Elezioni politiche anticipate in Giappone La destra batte la "sinistra" borghese e torna al governo Ma rappresenta una minoranza: gli astenuti sono il 50% Alle elezioni politiche anticipate del 16 dicembre il Partito liberaldemocratico di Shinzo Abe, già primo ministro tra il 2006 e il 2007, ha ottenuto il 60% dei voti validi e quasi 300 seggi sui 480 del nuovo parlamento e si appresta a governare. Da solo o in coalizione col partner storico, il partito Nuovo Komeito con il quale arriverebbe a 325 seggi e alla maggioranza di due terzi alla Camera bassa. L'alleanza che aveva governato il paese ininterrottamente dal 1955 al 2009. Quando era stata battuta dal Partito democratico (Dpi). Il ribaltamento è stato evidente: il Dpi del premier Yoshihiko Noda, che si è subito dimesso dalla presidenza, ha ottenuto il 12% dei voti validi e 55 seggi, un sesto di quelli guadagnati nel 2009. Il peso effettivo delle principali formazioni politiche va comunque riferito all'intero corpo elettorale e in tal modo risulta che la "schiacciante" maggioranza della destra si riduce a poco più di un terzo degli elettori, l'opposizione socialdemocratica a una formazione di "testimonianza"; la metà degli elettori non è andata a votare delegittimando il futuro governo. Il governo della "sinistra" borghese non è durato nemmeno una legislatura, punito in particolare per le gravi corresponsabilità con l'industria nucleare nazionale nel nascondere la verità sull'incidente nucleare nella centrale di Fukushima e per la gestione della crisi economica che vede ancora un andamento declinante di industria ed esportazioni. Il partito democratico non ha mantenuto nemmeno una delle promesse fatte durante la trionfale campagna elettorale del 2009, a partire dall'equità fiscale al rafforzamento dello stato sociale, che al contrario è stato smembrato. Con quasi il 70% dei voti validi l'alleanza tra i liberaldemocratici di Abe e i buddisti del Nuovo Komeito rilancia il tandem che ha segnato l'epoca d'oro della ricostruzione della terza potenza capitalista mondiale. Che oggi si trova di fronte alla sfida con agguerriti concorrenti quali la Cina e la Corea del Sud e la persistente tutela dell'imperialismo americano. Il cambiamento dello scenario politico giapponese può essere compreso se si considera tra le altre che tre anni fa il "centrosinistra" aveva vinto anche grazie alla promessa di smantellare la base militare Usa di Okinawa mentre da qualche mese tiene banco lo scontro con Pechino sull'arcipelago delle Senkaku-Diaoyu, un braccio di ferro che ha rilanciato il militarismo nipponico e spinto l'imperialismo giapponese a alzare la voce anche contro la Corea del Nord e i suoi test missilistici. Una politica cui è più adatta la collaudata destra di Abe, esperta anche nella collaborazione con l'imperialismo americano. Tantopiù nel momento in cui Obama ha spostato l'attenzione proprio nel Pacifico per fronteggiare la rivale emergente superpotenza cinese. Il nuovo premier giapponese, non a caso ha in programma la prima visita all'estero alla Casa Bianca e nelle prime dichiarazioni ha rilanciato la necessità di "ricostruire le relazioni con l'America" e di "rispondere alle provocazioni di Cina e Corea del Nord". In campo economico ha sottolineato l'urgenza di "rifondare il modello del nostro miracolo post-bellico", in modo da invertire il processo che ha portato il debito pubblico oltre il 230% del Pil, peggio dell'Italia, e il paese nella spirale della crisi economica con una forte recessione. Lo scoppio della crisi con la Cina per l'arcipelago delle Senkaku-Diaoyu ha tra l'altro fatto crollare lo scambio commerciale con il partner più importante e aggravato i conti economici. 9 gennaio 2013 |