Elezioni regionali del 12 e 13 giugno 2004
Il magnate Soru nuovo governatore della Sardegna
Il "centro-sinistra" riconquista il governo regionale, ma DS e Margherita perdono voti a vantaggio del partito di Soru. Battuto il pupillo del neoduce Pili. Batosta per la casa del fascio. Salva solo l'UDC dei notabili democristiani
Astensionismo al 32,9%
Il 12 e 13 giugno si sono tenute le elezioni regionali per l'elezione del presidente della regione e del XIII Consiglio regionale sardo. Le uniche elezioni regionali di questa tornata di elezioni amministrative parziali.
Un test particolarmente atteso viste le vicissitudini del consiglio regionale negli ultimi 10 anni. Sei giunte di "centro-sinistra" in crisi dal '94 al '99, poi passaggio di mano al "centro-destra" che, privo di una maggioranza effettiva in Consiglio è andato avanti fra crisi e rimpasti.
Nel frattempo però sono cambiate le regole elettorali. Nel 2001, infatti, anche la Sardegna ha adottato in via transitoria - fino a quando la regione a statuto speciale non avrà esercitato la sua competenza in materia di forma di governo e di elezione degli organi collegiali - la normativa che disciplina le elezioni delle regione a statuto ordinario. Quindi: elezione diretta del presidente regionale, potere di nominare la giunta, impossibilità di essere sfiduciato, pena lo scioglimento del consiglio. Insomma, una forma di governo presidenzialista e blindato che ha reso assai appetibile la poltrona di governatore.
Questo nuovo sistema elettorale rende un po' complesso un raffronto diretto con le passate elezioni regionali. Noi lo proponiamo ugualmente nella tabella che pubblichiamo a fianco per quanto riguarda l'astensionismo e il voto alle sole liste.

L'astensionismo
L'astensionismo, pure rimanendo saldamente il primo "partito" della Sardegna col 32,9%, cala rispetto al '99 del 6,5% recuperando in parte la decisa crescita che aveva ottenuto fra il '94 e il '99 quando era avanzato del 7,1%. Su tale risultato ha pesato, come per le elezioni europee e le altre amministrative, il ricatto di "battere la destra", particolarmente sentito in Sardegna dopo i cinque anni di governo di "centro-destra". E ha pesato anche l'effetto dell'elezione diretta del presidente della regione che ha certamente richiamato elettori di "centro-destra" e di "centro-sinistra" che si erano astenuti alle passate elezioni come atto di sfiducia verso i partiti in lizza. Infatti, i voti validi alle sole liste sono in realtà calati rispetto al '99, ma ci sono 115.478 elettori che hanno dato il proprio voto solo ai candidati presidenti.
Vedremo alle prossime elezioni come si stabilizzerà il dato dell'astensionismo. Quello che è certo che un abisso lo divide da Forza Italia che si piazza subito dopo con appena l'8,9% dell'elettorato. Un risultato notevole se si considera che la Sardegna ha sempre avuto un'alta partecipazione elettorale e che l'astensionismo è un fenomeno del tutto spontaneo tanto più perché in quella regione non è presente e opera il PMLI.
L'astensionismo delegittima fortemente il nuovo governatore della Sardegna. L'ha spuntata il magnate delle telecomunicazioni Renato Soru, candidato del "centro-sinistra", già al primo turno col 50,1% dei voti validi, ma che corrispondono solo al 33,7% dell'intero corpo elettorale.

Il voto alle liste
La "sinistra" borghese ha così riconquistato dopo cinque anni il governo sardo, ma i maggiori partiti della coalizione non hanno un granché da sorridere. I DS perdono 10 mila voti rispetto al '99 e quasi 50 mila rispetto alle politiche 2001. La Margherita ne perde rispettivamente 42 mila e 62 mila. La vittoria del "centro-sinistra" è in pratica stata decisa dal risultato del partito di Soru "Progetto Sardegna" che ottiene 66.690 voti andando oltre le previsioni. Soru ha inoltre ottenuto 94.106 voti in più rispetto alla coalizione che lo sosteneva (che comprendeva oltre il suo partito, i DS, Margherita, PRC, SDI, Udeur, PdCI, Di Pietro-Occhetto e Verdi), una differenza così marcata (per esempio rispetto a Pili il cui "valore aggiunto" è di appena 15.524 voti) che fa suppore, in virtù del voto disgiunto, che l'abbiano votato trasversalmente.
Forte del successo personale e della sua lista, Soru ha dato ad intendere che non si sente condizionato dai partiti che lo hanno sostenuto e già pensa a come capitalizzare il risultato ottenuto proponendosi di fatto come leader per un futuro "partito unico riformista e autonomista" della Sardegna e chissà cos'altro.
Entusiasta del nuovo presidente e indifferente al fatto che questo sia un esponente di calibro nazionale ed europeo della grande borghesia italiana, il PRC spende come "un buon risultato" la crescita dello 0,2% sul corpo elettorale rispetto al 1999. Non una parola sui 12.443 voti, pari allo 0,9 persi rispetto alle politiche 2001, che testimoniano che una parte consistente del suo elettorato oscilla fra astensionismo e voto in base al tipo di competizione elettorale. Senza contare che il PRC ha ancora un saldo negativo rispetto al 1994 quando di voti ne aveva presi 55.160 e alle politiche '96 addirittura 83.677. Un saldo che resta negativo anche se, pur impropriamente, si sottraggono i voti presi dal PdCI che fu fondato dopo quelle consultazioni. A proposito del PdCI questo perde lo 0,2% rispetto al '99. A guastare i sonni del PRC c'è inoltre la "trombatura" del suo segretario regionale Sandro Valentini che pur capolista si è piazzato solo al 4• posto e, non eletto, ha dato le dimissioni aprendo una crisi interna al partito.
Come per l'europee, anche queste elezioni regionali hanno inflitto una dura batosta alla casa del fascio. In particolare forza fascisti paga il prezzo più alto con la perdita di 41 mila voti rispetto al '99, 176 mila rispetto alle politiche 2001. An perde a sua volta 22 mila voti rispetto al '99 e 74 mila rispetto alle politiche. L'unico partito della coalizione che difende la buccia è l'UDC che anche in Sardegna guadagna 53.272 voti grazie a una campagna elettorale giocata con gli uomini, i mezzi e i metodi classici dei tempi d'oro della balena bianca democristiana.
Continua l'inesorabile frana del Partito sardo d'azione che ha toccato un nuovo minimo storico con i suoi 32.859 voti (-5.711 rispetto al '99) e che ormai non ha più memoria dei 120 mila consensi che otteneva fino agli inizi degli anni '90. Il Psd'Az, dopo la rottura col "centro-sinistra", quest'anno ha corso da solo e si è alleato con l'altra lista autonomista Sardigna Natzione per l'elezione del presidente.
Soru ha già presentato la sua giunta spartendo i 12 assessorati fra i vari partiti della coalizione ma piazzando propri uomini ai posti chiave come programmazione, cultura, sanità e lavori pubblici. Ai DS vanno l'ambiente, i trasporti e gli affari generali; alla Margherita l'industria e l'urbanistica, al PRC il lavoro, all'Udeur l'agricoltura, allo Sdi-Su il turismo. E già ha annunciato una nuova legge per ridisegnare le competenze degli assessorati.

La classe operaia e il popolo sardo
Ma cosa hanno a che spartire la classe operaia e il popolo sardo con un capitalista come Soru che ha fatto della Sardegna solo la base e il trampolino di lancio del suo impero finanziario, prima, e politico, adesso?
Non sarà certo la presenza di 6 donne assessore su 12, mostrate come specchietti per le allodole, a sollevare i macigni che gravano sulle spalle dei lavoratori, dei pensionati, dei contadini poveri, delle masse giovanili e femminili sarde come la deindustrializzazione, la disoccupazione alle stelle, la carenza di servizi sociali, sanitari, scolastici e universitari, le servitù militari, la cementificazione selvaggia, la deturpazione dell'ambiente e delle coste.
Le elezioni sarde rendono ancor più tangibile la reale natura della competizione elettorale nell'attuale regime capitalista, neofascista, presidenzialista e federalista, ossia la spartizione del potere fra la destra e la "sinistra" borghese. Basta guardare i due principali candidati a presidente. Quello battuto, Mauro Pili, pupillo di Berlusconi e da questi imposto come candidato della casa del fascio pur nella riottosità degli alleati. Quello vincente, Renato Soru, il magnate che si è imposto quale candidato al "centro-sinistra" e Rifondazione provocando anche spaccature all'interno dei partiti della coalizione, che non è nient'altro che l'altra faccia di Berlusconi.
Battersi realmente per gli interessi e i bisogni delle masse popolari sarde organizzandosi attraverso le istituzioni rappresentative delle masse costituite dalle Assemblee popolari e dai Comitati popolari basati sulla democrazia diretta, al di fuori e contro le istituzioni e i governi borghesi centrale e locali, creare le condizioni per costruire anche in Sardegna una forte base del Partito marxista-leninista italiano capace di unificare le battaglie specifiche del proletariato e del popolo sardo a quella più generale dell'intero proletariato italiano per l'Italia unita, rossa e socialista: questi sono gli obiettivi che devono invece porsi con urgenza gli astensionisti di sinistra e tutti i fautori del socialismo.

7 luglio 2004