L'ecatombe campana: la mafia, lo Stato e la legge del massimo profitto Le battaglie strategiche dei Comitati per la difesa della salute e dell'ambiente L'anarchia regna sovrana in Campania, nessuno può dire quanti e quali rifiuti stanno bruciando, dove vengono trasportati ad esempio quelli sanitari a rischio infettivo e quelli speciali, quanti e quali sostanze cancerogene sono presenti nell'aria, nell'acqua e negli alimenti che tutti i giorni respiriamo ed ingeriamo, a quanto ammontano gli intossicati, gli ammalati ed i morti dell'"emergenza" più grave e più lunga della storia moderna dell'Occidente. Come si è arrivati a questa ecatombe? I rifiuti speciali Per trovare il bandolo della matassa di questo groviglio avvelenato il nostro ragionamento deve partire dalla legge fondante del capitalismo, ossia la ricerca del massimo profitto. Per i pescecani capitalisti i prodotti chimici di scarto della produzione industriale, sono sempre stati un po' come gli anziani, i disabili, i malati: una zavorra improduttiva di cui liberarsi con il minimo sforzo ed il minimo costo. Per lungo tempo la maggior parte delle industrie italiane ha scaricato i rifiuti tossici nell'aria, nelle acque e nei terreni prospicienti agli impianti industriali. Italsider e Montedison, ad esempio, scaricavano i rifiuti tossici direttamente nel mare di Bagnoli. A partire dai primi anni '70 il sistema di smaltimento dei rifiuti pericolosi delle grandi industrie del Nord si evolve: ogni giorno ed ogni notte, per mesi, anni, decenni, carovane di camion carichi di veleni scendono lungo l'autostrada del Sole. Questa modalità di smaltimento dei rifiuti più pericolosi è l'ideale per le grandi e piccole industrie criminali: non bisogna arrivare nelle discariche della Somalia e del Mozambico, perché le sanzioni delle leggi dello Stato sono irrisorie. Superato il fiume Garigliano, che geograficamente separa il Sud dal Centro-Nord, i camion dell'ecomafia incontrano la prima, grande, una volta fertile, pianura del Mezzogiorno: quella che va dal giuglianese (a nord di Napoli) all'agro-aversano (a sud di Caserta) fino all'agro-nocerino-sarnese (a nord di Salerno) diviene la più grande pattumiera di rifiuti tossici industriali d'Italia e d'Europa. Gli scarti di produzione delle zone industrializzate del Paese ingrassano le cosche camorristiche locali, le aziende capitalistiche "intermediarie" di questo turpe traffico. I clan presenti sul territorio sono indotti a specializzarsi nelle attività connesse al trasporto e allo smaltimento: c'è chi mette in piedi organizzazioni dedite alla falsificazione delle documentazioni allegate ai carichi da smaltire, chi a corrompere o arruolare nelle proprie file le autorità politiche, i colletti bianchi e i tecnici predisposti alla difesa e al "controllo" della salute e dell'ambiente, chi all'acquisto, requisizione e controllo dei suoli da adibire a discarica, chi si inventa finte società di compostaggio che servono solo a sotterrare i rifiuti. Nel 2006 un componente del Consiglio nazionale di Legambiente, Maurizio Trupiano, viene arrestato con l'accusa di aver ricevuto 10.000 euro dal titolare di un'impresa bergamasca, la Gtm, coinvolta nell'inchiesta "Bonnye e Clide" sul traffico illecito di rifiuti. Altre inchieste appurano l'esistenza di una rete massonica e legata ai servizi segreti per coordinare i traffici delle cosche. Il ciclo dei rifiuti tossici si salda naturalmente a quello del cemento, poiché una gran parte dei rifiuti speciali proviene proprio dalle attività edilizie che la camorra in Campania controlla fin dal dopo-terremoto in regime di assoluto monopolio, dalla proprietà delle cave alle aziende di estrazione che sventrano le montagne fino alle imprese del "movimento terra". Con il suo corollario di evasione fiscale e contributiva, lavoro nero e stragi sul lavoro, l'ecomafia diventa una vera e propria holding imprenditoriale che divora con la sua ragnatela di relazioni i settori strategici delle istituzioni borghesi, a partire dagli assessorati e dagli uffici tecnici dei "piccoli" comuni fino alle stanze del governatore al centro direzionale, a S. Lucia, a palazzo S. Giacomo, a piazza Matteotti. La speculazione immobiliare, edilizia e quella legata alla costruzione dei grandi centri commerciali diviene utile non solo per lavare i "capitali sporchi" (armi, droga, traffico schiavistico di esseri umani, ecc.) ma anche per ricoprire le aree troppo visibilmente inquinate che potrebbero disgraziatamente divenire improduttive se sequestrate dalla magistratura. Legame stretto tra camorra e istituzioni borghesi Questo primo ciclo si chiude immancabilmente con il voto, il vero fulcro del sistema mafioso campano. In zone ad altissima densità di miseria e disoccupazione, il sistema legato a questi traffici ed il lavoro nero legato ai subappalti concessi alla camorra dalle pubbliche amministrazioni, come i consorzi, le ex municipalizzate, le Asl e le aziende ospedaliere, produce valanghe di voti. Lo sanno bene tutti i partiti parlamentari che in occasione delle elezioni politiche dedicano grande attenzione alla Campania, una regione determinante per la nascita e la caduta dei governi. Nel periodo che intercorre tra una votazione e l'altra, l'operato dei partiti e delle istituzioni, dalle circoscrizioni fino al parlamento europeo, si riduce a garantire alle cosche imprenditoriali campane finanziamenti, appalti, evasione fiscale, protezione politica e giuridica, per alimentare questo marcio ciclo di profitto all'infinito. Una delle cose più sconcertanti è che la redazione del Tg3 regionale soltanto adesso si è accorta, sorvolando le zone inquinate in elicottero, che nel "triangolo della morte" fra Napoli, Villa Literno, Castel Volturno, Acerra e Nola si trovano rifiuti pericolosi dappertutto, dai cavalcavia a vecchie cave riempite, dai Regi-lagni fino agli scogli frangiflutti utilizzati come barriera in mare. Soltanto adesso i pennivendoli de Il Mattino al servizio di Caltagirone (l'amico di Cuffaro, il suocero di Casini) si sono accorti che a Pianura le sostanze tossiche interrate sono mille volte quelle consentite dalla legge, che tra i veleni che scorrono nelle acque superficiali ci sono quelli dell'Acna di Cengio e dell'Eternit di mezza Italia. E dove sono finiti i rifiuti delle "grandi opere" napoletane, come la tangenziale, la metropolitana, il centro direzionale o quegli scempi urbanistici chiamati Villaggio Coppola e Monteruscello? In base alle sole inchieste della magistratura ha calcolato di recente lo scrittore Roberto Saviano che "se i rifiuti illegali gestiti dai clan fossero accorpati diverrebbero una montagna di 14.600 metri con una base di tre ettari, sarebbe la più grande montagna esistente sulla terra". Ed è solo la punta dell'iceberg, di ciò che è visibile ad occhio nudo, perché il grosso dei veleni si trova di certo sul fondo del mare e nel sottosuolo, sotto le colline e i campi agricoli, nell'asfalto delle strade, nei muri e nelle fondamenta dei palazzi, risale la penisola lungo il tragitto della tratta della Tav Napoli-Roma-Firenze. Secondo alcune stime prudenti i rifiuti smaltiti illegalmente ammontano a 35 milioni di tonnellate e a 6,7 i milioni di tonnellate i rifiuti speciali che ogni anno spariscono nel nulla. I rifiuti solidi urbani Questo è grosso modo il sistema che si è consolidato per quanto riguarda i cosiddetti "rifiuti speciali" fino al 1994, quando entrano in scena ad un livello più alto di quanto era mai accaduto in precedenza i rifiuti solidi urbani (RSU). La città di Napoli e la sua sterminata provincia producono il 60% dei rifiuti solidi urbani regionali. La raccolta in strada è un settore selvaggiamente privatizzato come le pompe funebri e da sempre è affidato alla ditte subappaltatrici controllate dalla camorra: le emergenze si susseguono fin dagli anni '70. Nel 1994 sull'onda delle inchieste di tangentopoli (Adelphi, Cassiopea, Re Mida, Green, Terra Mia, Ultimo atto, Madre terra, Eldorado, Spartacus) le megadiscariche "legali", improvvisate, non a norma, vicine ai centri abitati ed alle aree agricole, stracolme di percolato e anch'esse gestite dalla camorra, vengono chiuse. Si apre l'era del "commissariato straordinario di governo all'emergenza rifiuti", quale camera, non elettiva, di compensazione tra le vecchie e le nuovi lobby affaristico-mafiose. Mentre Bassolino teorizza "il rinascimento napoletano" basato sulla smobilitazione dell'industria ed il potenziamento del terziario e del turismo, il fascista di AN Antonio Rastrelli annuncia per la Campania il nuovo "piano industriale di smaltimento dei rifiuti solidi urbani" che porterà nel 1999 alla concessione alla Impregilo della famiglia Romiti, una multinazionale del cemento che ha provocato disastri indescrivibili e spaventosi in tutto il mondo, il monopolio del trattamento e dello smaltimento dei rifiuti in tutta la regione. I governatori e i commissari Losco e Bassolino definiscono i dettagli e firmano le disposizioni attuative. In poco meno di un decennio oltre 13 miliardi di euro di denaro pubblico vengono saccheggiati, i fondi nazionali, europei e regionali, vengono girati agli sciacalli delle imprese controllate dall'Impregilo, alla holding dei Casalesi e per creare un mastodontico apparato burocratico al servizio del più sfacciato clientelismo elettorale. La dimensione complessiva del denaro sperperato è secondo sola al dopo-terremoto e alla Cassa del Mezzogiorno. Come per il passato lo stato di "emergenza" perenne, con i rifiuti per le strade, fa comodo agli attori di questa criminale storia, è un "effetto collaterale" finalizzato ad ungere all'infinito le ruote di questo mostruoso apparato. Il cui cuore sono i cosiddetti Cdr, stabilimenti-capannone in cui vengono tritati rifiuti solidi urbani indifferenziati, rifiuti tossici, rifiuti speciali, rifiuti ospedalieri, e probabilmente anche scorie radioattive, che poi vengono impacchettati in "eco balle" e depositati in gigantesche discariche a cielo aperto, in attesa che tutto vada in fiamme nei costruendi inceneritori. L'idea ufficiale della nuova "cupola" che si avvicenda nelle stanze del Commissariato di governo è quella di spremere energia dall'incenerimento di questo tipo di rifiuti. A chi si aggiudica il grande appalto il governo garantisce il pagamento a peso d'oro di ogni tonnellata di immondizia bruciata. Mentre i Cdr continuano a impacchettare e i Consorzi di bacino a subappaltare il servizio di raccolta alle aziende private della camorra, viene aperto il cantiere dell'inceneritore di Acerra con selvagge cariche ai danni dei manifestanti che con grande coraggio e lungimiranza si sono opposti fin da subito al mostro e hanno chiesto con forza una valutazione di impatto ambientale e la bonifica del territorio martoriato. I dipendenti pubblici addetti al riciclaggio, in larga parte Lsu ed ex Lsu, vengono intimiditi: notte tempo vengono bucate le ruote degli automezzi o vengono fatti sparire. La raccolta differenziata a Napoli non deve sfangare dal 6%, la percentuale più bassa di tutta la Campania (in media di poco superiore al 10%). Gli inceneritori Dove si è inceppato questo sistema? 1) Nel crack finanziario e borsistico dell'Impregilo, che comincia ad utilizzare il denaro pubblico derivante dal blocco del sistema di smaltimento unicamente per ripianare i debiti contratti con le banche. 2) Nel progressivo addensarsi di un nugolo di avvoltoi sulle montagne di "eco balle" campane che crescono a dismisura (la più grande è nel giuglianese ed è larga 4km quadrati). La megalopoli napoletana, con la sua densità abitativa e le 7 milioni di "eco balle" parcheggiate a cielo aperto, diventano un boccone molto appetitoso, tale da scatenare una guerra all'arma bianca tra le grandi multinazionali dell'incenerimento italiane ed europee. Nessuno ha ancora calcolato quanta parte del bilancio regionale è stato intascato dai padroni degli inceneritori tedeschi durante le emergenze del 2001, 2003, 2005, 2007; nessuno si è ancora chiesto perché i padroni degli inceneritori da Ginevra a Berlino fino a Brescia si sono detti ben contenti di ricevere le "eco balle" campane. Che tipo di traffico, inoltre, si sta sviluppando verso i paesi dell'Est? Gli altri fattori, come le ultime inchieste giudiziarie, rischiano di essere secondari: solo di recente infatti la magistratura è riuscita a mettere il naso nei Cdr, dichiarandoli fuorilegge, nel cantiere dell'inceneritore di Acerra, rilevando ben 77 prescrizioni di inadeguatezza dell'impianto, nel commissariato straordinario, aprendo numerose inchieste sull'operato di commissari e sub commissari. La fase attuale è di stallo, contraddistinta dal fatto che i cicli di profitto derivanti dallo smaltimento dei rifiuti speciali e dei rifiuti solidi urbani si sono sovrapposti e intrecciati con i velleitari piani di autosufficienza energetica, basata sugli inceneritori, predisposti dalle Regioni, dai governi italiani ed europei. È così che gli interessi sui rifiuti indifferenziati campani si sono ingigantiti a tal punto che una mega-cupola si è affacciata sulla scena per prendere le redini della situazione. Si tratta delle grandi società miste multi-utilities che vogliono mettere le mani sui servizi essenziali: l'acqua, l'energia, lo smaltimento dei rifiuti. I mass-media in coro ci dicono che l'unica soluzione all'emergenza campana è accelerare la conclusione del "ciclo" con l'incenerimento, fingendo di non sapere che anche quelli più piccoli e tecnologicamente avanzati emettono enormi quantità di diossina, furani e Co2; fingono di non sapere che dietro le montagne di sacchetti ci sono colossi come la francese Veolia Water Vivendi, la spagnola Abertis, l'"uscente" Impregilo, e il quarto incomodo rappresentato dalla Asia spa di Napoli, la ex municipalizzata che l'assessore comunale Enrico Cardillo, ex segretario regionale della Uil, ha in fretta e furia avviato alla privatizzazione, e che ha stretto un'alleanza con la Asm di Brescia, la Amsa di Milano e l'Ama di Roma. Il superprefetto De Gennaro, con i pieni poteri attribuitigli dal governo Prodi con il pieno consenso del neoduce Berlusconi, è sceso a Napoli non solo per "trovare un buco dove mettere un milione di tonnellate di rifiuti" in surplus - come ha dichiarato - ma anche per disincagliare il progetto "strategico" a beneficio della multinazionale che uscirà vincente dalla guerra silenziosa che si sta combattendo all'ombra del "bando di gara" (o dell'"affidamento diretto") dei Cdr e del mega-inceneritore di Acerra. A quel punto essa avrà in mano per ben 15 anni non solo un favoloso strumento di profitto, non solo una formidabile arma di ricatto sulle istituzioni e sull'intera popolazione campana, ma anche un potere nevralgico di controllo dello sterminato mercato dei rifiuti che avviene tra le regioni italiane, ormai frammentate in 20 staterelli dalla devoluzione federalista. Un potere ben più grande di quello che è stato concesso fin qui alla famiglia Romiti. I poteri golpisti concessi al superprefetto di ferro sono anche una punizione nei confronti delle istituzioni regionali per non avere ancora, nonostante le manganellate, messo in funzione gli inceneritori, come si rimprovera ogni giorno Antonio Bassolino prendendosela con gli "ambientalisti contrari allo sviluppo", lui che avrebbe voluto essere il primo della classe con l'inceneritore più grande (e velenoso) d'Europa e si ritrova fanalino di coda tra le regioni italiane. Per salvare la faccia il piano di De Gennaro parla, come ultimo punto, della raccolta differenziata come hanno fatto quelli che lo hanno preceduto e come faranno quelli che verranno dopo di lui. Ma tutti i lacché dell'incenerimento sanno bene che più l'immondizia è differenziata e minore è la quantità di rifiuti da bruciare, minore è il potere calorifico per tonnellata, minore è il guadagno derivante dai cosiddetti Cip6; più l'immondizia è indifferenziata più c'è bisogno di riaprire grandi e piccole discariche, legali e illegali, per smaltire quelle micidiali bombe ecologiche che saranno i fanghi di scarto dell'incenerimento, utili soltanto a far rientrare dalle finestre le grandi e piccole cosche locali che tengono in piedi l'intero sistema. Più in generale fino a quando l'incenerimento sarà considerato dai governi come una soluzione alla crisi dei rifiuti, l'industria non comincerà neanche a pensare alla progettazione e alla produzione di beni di consumo che non contengano sostanze chimiche tossiche. Colpire il mostro nei punti nevralgici Non sappiamo se il diabolico progetto "industriale" della destra e della "sinistra" del regime neofascista sarà realizzato nel giro di pochi mesi o di qualche anno, dipenderà anche dalle rivolte contro la riapertura delle megadiscariche che infiammano la Campania, dall'esito della crisi di governo, dal tipo di intervento sanzionatorio che metterà in atto la commissione europea, dall'esito della guerra tra le bande partitiche che si sta per scatenare intorno alla gestione del grande boccone dei finanziamenti europei per le infrastrutture idriche e la bonifica delle acque, certo è che questo modello di smaltimento, se non interverranno le masse popolari con una mobilitazione generale guidata da una piattaforma unica, coordinata, condivisa e che faccia propria l'arma dell'astensionismo elettorale, non potrà che precipitare il nostro martoriato popolo dalla padella nella brace, una enorme brace alla diossina! I Comitati per la difesa della salute e dell'ambiente che stanno sorgendo in tutta la regione, hanno ben chiaro che il nuovo ciclo di profitto derivante dai rifiuti fa a cazzotti, almeno quanto il vecchio, con la riduzione, la raccolta differenziata, il riciclaggio. Essi stanno quindi mettendo a fuoco le seguenti battaglie strategiche. La prima grande battaglia consiste nell'ottenere l'abrogazione del piano regionale, perché non entri in funzione la mostruosa ciminiera degli inceneritori di Acerra, S. M. la Fossa e Salerno, per cacciare via a tutti i livelli i privati dal sistema rifiuti, per l'assunzione nel settore pubblico della riduzione, raccolta differenziata porta a porta, isole ecologiche e riciclaggio dei rifiuti solidi urbani di almeno 100mila lavoratori e di almeno altrettanti nel settore della bonifica di tutti i territori inquinati, compresi i siti di ecoballe. Questi lavoratori devono inderogabilmente essere assunti con contratto di lavoro stabile, a salario intero, a tempo pieno e sindacalmente tutelato. Questo piano va coadiuvato da una capillare campagna di informazione nelle scuole, sui mass-media e nei quartieri. La seconda grande battaglia consiste nel sostegno alla magistratura affinché vengano comminate le pene di disastro ambientale ed epidemia dolosa e colposa ed associazione mafiosa non solo a tutti coloro che sono stati al vertice del Commissariato ma anche a tutte le aziende capitalistiche, camorristiche e non, che hanno aggirato le norme di tutela ambientale e sanitaria, a punire tutti i dirigenti degli enti che non si impegnano seriamente a ridurre drasticamente la produzione di prodotti di plastica, imballaggi e di prodotti usa e getta e/o non effettuano la riduzione, il riciclaggio e la raccolta differenziata, a cominciare subito dalla vergognosa Arpac (Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente). Senza dimenticare il risarcimento danni a partire da quello di 750 milioni di euro disposto dalla Procura di Napoli nei confronti della Impregilo. La terza battaglia di grande importanza è rivendicare che sulla gestione e destinazione dei fondi l'ultima parola spetti alle masse popolari e ai comitati di difesa della salute e dell'ambiente. Il PMLI è disposto a combattere queste battaglie fino in fondo insieme ai Comitati ed alle masse popolari affinché le teste e gli artigli del mostro vengano troncate. I marxisti-leninisti sono però consapevoli che si tratterà sempre di vittorie parziali e temporanee. La vittoria piena potrà essere festeggiata soltanto quando avremo raso al suolo l'attuale "modello di sviluppo", il capitalismo assassino dell'uomo e dell'ambiente, un sistema che va confinato nel museo della storia perché fondato su di un'unica barbara legge: quella del massimo profitto al minimo costo. Uniamoci per salvare la Campania, Napoli, l'Italia, dalla devastazione ambientale della mafia di Stato. 30 gennaio 2008 |