commerciali! Ma evidentemente, con questa politica, i due capibastone diessini mirano a prefabbricarsi un robusto trampolino di lancio politico-mediatico che li sollevi dall'ambito locale, ormai troppo stretto per le loro ambizioni, verso il vertice nazionale del costituendo PD. Il quale, se il buondì si vede dal mattino, più che ispirarsi ai democratici americani sembra attingere sempre di più all'armamentario politico bigotto, razzista e reaganiano dei repubblicani, al punto da aver ormai scippato con decisione alla destra neofascista molti dei suoi temi più ossessivi e reazionari. 5 settembre 2007 |