Il suo amico e grande elettore Gerardo Degennaro arrestato per frode, corruzione e turbativa d'asta. Ostriche e champagne per l'ex pm. 51 gli indagati Scoperchiati i legami di Emiliano con gli imprenditori corruttori Il sindaco di Bari, che aveva costituito un asse con De Magistris per una nuova lista "civica nazionale", mirava al posto di governatore della Puglia Le dimissioni sono un dovere Nel capoluogo pugliese era in corso, come lo definiscono gli investigatori, "un sistema di collusione tra dirigenti apicali dell'amministrazione del Comune di Bari e un gruppo imprenditoriale molto rilevante". È questa la conclusione a cui è giunta la procura di Bari dopo un'inchiesta, denominata Sub Urbia condotta dai PM Renato Nitti e Francesca Romana Pirrelli, che durava dal 2005 su "pressioni politiche", corruzione di dirigenti del comune di Bari e della regione Puglia, promesse di promozioni e incarichi, vacanze gratis e sconti su appartamenti. L'inchiesta giudiziaria Cinquantuno gli indagati e sette gli arrestati. Fra quest'ultimi il consigliere regionale PD Gerardo Degennaro, grande amico di Emiliano nonché suo grande elettore. La lista "Realtà pugliese", che notoriamente fa capo alla famiglia Degennaro, con i suoi 6.546 voti è stata infatti la quinta forza politica della coalizione che ha portato l'ex PM al ballottaggio e quindi al secondo mandato di sindaco del capoluogo pugliese nel giugno 2009. Ed Emiliano è stato riconoscente. Tant'è che ha immediatamente nominato come assessore al decentramento, in barba ad ogni pur evidente conflitto di interesse, Annabella Degennaro, figlia di Vito, il patron oggi indagato. La Degennaro, probabilmente dopo aver avuto sentore degli esiti dell'inchiesta sulla sua famiglia, nel novembre scorso si è dimessa. Gli altri arrestati sono: un altro fratello Degennaro, Daniele, i dirigenti comunali Anna Maria Curcuruto e Vito Nitti, il dirigente regionale Gennaro Russo e i professionisti Michele Corona e Raffaele Contessa. Tutti legati al gruppo Dec, la società di costruzione dei fratelli Degennaro che negli ultimi venti anni ha spadroneggiato a Bari e in Puglia accaparrandosi numerosi appalti milionari. Fra questi due parcheggi interrati, il centro direzionale del rione San Paolo, il mercato di via Caldarola, i giardini di via Matarrese, la facciata di palazzo di Città. Ai Degennaro è andato anche l'appalto per la costruzione degli immobili da destinare alle forze di polizia costruite su suoli non residenziali, grazie a una discussa convenzione e a una variante edilizia, che poi sono stati quasi tutti venduti a prezzi stracciati, tra gli altri, a consiglieri comunali, dirigenti del comune, politici e parenti di magistrati. Una circostanza che ha dato vita a un secondo filone dell'inchiesta della procura barese e che vede già 30 indagati. Le indagini stanno anche cercando di far luce su un buco di 350 milioni di euro nei conti del gruppo e su 30 milioni di debiti con il fisco per anomalie nelle dichiarazioni dei redditi ipotizzando l'esistenza di fondi neri e di esportazione illegale di fondi all'estero. Secondo gli inquirenti il gruppo edile dei Degennaro si è aggiudicato gli appalti in violazione dei principi di "libera concorrenza", alterando e turbando le fasi di gara, apportando varianti in corso d'opera, in realtà predeterminate, realizzando opere in maniera difforme da quanto previsto dai capitolati d'appalto a discapito delle misure di sicurezza. I PM avevano ipotizzato anche il reato di associazione a delinquere ma, almeno per ora, il GIP Michele Parisi che ha firmato il 13 marzo le 484 pagine dell'inchiesta, non l'ha concesso. I legami con i politici Non si tratta però solo di corruzione di singoli funzionari pubblici finiti sotto inchiesta per aver manipolato documenti, omesso controlli, aggirato le procedure. La procura ha messo in luce quanto la lobby imprenditoriale sia compenetrata nel sistema politico e amministrativo e quanto fosse in grado di condizionarlo. "I rapporti con la politica - sostengono i PM - rappresentano un capitolo importante nel sistema Degennaro" La Dec era infatti ben introdotta negli ambienti politici. Era Vito Michele Degennaro (attualmente indagato) a "curare i rapporti con esponenti politici locali e nazionali per ottenere una copertura politica sulle operazioni di interesse dell'associazione". Tra le accuse, anche quella di "corrompere" pubblici ufficiali, condivisa con Gerardo Degennaro, che invece ha curato "i rapporti con gli enti pubblici, al fine di individuare strumenti elusivi delle gare". I Degennaro hanno rapporti con sindaci e assessori, ma anche con consiglieri regionali, parlamentari, segretari del PD. D'altra parte la famiglia è direttamente impegnata in politica, legata alla Margherita e poi ai democratici. I magistrati parlano di un tentativo anche di infilare emendamenti "comodi al Gruppo" persino nella finanziaria di Prodi. E quindi i rapporti con parlamentari del PD come Francesco Boccia ed Enrico Letta, l'eurodeputato Paolo De Castro, l'ex assessore regionale, poi indagato e quindi senatore PD, Alberto Tedesco. Emiliano il referente principale Il legame però col sindaco di Bari appare il più forte. Secondo la procura Emiliano era uno dei referenti politici, forse il principale, del gruppo Degennaro. "Tra il 2007 e il 2008 gli incontri tra il sindaco di Bari e gli esponenti della famiglia avvenivano non di rado". Direttamente oppure tramite un consulente, Antonio Ricco (indagato), indicato come un vero e proprio messaggero. La sponda diretta nell'ufficio tecnico del comune era con il capo dei lavori pubblici Vito Nitto che era stato nominato a quel posto dalla giunta di Emiliano. "E gli elementi acquisiti - scrivono i PM - confermano che la scelta del sindaco Emiliano non era fondata da ragioni di valorizzazione della professionalità ma, al contrario, dalla piena capacità di Nitti di soddisfare le esigenze della politica e le specifiche pressioni dei Degennaro". A Emiliano non vengono contestati di aver avuto favori e vantaggi dai rapporti con i Degennaro, a parte quelli elettorali, però è evidente che sul piano politico qualcosa non quadra. A Natale al sindaco, così come ad altri politici (il presidente del consiglio regionale, Onofrio Introna per esempio, o lo stesso Tedesco) vengono inviati "champagne, vino e formaggi, quattro spigoloni, venti scampi, ostriche imperiali, cinquanta noci bianche, cinquanta cozze pelose, due chili di allievi locali di Molfetta e otto astici". Un quantitativo tale di pesce pregiato che impone ad Emiliano di sistemarlo nella vasca da bagno. Ci sono poi altre circostanze che indicano qualcosa di più di un semplice rapporto con i Degennaro. Un'azienda di prefabbricati, la Ianus, "il cui socio e presidente del consiglio era Michele Emiliano, cugino del sindaco", effettua lavori in subappalto per oltre 1 e 700 milioni di euro per conto della Dec. Mentre il fratello, Alessandro (che ha un'azienda di celle frigorifere) stipula con i Degennaro un accordo per una fornitura al San Raffaele di Milano. C'è inoltre, fra le annotazioni dei magistrati, un'assunzione, poi effettivamente effettuata, che Emiliano avrebbe chiesto ai Degennaro di fare al cantiere di Bitonto. Deve dimettersi Emiliano al momento non è indagato e per ora non risultano indagati nemmeno tra i suoi assessori. Nessun appalto affidato alla Dec durante la giunta Emiliano risulta al momento viziato da irregolarità. Sul piano giudiziario dunque non risulta per ora nessuna responsabilità penale a carico di Emiliano. Ma sul piano politico e morale? Non ci riferiamo semplicemente ai regali di Natale maldestramente accettati. Ci riferiamo all'appoggio della lista dei Degennaro alla sua elezione e quindi alla nomina ad assessore della loro rampolla Annabella. Ci riferiamo alle commesse che la Dec ha affidato al fratello e al cugino del sindaco e all'omesso controllo dei suoi funzionari e tecnici che lavoravano per favorire gli imprenditori amici. Tanto più che strada facendo emergono altri fatti inquietanti. Come i rapporti che Emiliano intrattiene con un altro imprenditore edile, Lorenzo De Santis, fresco di nomina nel consiglio di amministrazione della Fiera del Levante tra i "rappresentanti del Comune di Bari" con provvedimento firmato da Emiliano lo scorso 16 febbraio, nonché titolare della società "Desco", impegnata in diverse lottizzazioni per milioni nel Comune di Bari e padrone di casa del sindaco di Bari. In più, il procuratore aggiunto Lino Giorgio Bruno, ipotizzando una sorta di "parentopoli", ha aperto un fascicolo contro ignoti dando mandato alla guardia di finanza di indagare sui conti disastrati del teatro Petruzzelli (si parla di un buco di 8 milioni di euro) e sulle assunzioni fatte ultimamente a chiamata diretta, senza concorsi, favorendo parenti e amici di politici e sindacalisti. Sembra che l'organico sia stato quasi raddoppiato passando da 170 a 300 dipendenti. Possibile che un ex magistrato antimafia come lui, presidente del PD regionale, sindaco di Bari dal 2004 possa risultare così ingenuo e sprovveduto, seppure "narciso" come egli stesso si definisce, ignorando i comportamenti non solo leciti, ma moralmente e politicamente corretti, per un pubblico amministratore? Forse Emiliano "poteva non vedere" quello che gli avveniva intorno. Forse non ha voluto vedere ciò che lo circondava. Certo è che era suo preciso dovere tenere gli occhi ben aperti. Non era stata questa la premessa di quella "primavera" barese promessa e mai sbocciata? A dire il vero anche il governatore Nichi Vendola, e non è la prima volta, doveva tenere gli occhi aperti su ciò che facevano i suoi funzionari e il suo amico e alleato Emiliano. Del resto non era così difficile. Tutti sapevano dei rapporti di Emiliano con i Degennaro. Tanto è vero che il sindaco di Bari oggi si duole di non aver ascoltato chi tentava di metterlo in guardia: "Oggi - ha dichiarato - il loro appoggio con quella lista lo rifiuterei". Lacrime di coccodrillo. Lacrime di chi solo venti giorni fa, col vento in poppa, aveva fatto un asse con De Magistris per la costituzione di una lista "civica nazionale" e puntava diritto alla successione di Vendola a governatore della Puglia. E oggi si ritrova ad essere scaricato, più o meno delicatamente, da tutti, a cominciare dagli esponenti regionali del suo partito che già lavorano ad altre soluzioni. Forse, almeno da quanto emerso fin qui, Emiliano potrebbe non aver commesso reati, ma è evidente che ha tradito le promesse fatte e carpito la fiducia e le speranze di tanti elettori, specie di sinistra. Non ci sono giustificazioni sufficienti. Le dimissioni sono un suo preciso dovere. 21 marzo 2012 |