Lo afferma il governatore di Bankitalia al convegno sul Mezzogiorno Draghi: il Sud si è fermato 30 anni fa. La mafia ostacola il suo sviluppo Per il PMLI il sottosviluppo del Mezzogiorno è la prima Questione nazionale Lo sviluppo del Sud è rimasto fermo a 30 anni fa. Il divario con il Centro-Nord rimase pesantissimo. Nel Mezzogiorno i servizi sono insufficienti e di scarsa qualità. Cresce meno e patisce di più la crisi economica in atto. I livelli occupazionali sono sensibilmente più bassi, mentre la disoccupazione è doppia. L'immigrazione è tornata a correre in modo preoccupante. Le mafie (Cosa nostra, 'ndrangheta, cammorra, sacra corona unita) tra le altre cose, rappresenta un freno, un ostacolo allo sviluppo e alla modernizzazione del Sud. Questo, nell'essenziale, è ciò che ha detto il governatore di Bankitalia, Mario Draghi, nel suo intervento al convegno "Il Mezzogiorno e la politica economica dell'Italia" tenutosi a Palazzo Koch a Roma il 25 novembre scorso. La diagnosi ad ampio raggio fatta da Draghi non lascia adito a dubbi. "Le analisi che presentiamo rivelano scarti allarmanti di qualità tra centro nord e mezzogiorno nell'istruzione, nella giustizia civile, nella sanità, negli asili, nell'assistenza sociale, nel trasporto locale, nella gestione di rifiuti, nella distribuzione idrica... Da lungo tempo i risultati economici del Mezzogiorno d'Italia sono deludenti. Il divario del Pil pro capite rispetto al centro nord è rimasto sostanzialmente immutato per trent'anni: nel 2008 era pari a circa quaranta punti percentuale. Il sud in cui vive un terzo degli italiani, produce un quarto del prodotto nazionale lordo: rimane il territorio arretrato - ha specificato - più esteso e più popoloso dell'area euro". A questo proposito Draghi soggiunge: "nel 2008 la contrazione del pil meridionale è stata più severa di quella del centro nord: -1,4 per cento contro -0,9 per cento. Nel secondo trimestre del 2009 l'occupazione è calata nel mezzogiorno del 4,1% rispetto all'anno precedente, mentre il centro nord è scesa dello 0,6 per cento. Il divario riflette anche la minore tutela offerta in concreto della cassa integrazione guadagni al sud a causa della differente struttura produttiva. Il mezzogiorno sconta la debolezza della sua economia". Tra le cause del sottosviluppo del Sud che permane e anzi si aggrava nel tempo, il governatore di Bankitalia ha sottolineato la presenza estesa delle mafie: "Grava su ampie parti del nostro sud il peso della criminalità organizzata. essa infiltra la pubblica amministrazione, inquina la fiducia fra i cittadini, ostacola il funzionamento del libero mercato concorrenziale, accresce i costi della vita economica e civile". Ma vi è anche "alla radice dei problemi del sud - secondo Draghi - la carenza di fiducia tra cittadini e tra cittadini e istituzioni, la scarsa attenzione prestata al rispetto delle norme, l'insufficiente controllo esercitato dagli elettori nei confronti degli amministratori eletti, il debole spirito di cooperazione". Draghi dice anche cosa, a suo giudizio, non ha funzionato e cosa bisognerebbe fare. A suo dire i sussidi alle imprese "sono stati generalmente inefficaci: si incentivano spesso investimenti che sarebbero stati effettuati comunque; si introducono distorsioni di varia natura penalizzando frequentemente imprenditori più capaci. Non è pertanto dai sussidi che può venire uno sviluppo durevole dell'attività produttive". Per lui invece: "Occorre investire in applicazione delle politiche generali, piuttosto che in sussidi... Si deve puntare a migliorare la qualità dei servizi forniti da ciascuna scuola, da ciascun ospedale e tribunale, da ciascun ente amministrativo di produzione di servizi, di trasporto o di gestione di rifiuti". Critico verso le politiche regionali "esplicitamente finalizzate a promuovere lo sviluppo delle aree in ritardo con interventi specifici" giacché "hanno ottenuto risultati scarsi". Forse pensando alla proposta del ministro Tremonti per una Banca del Sud, Draghi sostiene che "i dati mostrano come non ci siano marcate divergenze nell'andamento del credito bancario tra centro nord e il Mezzogiorno". Dunque il problema non è questo. Questa analisi autorevole sulle condizioni intollerabili di sottosviluppo in cui versa il Mezzogiorno sono fondate. Però Draghi non dice nulla sulle responsabilità storiche della borghesia italiana che hanno creato la Questione meridionale sin dall'Unità d'Italia e mai risolto né all'epoca di Giolitti né durante il fascismo e nemmeno dal dopoguerra ad oggi. E nulla dice sulla politica economica del governo del neoduce Berlusconi, che non aiuta in alcun modo lo sviluppo del Mezzogiorno anzi. Provvedimenti come quelli per la costruzione del Ponte sullo Stretto di Messina, la privatizzazione dell'acqua, lo scudo fiscale per il rientro di capitali illegalmente esportati all'estero non danno nessun contributo effettivo allo sviluppo del Sud e finiscono per ingrassare le mafie. Per non dire del federalismo fiscale che inevitabilmente accrescerà il divario tra il Centro-Nord e il Mezzogiorno d'Italia, delle odiose "gabbie salariali" e dello smantellamento del contratto nazionale di lavoro che penalizzeranno i lavoratori meridionali. Ma a guardare le leggi finanziarie di questo governo, quella dello scorso anno e quella in via di approvazione emerge che per questo governo la Questione meridionale non esiste. Per il PMLI quella meridionale è invece la prima Questione nazionale che richiede la priorità nelle politiche economiche, finanziarie, sociali e del lavoro del governo centrale di quelli regionali e locali. Draghi nella sua ricetta ha posto l'accento sull'adeguamento dei servizi sociali e pubblici. Ma c'è anche l'esigenza, più importante, di dotare il Sud di una struttura industriale e di relative infrastrutture pari agli standard esistenti nel resto del Paese. Per il PMLI lo sviluppo del Mezzogiorno sta in cima al proprio programma rivendicativo e di massa. Anche se siamo convinti che solo nel socialismo sarà possibile ottenerlo in modo soddisfacente. Ecco perché "Per il Mezzogiorno - com'è scritto nel documento della Commissione per il Mezzogiorno del CC del PMLI, realizzato per le manifestazioni indette dalla Cgil il 28 novembre - bisogna formare un largo fronte unito nazionale che abbia nella sua piattaforma condivisa gli obiettivi: lavoro, sviluppo industrializzazione; sicurezza del territorio, salvare l'agricoltura; rete ferroviaria moderna, servizio e trasporti pubblici; risanare l'ambiente; acqua pubblica; salari uguali al Nord; stabilizzare i precari; cancellare il federalismo fiscale, il disequilibrio col Nord, Il Ponte sullo Stretto, il lavoro nero lo schiavismo degli immigrati; sradicare le mafie". 2 dicembre 2009 |