Draghi: "la disoccupazione rischia di innescare forme di protesta estreme e distruttive" Occorrono "riforme strutturali" Che la perdurante crisi economica colpisca in maniera sempre più devastante i lavoratori e le masse popolari anche in Europa è un dato di fatto e in diversi paesi la protesta sociale rischia di esplodere. Se ne preoccupa eccome il numero uno della Banca centrale europea (Bce), l'italiano Mario Draghi, che dopo aver aiutato soprattutto le banche e calcato la mano a favore delle misure di macelleria sociale imposte ai governi dei paesi in difficoltà in particolare dell'area euro, lancia un allarme e afferma che occorre definire misure per ridurre la disoccupazione per disinnescare il "rischio di proteste estreme e distruttive". L'occasione gli è stata fornita dalla tribuna dell'università Luiss Guido Carli di Roma dove il 6 maggio ha tenuto una lectio magistralis alla cerimonia di conferimento della sua laurea honoris causa in Scienze politiche. "È indubbio che una crescita duratura sia condizione essenziale per ridurre la disoccupazione, in particolare quella giovanile" ha sottolineato Draghi ricordando che "in alcuni paesi questa ha raggiunto livelli che incrinano la fiducia in dignitose prospettive di vita e che rischiano di innescare forme di protesta estreme e distruttive". Che terrorizzano la classe dirigente sia della destra che della "sinistra" borghese. In Europa, ha aggiunto, da quasi "vent'anni è in atto una tendenza alla concentrazione dei redditi delle famiglie che penalizza i più deboli". Ce ne è voluto del tempo perché se ne accorgesse dall'alto degli scranni occupati in banche e affini e non è affatto credibile quando solo ora sostiene che occorre "una più equa partecipazione ai frutti della produzione della ricchezza nazionale" che aumenti "la coesione sociale" e conduca "al successo economico". Che a suo dire sarebbe garantito dalle necessarie riforme strutturali che "assumono un significato più ampio di quello di mero strumento di crescita". "Nell'area dell'euro - sottolinea Draghi - la straordinaria affermazione della moneta unica ha nascosto per anni i rischi che venivano accumulandosi. I governi dei paesi membri si sono sentiti liberati dai vincoli pre-esistenti: con l'eccezione della Germania e di pochi altri paesi, hanno procrastinato le riforme strutturali che avrebbero potuto adeguare la competitività di strutture economiche obsolete alle sfide di una globalizzazione incalzante". La soluzione quindi sarebbe puntare alla crescita economica attraverso "un'efficace promozione e tutela della concorrenza, un adeguato grado di flessibilità del mercato del lavoro che sia ben distribuito tra generazioni, una burocrazia pubblica che non sia di ostacolo alla crescita, un capitale umano adatto alle sfide poste dalla competizione globale". Siamo alla solita ricetta a base di competitività e flessibilità che ha portato alla crisi di sovrapproduzione che tra l'altro ridefinirà nuovi equilibri nei rapporti di forza tra paesi capitalisti e farà ricominciare un nuovo ciclo economico. Questo nelle speranze anche di Draghi preoccupato dal fatto che il percorso potrebbe essere rallentato o interrotto dallo sviluppo di "forme di protesta estreme e distruttive". 29 maggio 2013 |