Come ai tempi della "lady di ferro" Ecatombe di licenziamenti nel Regno Unito I sindacati non fanno nulla per difendere i diritti dei lavoratori Dal corripondente della Cellula "Stalin" di Londra Nel Regno Unito per trovare un così tremendo calo qualitativo dei diritti dei lavoratori occorre tornare ai tempi della Thatcher. Continui sono i licenziamenti nei vari settori, soprattutto nel terziario e ora la mannaia sta colpendo anche i lavoratori statali. Con la scusa di "salvare" l'economia e la spesa pubblica il governo antipopolare di Gordon Brown permette e per di più legalizza il genocidio lavorativo e sindacale. Per esempio negli ultimi mesi numerosi sono stati i casi di lavoratori dipendenti dello Stato che ricoprivano ruoli di responsabilità che sono stati messi al "muro" dai loro diretti superiori, obbligando i primi a scegliere tra l'accettare incarichi di minor rilievo con un taglio dello stipendio che oscilla tra il 30-40%, oppure il licenziamento o (per coloro che potevano) il pensionamento anticipato senza però il pagamento dei contributi per gli anni che mancano alla maturazione completa della pensione, costringendoli quindi ad accettare una pensione che si aggira intorno al 25% dell'ultimo stipendio percepito. La cosa allarmante è che il posto di lavoro non viene spazzato via, bensì viene tolto anzitempo ai lavoratori qualificati e con anni di esperienza alle spalle per rimpiazzarlo con lavoratori più giovani e inesperti al solo scopo di pagarli di meno. E per questi lavoratori, in gran parte operai, non ci sono neppure da scegliere tra le opzioni sopracitate. Per di più chi si è rivolto alla Union (sindacati inglesi) per far valere i propri diritti non ha avuto nessun supporto. Non sono pochi i casi dove lavoratori tra i 60 e i 65 sono stati costretti a cercarsi un lavoro in nero (rischiando anche guai legali) pur di riuscire ad arrivare a fine mese. La crisi che stiamo attraversando ha creato milioni di disoccupati e ha reso sempre più aguzzini i padroni. Per un posto di lavoro si presentano centinaia di persone, così il datore di lavoro può scegliere la persona più "qualificata" pagandola meno rispetto a un anno fa (si è verificato infatti una flessione della paga oraria). Anche in questo caso i sindacati non fanno niente. In Gran Bretagna, riguardo ai diritti dei lavoratori, c'è tanto da battagliare. Ci sono dei diritti ancora da acquisire e che sono di importanza vitale. Per esempio avere la giornata lavorativa di 8 ore (qui la giornata arriva anche a 12 ore di lavoro continuativo), la malattia interamente pagata dal primo giorno (attualmente la situazione è varia, e si va dal pagamento per intero della malattia al pagamento dal terzo giorno a stipendio ridotto), la paga oraria e non su calcolo annuale (quindi se il lavoratore è ammalato non viene pagato), per non parlare del licenziamento senza giusta causa entro il primo anno lavorativo (anche per coloro che hanno il contratto a tempo indeterminato). I soli casi in cui il sindacato si impegna con solerzia sono quando c'è una denuncia da parte di un lavoratore per la violazione delle "Equal Opportunities" (pari opportunità), quindi in casi di sospetta discriminazione razziale, religiosa o sessuale; tale protocollo è una grande conquista ma usato come lo usano le istituzioni borghesi britanniche finisce per diventare uno strumento demagogico e discriminatorio nei confronti delle ingiustizie che subisce l'intero mondo del lavoro, e soprattutto di facciata, un orpello da sventolare per far vedere che il governo britannico è "giusto, imparziale, antirazzista ed equo". Questo paese è riuscito a diventare una potenza mondiale, ricca e industrializzata grazie al supersfruttamento delle larghe masse lavoratrici, rafforzato dall'Unione europea come negli altri Paesi. Le masse popolari in Gran Bretagna come nel resto dell'Europa devono lottare con tutte le loro forze per distruggere la superpotenza europea che è la principale responsabile di questa carneficina sociale, lavorativa, e sindacale. 31 marzo 2010 |