Egitto
Dietro la strage allo stadio una regia politica

Un anno fa piazza Tahrir al Cairo era il centro della rivolta di massa che ha portato alla caduta del regime di Mubarak e all'avvio di un processo di democratizzazione del paese che segna il passo per la resistenza opposta dalla giunta militare che ne ha preso il posto. Piazza Tahrir torna a essere il centro della protesta delle masse popolari contro la giunta militare come è avvenuto anche il 2 febbraio scorso per una manifestazione promossa dai tifosi della squadra di calcio dell'Al-Ahly dopo il massacro del giorno prima a Porto Said, quando negli scontri al termine della partita della loro squadra con quella locale di al-Masry erano rimasti uccisi almeno 74 e quasi un migliaio feriti. Con la polizia anti-sommossa che pure era schierata in massa sul campo ma che non ha mosso un dito.
La giunta militare guidata dal maresciallo Tantawi ha condannato gli scontri imputandoli a "forze oscure che minacciano la stabilità del paese" e disposto l'arresto di una cinquantina di persone.
"La polizia è responsabile del massacro, i responsabili devono andare in carcere", denunciavano i tifosi della squadra della capitale che il 2 febbraio si ritrovavano davanti alla sede del club e in corteo raggiungevano piazza Tahrir, dove ricevevano la solidarietà dei manifestanti accampati. "A fare il massacro sono state le milizie della giunta militare che hanno infiltrato la tifoseria del Masry", affermavano, "così si sono vendicati perché nelle ultime due settimane a tutte le partite scandivamo slogan contro la giunta militare".
Un corteo che si ingrossava strada facendo e si dirigeva dalla piazza verso la sede del ministero degli Interni, superando gli sbarramenti di filo spinato messi dalla polizia nella zona ormai completamente militarizzata dopo gli assalti dello scorso dicembre. I dimostranti chiedevano a gran voce le dimissioni del capo di Stato provvisorio Mohamed Hussein Tantawi. La polizia rispondeva con cariche e un fitto lancio di lacrimogeni.
Le manifestazioni di piazza contro la giunta militare e gli scontri con la polizia si ripetevano anche il 3 febbraio non solo nella capitale ma anche a Alessandria, Suez, Porto Said, con alcuni morti e molti feriti.
Che la strage allo stadio di Porto Said non fosse una conseguenza di vecchie ruggini tra tifoserie avversarie ma favorita se non organizzata da una precisa regia politica veniva denunciato dai due principali partiti politici egiziani, le formazioni islamiche dei Fratelli musulmani e dei salafiti che solidarizzavano con le manifestazioni di protesta.
Il vice-presidente del Partito della libertà e della giustizia (Plj), la formazione politica della Fratellanza musulmana, Essam El-Erian affermava che "gli eventi di Porto Said sono stati pianificati e sono un messaggio dei sostenitori dell'ex regime", imputando il massacro a "esponenti del regime di Mubarak". Coperti dalla giunta militare che a fronte di una presunta instabilità del paese legittima la propria permanenza al potere.

8 febbraio 2012