Ratzinger succede a Wojtyla Eletto un altro papa nero anticomunista Il nuovo papa ha fatto parte della gioventù hitleriana. Vincono l'Opus Dei e Comunione e Liberazione Parte la crociata per rievangelizzare l'Europa Il 24 aprile sul sagrato di San Pietro a Città del Vaticano si è svolta la cerimonia di insediamento sotto la forma di messa solenne del nuovo papa, il cardinale tedesco Joseph Ratzinger, che è stato eletto il 19 aprile al secondo giorno di votazioni del Conclave, composto da 115 cardinali, quale successore di Wojtyla. Ratzinger ha preso il nome di Benedetto XVI. Una decisione, quella del Conclave, rapida, probabilmente preparata nell'ultimo periodo della malattia di Giovanni Paolo II e maturata in favore del cardinale che negli ultimi 24 anni da responsabile della Congregazione per la dottrina della fede, la moderna versione della Santa inquisizione, ha svolto da dietro le quinte il ruolo di custode dell'ortodossia cattolica; ovvero di presidio della conservazione dell'ideologia reazionaria della Chiesa, accompagnando Wojtyla che ha sapientemente utilizzato la ribalta mediatica per l'iniziativa politica del Vaticano. A un papa nero anticomunista succede un altro papa nero anticomunista. Lo conferma la storia di Ratzinger e il suo programma. Ratzinger nasce il 16 aprile 1927 a Marktl am Inn, un vilaggio della Bassa Baviera, in una famiglia cattolicissima tanto che lui e suo fratello maggiore entreranno presto in seminario. Il padre è un gendarme. Si iscrive alla gioventù hitleriana ("fummo costretti a iscriverci, come tutti" nella Hitlerjugend si è giustificato il fratello Georg), e a 17 anni si arruola come ausiliario in un'unità antiaerea. Sull'atto dell'arruolamento è scritto che il giovane Joseph eccelleva in materie come biologia e storia, due capisaldi dell'indottrinamento nazista. Nelle memorie scritte diversi anni fa Ratzinger affermava che aveva disertato lasciando l'unità dopo il 30 aprile del 1945; nel momento in cui l'esercito nazista era oramai allo sbando. Continuava gli studi di teologia e filosofia all'università di Monaco e nella scuola superiore di Frisinga. Ordinato sacerdote il 29 giugno del '51, diventa Dottore in teologia nel '53 e dal '57 insegna Dogmatica e Teologia fondamentale a Bonn, Monaco e Tubinga. Nel '62 partecipa a Roma al Concilio Vaticano II schierato sulle posizioni di chi combatteva lo status quo della Chiesa e chiedeva un rinnovamento liturgico, le posizioni del gruppo di teologi di Hans Kueng. Dopo gli avvenimenti del Sessantotto lo ritroviamo dall'altra parte, molto critico con le riforme liturgiche decise dal Concilio. è con il teologo de Lubac e don Giussani, leader di Comunione e Liberazione, fondatore della rivista Communio che contrastava le posizioni della rivista dei riformatori Concilium. Il 24 marzo del '77 Paolo VI lo nominava alla guida della diocesi di Monaco e tre mesi dopo cardinale. Un anno dopo sarà tra i gran-di elettori di Wojtyla. Alla vigilia del Conclave che eleggerà Giovanni Paolo II il cardinale Ratzinger in una intervista metteva la Chiesa in guardia contro il marxismo e attaccava finanche l'inoffensiva versione revisionista e edulcorata dell'"eurocomunismo". Nell'81 Wojtyla lo nominava prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, l'ex Sant'Uffizio, ovvero la seconda carica più importante nella Chiesa dopo il papa. Da questa tribuna contribuiva alla campagna anticomunista di Wojtyla e a ridurre al silenzio i teologi critici, allontanandoli dalle cattedre delle università cattoliche e privandoli del diritto di scrivere libri o tenere conferenze. Fra gli altri combatteva sistematicamente la teologia della liberazione, accusandola di subordinazione al marxismo, condannava nel 1985 il teologo brasiliano Leonardo Boff, che nel 1992 abbandonerà il sacerdozio per le continue minacce della Congregazione per la dottrina della fede. Ratzinger non faceva mancare il peso della sua autorità nel sostenere il no al sacerdozio delle donne, ai preti sposati, a un maggior ruolo dei laici nella gestione delle comunità cristiane, alle coppie omosessuali. Noti e ostentati i suoi buoni rapporti con "atei devoti" come il presidente del Senato Marcello Pera e le correnti neoconservatrici degli Usa. Quando il "politico" Wojtyla partecipò all'incontro interreligioso contro la guerra e il terrorismo di Assisi del 24 gennaio 2002 e pregò assieme agli esponenti delle altre religioni, ribadì con un testo della Congregazione, il "Dominus Jesus", che l'unica via di salvezza è Cristo per mezzo della Chiesa cattolica. Il messaggio ecumenico che ha ripetuto nelle ultime omelie. In quella nella messa del 24 aprile Benedetto XVI ha tra l'altro affermato che "non ho bisogno di presentare un programma di governo, il mio vero programma è di mettermi in ascolto con tutta la Chiesa della volontà di Dio e di lasciarmi guidare da Lui". A dire il vero il programma di governo del nuovo papa era già chiaro nelle più recenti interviste rilasciate alla stampa e riassunto nell'omelia alla messa del 18 aprile, chiamata "pro eligendo Romano pontefice", l'ultima pubblica prima dell'inizio dei lavori a porte chiuse del Conclave. Una specie di comizio di chiusura dell'autorevole candidato Ratzinger, che nei giorni precedenti aveva richiamato i cardinali elettori a cessare i commenti pubblici e le interviste sui possibili successori di Wojtyla, centrata sulla difesa dell'ortodossia cattolica. Il programma vincente dell'Opus Dei e di Comunione e Liberazione. "Quanti venti di dottrina abbiamo conosciuto in questi ultimi decenni, - affermava - quante correnti ideologiche, quante mode del pensiero. La piccola barca del pensiero di molti cristiani è stata non di rado agitata da queste onde, gettata da un estremo all'altro: dal marxismo al liberalismo, fino al libertinismo; dal collettivismo all'individualismo radicale; dall'ateismo a un vago misticismo religioso (...) e così via. (...) Avere una fede chiara, secondo il Credo della Chiesa, viene spesso etichettato come fondamentalismo. Mentre il relativismo, cioè il lasciarsi portare 'qua e là da qualsiasi vento di dottrina' appare come l'unico atteggiamento all'altezza dei tempi odierni. (...) Noi, invece, abbiamo un'altra misura: il Figlio di Dio, il vero uomo. è lui la misura del vero umanesimo. 'Adulta' non è una fede che segue le onde della moda e l'ultima novità; adulta e matura è una fede profondamente radicata nell'amicizia con Cristo". Il riferimento alla fede "adulta" in un discorso apparentemente solo ecumenico è stato letto come un riferimento politico fin troppo esplicito alla polemica tra il cardinale Ruini che ha invitato i cattolici a boicottare il referendum sulla legge sulla fecondazione e la risposta di Romano Prodi che sarebbe andato a votare perché è un "cristiano adulto". La questione politica principale è comunque la sua condanna del marxismo come ideologia, solo formalmente accomunata nella condanna al liberalismo. In una precedente intervista del 2003 aveva affermato che Cristo ha creato la "distinzione tra imperatore e Dio, tra il mondo dell'imperatore al quale conviene lealtà, ma una lealtà critica, e il mondo di Dio che è assoluto. Mentre lo Stato non è assoluto". "I padri hanno pregato per lo Stato riconoscendone la necessità, il suo valore ma non hanno adorato lo Stato: mi sembra proprio questa la distinzione decisiva. Ma questo è uno straordinario punto di incontro tra pensiero cristiano e cultura liberal-democratica. Io penso che la visione liberal-democratica non potesse nascere senza questo avvenimento cristiano che ha diviso i due mondi, così creando pure una nuova libertà. Lo Stato è importante, si deve ubbidire alle leggi, ma non è l'ultimo potere. La distinzione tra lo Stato e la realtà divina crea lo spazio di una libertà in cui una persona può anche opporsi allo Stato. I martiri sono una testimonianza di questa limitazione del potere assoluto dello Stato. Così è nata una storia di libertà. Anche se poi il pensiero liberal-democratico ha preso le sue strade, l'origine è proprio questa". La visione liberale è figlia del pensiero cristiano, affermava Ratzinger e in ultima analisi a esso subordinata; se lo Stato liberale borghese a cui si deve ubbidienza devia dal pensiero cristiano ci sono i "martiri" a testimoniare le sue limitazioni. Non resta quindi che il marxismo come ideologia da combattere. Nella stessa intervista aveva sottolineato come "molto significativo che al momento l'Occidente europeo sia la parte del mondo più opposta al cristianesimo, proprio perché lo spirito europeo si è autonomizzato e non vuole accettare che ci sia una parola divina che gli mostra una strada che non è sempre comoda". Il giorno prima della morte di Wojtyla era in visita al monastero benedettino di Santa Scolastica di Subiaco dove aveva pronunciato un discorso sulla necessità di rievangelizzare l'Europa, quell'Europa che non ha voluto inserire nella Costituzione il richiamo alle radici cristiane. Un'idea espressa anche nel libro "Senza radici", scritto a quattro mani con Marcello Pera. Sostenitore dei monaci benedettini ha scelto il nome del loro fondatore, Benedetto, il santo che Paolo VI nel 1964 fece patrono d'Europa. Dell'ultimo papa con lo stesso nome, Benedetto XV al pontificato dal 1914 al 1922, si ricorda la prima enciclica che denunciava la tendenza a "adattare le verità rivelate al gusto dei nostri tempi", il rilancio delle missioni, l'abolizione del divieto dei cattolici di partecipare alla vita politica italiana e la spinta decisiva alla formazione del Partito popolare. Con Benedetto XVI parte la crociata per rievangelizzare l'Europa. Tra i tanti commenti favorevoli all'elezione di Ratzinger registriamo il giudizio vergognoso del neogovernatore della Puglia, il papista Nichi Vendola: "Ratzinger è uno dei teologi più acuti, più raffinati e dal pensiero più potente che io conosca al mondo. Il mondo in questo momento ne ha bisogno". L'ex sacerdote brasiliano Leonardo Boff ha invece sottolineato: "questa scelta potrebbe essere un flagello per tutta la Chiesa". 27 aprile 2005 |