Enciclica "Caritas in Veritate", "La carità nella verità"
Ricetta riformistica del papa per addolcire il capitalismo
Ratzinger fa dipendere tutto da Dio, a cominciare dalla vita umana

L'ordinamento economico, politico e sociale vigente è in preda ad una crisi profonda. Questa circostanza spinge gli esponenti della classe dominante borghese a scindersi in due schiere, solo apparentemente contrapposte: i preoccupati e gli ottimisti.
Alla seconda categoria appartiene senza dubbio l'ottimista per eccellenza, il neoduce Berlusconi, che sta sfacciatamente approfittando della "imperdibile occasione della crisi" per vendere le sue "profittevoli soluzioni", come ad esempio cancellare i più elementari diritti dei lavoratori, cementificare l'Italia, fomentare il terrore, il razzismo e le guerre tra poveri, allo scopo di fascistizzare il Paese.
Alla prima categoria si è iscritto invece il Papa Ratzinger, meno convinto delle proprietà taumaturgiche del dio mercato di quanto lo sia l'alleato premier, e più "preoccupato" dell'urgenza di puntellare l'edificio pericolante della globalizzazione capitalista ed imperialista, di tappare le sue spaventose crepe, con una corposa iniezione di "cemento cattolico". Questo il senso dell'ultima sua fatica, l'Enciclica "Caritas in Veritate", "Carità nella verità": una analisi addomesticata delle cause dei mali del mondo da cui discende una piattaforma riformistica che ruota tutta intorno ai concetti interclassisti e familisti di "carità", "solidarietà", "fraternità", "cooperazione", del "fare l'elemosina ai poveri". Un "conservatorismo misericordioso", come lo definì il criminale di guerra Bush, che serve per scongiurare il divampare della lotta di classe nei paesi "a capitalismo avanzato", le lotte di liberazione nazionale dei popoli che languono sotto il giogo dell'imperialismo, nonché le lotte per l'uguaglianza e la democrazia sostanziale, per il socialismo e il comunismo, come quella intrapresa da 40 anni dal PMLI in Italia.
Non ci interessa dunque in questa sede analizzare le implicazioni teologiche tutte interne alla Chiesa cattolica che scaturiscono da questa enciclica, se non sottolineare la pressante preoccupazione di Ratzinger da un lato di preservare una visione monolitica dell'operato dei Pontificati: "Il legame tra la Populorum progressio e il Concilio Vaticano II - ci tiene a precisare - non rappresenta una cesura tra il Magistero sociale di Paolo VI e quello dei Pontefici suoi predecessori", dall'altro di riagganciarsi con particolare puntiglio alle encicliche post-concilio Vaticano II: "desidero ricordare qui l'importanza del Concilio Vaticano II per l'Enciclica di Paolo VI e per tutto il successivo Magistero sociale dei Sommi Pontefici".
Quel che più conta e che più appare evidente è che le gerarchie vaticane, mai come in questo momento, sono solleticate dal sogno di evangelizzare l'umanità e ricondurre il mondo intero sotto il loro dominio, proprio come nel Medioevo e proprio come allora facendo leva sullo smarrimento, la disperazione, la paura per la mancanza di certezze sul futuro, sentimenti che paralizzano milioni di esseri umani e li rendono potenzialmente dipendenti dall'oppio della religione.

Il profitto e la crisi economica
"La crisi - scrive Ratzinger - diventa occasione di discernimento e di nuova progettualità e in questa chiave, fiduciosa piuttosto che rassegnata, conviene affrontare le difficoltà del momento presente" nella consapevolezza dell'"urgenza delle riforme per far evolvere gli attuali processi economici e sociali verso esiti pienamente umani...".
Una analisi, come si diceva, alquanto diversa da quella degli ultraliberisti governanti nostrani, che discende da un punto di vista, da una concezione del mondo, quella del cattolicesimo, che di fronte al mostruoso e disumano sistema capitalistico vuole presentarsi ai popoli del mondo come la "Terza via", la "via cattolica per una globalizzazione dal volto umano", ma le cui ricette, alla prova dei fatti, si rivelano ampiamente funzionali alla eterna perpetuazione del sistema di sfruttamento dell'uomo sull'uomo. "Il profitto - scrive infatti il Papa in un passaggio che è tutto un programma - è utile se, in quanto mezzo, è orientato ad un fine che gli fornisca un senso tanto sul come produrlo quanto sul come utilizzarlo". Il sistema economico esistente, sembra voler tranquillizzare il Papa, non si tocca, come non si toccano le regole della domanda e dell'offerta. Per questo come un "pappagallo", egli rimastica, in una versione appena più addolcita, le note vergognose ricette di Berlusconi e Tremonti per affrontare la crisi economica: "È bene che le persone si rendano conto che acquistare è sempre un atto morale, oltre che economico. C'è dunque una precisa responsabilità sociale del consumatore... I consumatori vanno continuamente educati al ruolo che quotidianamente esercitano e che essi possono svolgere nel rispetto dei principi morali, senza sminuire la razionalità economica intrinseca all'atto dell'acquistare". Le cause della spaventosa recessione che ogni settimana getta nel mondo sul lastrico milioni di persone? Per il Papa è solo una questione di uomini, una questione morale: "Lo sviluppo è impossibile senza uomini retti, senza operatori economici e uomini politici che vivano fortemente nelle loro coscienze l'appello del bene comune".

Il "diritto-dovere" di ingerenza
La crisi economica e finanziaria del capitalismo, scrive Ratzinger, obbliga la Chiesa a tornare al centro della scena politica mondiale: "ammaestrata dal suo Signore, la Chiesa scruta i segni dei tempi e li interpreta ed offre al mondo ciò che possiede in proprio: una visione globale dell'uomo e dell'umanità". I popoli, gli Stati, i potenti del mondo, e persino le organizzazioni mondiali dell'imperialismo sono "invitati" a sottomettersi al suo "primato, non solo spirituale e morale" perché - sentenzia il Pontefice - "la carità nella verità, di cui Gesù Cristo s'è fatto testimone con la sua vita terrena e, soprattutto, con la sua morte e risurrezione, è la principale forza propulsiva per il vero sviluppo di ogni persona e dell'umanità intera". Perché ammonisce ancora "senza Dio l'uomo non sa dove andare e non riesce nemmeno a comprendere chi egli sia". Gli uomini per il Papa sono impotenti e devono riconoscere questa impotenza perché "la parola del Signore Gesù Cristo ci fa consapevoli che 'senza di me non potete far nulla... come ci ha insegnato Paolo VI l'uomo non è in grado di gestire da solo il proprio progresso e non può fondare da sé un vero umanesimo".
Il concetto è molto semplice: Ratzinger fa dipendere tutto da Dio e visto che Dio parla all'umanità per bocca della Chiesa e del Pontefice, per la proprietà transitiva, è del tutto naturale che "le istituzioni da sole non bastano", in quanto "lo sviluppo umano ha bisogno di Dio", ossia del Papa e della Chiesa. "Voi siete di Cristo e Cristo è di Dio" e "l'anelito del cristiano è che tutta la famiglia umana possa invocare Dio come 'Padre nostro'". Traduzione: l'intera umanità, ricchi e poveri, sfruttati e sfruttatori, governanti e governati, devono invocare il Papa come "la voce infallibile di Dio in terra" e sottomettersi alla Chiesa cattolica quale "padre severo e premuroso di tutto il genere umano". Essa, in quanto tale, ha il diritto-dovere non solo di scandire l'esistenza di ogni essere vivente "dal concepimento alla morte naturale", ma soprattutto di rivendicare un "ruolo pubblico che non si esaurisce nelle sue attività di assistenza o di educazione" ma comprende la piena libertà di ingerenza, a tutti i livelli, negli affari degli Stati: "Paolo VI, come già Leone XIII nella Rerum novarum, era consapevole di assolvere un dovere proprio del suo ufficio proiettando la luce del Vangelo sulle questioni sociali del suo tempo". "In non pochi casi - si lamenta il Pontefice orfano del Papa Re - tale libertà è impedita da divieti e da persecuzioni o è anche limitata quando la presenza pubblica della Chiesa viene ridotta unicamente alle sue attività caritative". E martella sul punto: "La religione cristiana e le altre religioni possono dare il loro apporto allo sviluppo solo se Dio trova un posto anche nella sfera pubblica, con specifico riferimento alle dimensioni culturale, sociale, economica e, in particolare, politica....la dottrina sociale della Chiesa è nata per rivendicare questo "statuto di cittadinanza" della religione cristiana" mentre "l'esclusione della religione dall'ambito pubblico... impediscono l'incontro tra le persone e la loro collaborazione per il progresso dell'umanità. La vita pubblica si impoverisce di motivazioni e la politica assume un volto opprimente e aggressivo". Che arroganza! Se solo si potesse chiedere un commento a queste parola alla povera Eluana Englaro!

L'ateismo
Per quanto riguarda "i maggiori ostacoli allo sviluppo dell'umanità" il Papa cita in primo luogo "la chiusura ideologica a Dio e l'ateismo dell'indifferenza, che dimenticano il Creatore e rischiano di dimenticare anche i valori umani" e passa alla scomunica: "l'umanesimo che esclude Dio è un umanesimo disumano". In secondo luogo "il pericolo costituito da visioni utopistiche e ideologiche che ne pregiudicavano la qualità etica e umana". In terzo luogo quelle "credenze religiose" che si oppongono all'"unica religione" veramente "universale", il cattolicesimo. "La libertà religiosa... non comporta che tutte le religioni siano uguali" - sentenzia senza timore di fomentare il razzismo religioso - "tutto l'uomo e tutti gli uomini' è criterio per valutare anche le culture e le religioni" e "il Cristianesimo, religione del 'Dio dal volto umano', porta in se stesso un simile criterio".
Per quanto riguarda la fame, la sete, la miseria, la disoccupazione, la devastazione dell'ambiente? "Le cause del sottosviluppo - afferma Ratzinger - non sono primariamente di ordine materiale... ma nella volontà prima di tutto... Le povertà spesso sono generate dal rifiuto dell'amore di Dio... anche le altre povertà, comprese quelle materiali, nascono dall'isolamento, dal non essere amati o dalla difficoltà di amare" perché "come Paolo VI notava il mondo soffre per mancanza di pensiero"(sic!).
Non una parola sugli "omicidi bianchi" sul lavoro prodotti dalla legge del massimo profitto capitalista, non un cenno di indignazione sul genocidio in atto a Gaza ed in Iraq da parte dell'imperialismo americano e di Israele , non una virgola ha strappato alla sua penna l'intensificarsi dell'aggressione imperialista dei paesi occidentali, Italia in testa, in Afghanistan!

La "sussidiaretà"
"I popoli della fame interpellano oggi in maniera drammatica i popoli dell'opulenza" avverte Ratzinger. Per "sfamare gli affamati" egli auspica una riforma del governo mondiale della globalizzazione. Lo fa prendendo in prestito l'enciclica "Quadragesimo anno", scritta nel 1931 da Pio XI, il papa del fascismo: "urge la presenza di una vera Autorità politica mondiale e l'istituzione di un grado superiore di ordinamento internazionale di tipo sussidiario per il governo della globalizzazione". Parafrasando Tremonti e Bassanini, senza dimenticare il Toni Negri dell'"Impero", prosegue "Il principio di sussidiarietà è un principio particolarmente adatto a governare la globalizzazione e a orientarla. Per non dar vita a un pericoloso potere universale di tipo monocratico, il governo della globalizzazione deve essere di tipo sussidiario, articolato su più livelli e su piani diversi, che collaborino reciprocamente. La globalizzazione ha certo bisogno di autorità, in quanto pone il problema di un bene comune globale da perseguire; tale autorità, però, dovrà essere organizzata in modo sussidiario e poliarchico... per risultare concretamente efficace".
Cosa significa concretamente? Significa che il Papa invita gli Stati a "rivedere le politiche di assistenza e di solidarietà sociale al loro interno, applicandovi il principio di sussidiarietà e creando sistemi di previdenza sociale maggiormente integrati, con la partecipazione attiva dei soggetti privati", significa che oltre alle privatizzazioni a tappeto ed allo smantellamento dello "Stato sociale" avalla anche la devoluzione e il federalismo fiscale con tutto ciò che ne consegue per le condizioni di vita e di lavoro delle masse popolari del Mezzogiorno e delle altre zone sottosviluppate d'Europa: "la sussidiarietà fiscale - scrive - permetterebbe ai cittadini di decidere sulla destinazione di quote delle loro imposte versate allo Stato" mentre "i flussi di denaro e la nascita in sede locale di esperienze imprenditoriali significative potrà combinarsi con quelli culturali, primo fra tutti l'aspetto educativo". Un discorso che gli permette di battere cassa per le scuole e l'associazionismo cattolico impegnato nella cosiddetta "cooperazione allo sviluppo": "La fede cristiana, che si incarna nelle culture trascendendole, può aiutarle a crescere nella convivialità e nella solidarietà universali a vantaggio dello sviluppo comunitario e planetario", sottolineando "L'aspetto missionario della dottrina sociale della Chiesa come elemento essenziale di evangelizzazione."
Persino su argomenti come il razzismo di Stato e di governo sui quali pure "Famiglia cristiana" e l'associazionismo cattolico hanno fatto sentire forte la propria indignazione, non è andato oltre una generica "stretta collaborazione tra i Paesi da cui partono i migranti e i Paesi in cui arrivano". Ben vengano dunque il reato di clandestinità, i Cpt lager e i campi di concentramento libici?
Che dire poi della dottrina Ratzinger in campo sindacale. Auspica il passaggio "dalla centralità del lavoratore alla centralità del consumatore... un terreno per innovative esperienze sindacali", rilancia "l'esperienza della micro finanza cattolica" citando "i Monti di Pietà" e le "Cooperative di consumo nate nell'800" fino ad affermare che: "la mobilità lavorativa, associata alla deregolamentazione generalizzata, è stata un fenomeno importante, non privo di aspetti positivi perché capace di stimolare la produzione di nuova ricchezza e lo scambio tra culture diverse".

I "temi etici"
Ma è sui cosiddetti "temi etici" che il Papa mostra tutto il suo incancrenito oscurantismo e clerico-fascismo. "Si tratta di un ambito delicatissimo e decisivo, in cui emerge con drammatica forza la questione fondamentale: se l'uomo si sia prodotto da se stesso o se egli dipenda da Dio" - introduce l'argomento Ratzinger : "Si è di fronte a un aut aut decisivo". E via con una lunga serie di diktat: 1) abolire il diritto all'interruzione di gravidanza: "Nei Paesi economicamente più sviluppati, le legislazioni contrarie alla vita sono molto diffuse e hanno ormai condizionato il costume e la prassi, contribuendo a diffondere una mentalità antinatalista che spesso si cerca di trasmettere anche ad altri Stati come se fosse un progresso culturale. Alcune Organizzazioni non governative, poi, operano attivamente per la diffusione dell'aborto. 2) No al controllo delle nascite (anche nei paesi del Terzo Mondo dove ogni giorno si consuma un'ecatombe per malnutrizione, sete e malattie): "Vi è inoltre il fondato sospetto che a volte gli stessi aiuti allo sviluppo vengano collegati a determinate politiche sanitarie implicanti di fatto l'imposizione di un forte controllo delle nascite". E già, più poveri ci sono da sfamare più sono le ginocchia piegate e le mani protese nel gesto di baciare l'anello.
3) No al testamento biologico ed eutanasia: "Preoccupanti sono altresì tanto le legislazioni che prevedono l'eutanasia quanto le pressioni di gruppi nazionali e internazionali che ne rivendicano il riconoscimento giuridico". Li definisce "strumenti di morte di una mens eutanasica, manifestazione non meno abusiva di dominio sulla vita, che in certe condizioni viene considerata non più degna di essere vissuta".
"Dietro questi scenari" -
compresa naturalmente "la fecondazione in vitro, la ricerca sugli embrioni, la possibilità della clonazione" - conclude l'enciclica - "stanno posizioni culturali negatrici della dignità umana e pratiche destinate ad alimentare una concezione materiale e meccanicistica della vita umana".
4) No alla sessualità fuori dal matrimonio e fuori dalla procreazione (che significa ostracismo nei confronti delle convivenze, delle unioni tra gay, lesbiche, bisessuali e transessuali, boicottaggio criminale dell'uso del profilattico, ecc.) in quanto la Chiesa ribadisce "il significato insieme unitivo e procreativo della sessualità, ponendo così a fondamento della società la coppia degli sposi, uomo e donna, che si accolgono reciprocamente nella distinzione e nella complementarità, una coppia, dunque, aperta alla vita".
Non deve stupire allora se il presidente del Senato, Renato Schifani del Pdl, nell'introdurre la lezione parlamentare del cardinale Bertone, ha definito l'enciclica un magistrale testo per "comporre i conflitti e stringere alleanze lungimiranti". Il governo è riconoscente a Ratzinger in quanto sa bene che la sudditanza delle masse al Papa ed alla Chiesa, al familismo, all'interclassismo, all'oscurantismo medioevale, così come il sistema di stampo mafioso dell'elemosina e della confessione, oggi come ieri, servono per governare, controllare la società, mantenere la pace sociale e lo status quo, quello status quo che oggi ha un nome ed un cognome ben preciso e si chiama: regime neofascista!

29 luglio 2009