Rapporto annuale di Legambiente Le grinfie delle mafie sulla devastazione del territorio Nel corso del 2010 sono stati accertati 30.824 illeciti ambientali (+7,8% rispetto 2009), 84 al giorno, 3,5 ogni ora 19,3 miliardi di euro di fatturato, 2 milioni di tonnellate di rifiuti pericolosi sequestrati, 26.500 nuovi immobili abusivi stimati, 290 i clan coinvolti negli affari criminali. Questa è la triste situazione in cui versa gran parte del territorio nazionale devastato dalle mafie che sul traffico e lo smaltimento illecito dei rifiuti, l'abusivismo edilizio e le attività di escavazione hanno fondato un nuovo grande business. Tutto ciò nel più totale e connivente silenzio del governo e del ministero dell'Ambiente. A denunciarlo è Legambiente che nel suo Rapporto Ecomafie 2011: "Le storie e i numeri della criminalità ambientale'' pone la Campania (3.849 illeciti, pari al 12,5% del totale nazionale, 4.053 persone denunciate, 60 arresti e 1.216 sequestri, seguita dalle altre regioni a tradizionale presenza mafiosa) in testa alla triste classifica dell'illegalità ambientale seguita da Calabria, Sicilia e Puglia. Il ciclo illegale dei rifiuti e le cave all'abusivismo edilizio da soli rappresentano il 41% sul totale. Nel rapporto si sottolinea anche la pericolosa crescita del numero di reati accertati nel Lazio e in Lombardia; un fenomeno in costante aumento soprattutto in virtù del fatto che nelle regioni del Centro-Nord le grinfie delle mafie sul territorio sono ben affondate non solo nel business dei rifiuti ma riguardano anche altri importanti settori dell'economia. Infatti, si legge ancora nel rapporto, l'altro motore dell'economia mafiosa si chiama cemento, che nel 2010 ha prodotto 26.500 nuovi immobili, divorando una superficie di territorio grande come 540 campi di calcio. "Una vera e propria cittadina illegale, con 18.000 abitazioni costruite ex novo e la cementificazione di circa 540 ettari''. Su questo fronte lo scorso anno sono stati accertati quasi settemila illeciti, con 9.290 persone denunciate, più di una ogni ora. La Calabria è la prima regione come numero d'infrazioni - 945 - seguita dalla Campania, dove si registra il maggior numero di persone denunciate - 1.586 - e dal Lazio, dove la costa del sud pontino continua a rimanere sotto l'attacco degli speculatori, sospettati in molti casi di contiguità con la malavita organizzata. "Il business dell'ecomafia, con la sua capacità pervasiva e la possibilità di occupare stabilmente posti chiave dell'economia, si propaga e si rafforza anche grazie al coinvolgimento dei cosiddetti colletti bianchi e alle infiltrazioni nell'imprenditoria legale - ha commentato il presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza -. Un fenomeno questo che si aggrava notevolmente nelle fasi di crisi economica e di scarsità finanziaria e che rende difficoltoso la svolgimento delle indagini e la ricerca delle responsabilità che si perdono in un percorso travagliato tra legalità e malaffare". In cima alla piramide dei crimini ambientali continua a rimanere il traffico dei rifiuti, unico reato ambientale che le procure riescono oggi a individuare e punire quando indagano sul mondo delle scorie industriali. Le inchieste nel 2010 sono state 29, con l'arresto di 61 persone e la denuncia di altre 597. Quasi ottanta le aziende coinvolte in tutta Italia. In forte aumento l'illegalità che riguarda il settore agroalimentare con 4.520 infrazioni accertate mentre aumentano i reati contro la fauna: 5.835, +13,2% rispetto al 2009. Ma ad essere preso in considerazione anche il fatturato della cosiddetta "archeomafia'', il vorticoso mercato nero legato ai beni archeologici, che ha fatturato lo scorso anno 216 milioni di euro. Davanti a questo fronte criminale lo Stato borghese appare in totale disarmo anche perché il governo del neoduce Berlusconi in più occasioni ha dimostrato di non avere alcuna intenzione di colpire le ecomafie. Basti pensare alle tante archiviazioni e alle troppe inchieste che "per mancanza di strumenti legali adeguati" sono finite nel classico porto delle nebbie. "Per porre rimedio a questa situazione - ha proseguito il presidente di Legambiente -, avevamo atteso con ansia il decreto col quale il governo deve recepire la Direttiva europea sulla tutela penale dell'ambiente, inserendo finalmente i delitti ambientali nel Codice Penale. Purtroppo, ad oggi, lo schema approvato rappresenta una vera e propria 'occasione mancata'". Spesso i magistrati si trovano davanti a illeciti che a mala pena prevedono una contravvenzione. E le multe di fronte a cifre d'affari a sei zeri sono a dir poco irrisorie e non sortiscono alcun effetto. Insomma, per dirla con le parole di Enrico Fontana, responsabile dell'Osservatorio Ambiente e legalità dell'associazione, l'ecomafia si comporta: ''Come un virus, con diverse modalità di trasmissione e una micidiale capacità di contagio. Un virus che avvelena l'ambiente, inquina l'economia, mette in pericolo la salute delle persone; che ha un sistema genetico locale e una straordinaria capacità di connessione su scala globale: può nascere, infatti, in provincia di Caserta o di Reggio Calabria e riprodursi a Milano, entrare in simbiosi con altre cellule in altre città europee, saldare il suo Dna con ceppi lontani, fino a Hong Kong''. Quello dello smaltimento illecito di rifiuti tossici, sottolinea ancora il rapporto di Legambiente, è un fenomeno che si è ormai allargato a tutto il paese, "consolidandosi in strutture operative flessibili e modulari, in grado di muovere agevolmente tonnellate di veleni da un punto all'altro dello stivale... E dove ci sono rifiuti c'è sempre qualcuno che ha la sua ricetta facile di smaltimento, illegale, ovviamente. Da Ascoli Piceno a Montenero di Bisaccia, da Brescia a Reggio Emilia, da Palermo a Cuneo, da Chieri a Teramo, il copione svelato dagli investigatori è sempre lo stesso. Si fanno carte false e si spediscono lungo le rotte illegali, che possono anche essere marine e spingersi fino in Cina. Dai porti di Venezia, Napoli, Gioia Tauro, Genova ma anche Cagliari, dove i carabinieri la scorsa estate - si sottolinea - hanno scoperto una organizzazione che spediva carichi di rifiuti elettrici ed elettronici (Raee) verso Cina, Malesia, Pakistan, Nigeria, Congo''. 5 ottobre 2011 |