Milioni di egiziani in piazza rivendicano le dimissioni di Morsi Quarantotto ore per trovare un accordo con gli oppositori. È questo il termine che il ministro della Difesa e capo delle forze armate, il generale Abdel Fattah al Sisi, ha dato l'1 luglio al presidente Mohammed Morsi messo in difficoltà dalle imponenti manifestazioni di piazza che hanno visto in particolare il 30 giugno milioni di persone mobilitate dall'opposizione chiederne le dimissioni. I vertici militari, vera e propria colonna portante e parte integrante della borghesia egiziana dato che controllano il 40% dell'economia del paese, avevano contribuito alla caduta della dittatura di Mubarak, abbandonato al suo destino, e trovato in Morsi il nuovo cavallo vincente per continuare a controllare il paese. La crisi economica, l'accentramento dei poteri nelle mani presidenziali, la delusione delle aspettative di cambiamento promesse dal suo governo hanno contribuito a creare quella miscela esplosiva che ha dato di nuovo fuoco a piazza Tahrir, a una rivolta di massa pari a quella che determinò la fine di Mubarak. Fonti dello stato maggiore dell'esercito hanno affermato che se il presidente avesse ignorato l'ultimatum e non si fosse dimesso sarebbe stata sospesa la Costituzione e sciolto il parlamento controllato dal partito di Morsi, Libertà e Giustizia, la formazione politica dei Fratelli Musulmani. Il 2 luglio Morsi si è incontrato col generale al Sisi ma al momento in cui scriviamo non ci sono notizie sull'esito dell'incontro salvo una proroga di altre 24 ore all'ultimatum dei militari. Morsi ha ribadito che non si vuol dimettere come gli hanno chiesto anche i 22 milioni di firmatari, un quarto della popolazione, che hanno sottoscritto l'appello promosso dal gruppo Tamarod (ribelli), uno degli organizzatori delle manifestazioni. Intanto l'1 luglio hanno lasciato il governo, dichiarandosi solidali coi manifestanti, 5 ministri del governo e secondo notizie non confermate del 2 luglio anche il capo del governo Hisham Qandil. Sempre l'1 luglio si era dimesso pure il governatore di Ismailiya, nominato poche settimane fa. I gruppi dell'opposizione, fra i quali il Fronte 30 Giugno che raccoglie vari gruppi tra cui Tamarod, hanno scelto il liberale Mohamed el-Baradei, già coordinatore del Fronte di Salvezza Nazionale, per rappresentarli nei negoziati sul futuro del Paese. L'ondata di proteste contro la presidenza Morsi era cresciuta alla fine di giugno, a un anno dal suo insediamento. Già il 28 giugno manifestazioni e scontri tra l'opposizione e i sostenitori del presidente si registravano al Cairo e Alessandria; scontri violenti dove si contavano i primi morti e feriti. In pochi giorni di manifestazioni il bilancio salirà a una ventina di morti e oltre 800 feriti. A Alessandria il corteo degli oppositori si è diretto alla sede del partito dei Fratelli musulmani che era assaltata e incendiata. L'esercito stava a guardare e si mobilitava in stato di massima allerta solo in occasione delle grandi manifestazioni in programma per il 30 giugno. E sarà una fonte militare a dare la notizia di "milioni" di manifestanti in tutto il paese per "la più grande manifestazione di protesta nella storia dell'Egitto". Il 30 giugno manifestazioni di piazza e assalti contro le sedi del partito di Morsi si svolgevano ad Alessandria, Port Said, Sharkiya, Kafr el Sheikh, Gharbiya, Menoufiya, in tutte le parti del paese. La principale al Cairo dove forse più di due milioni di manifestanti in una piazza Tahrir strapiena gridavano "Morsi vattene!". I dirigenti dell'opposizione chiedevano le dimissioni del presidente e invitavano i manifestanti a tornare in piazza fino a che il presidente non se ne fosse andato. Morsi restava nel palazzo presidenziale di Ittahadeya completamente blindato e protetto da blocchi di cemento e dall'esercito. 3 luglio 2013 |